XXVII

1.1K 92 29
                                    

Chino sulla vecchia scrivania di legno, Jimin sfogliava distrattamente le pagine polverose del grande tomo rilegato in pelle. Il silenzio impregnava gli antichi scaffali della libreria mentre i raggi solari si facevano faticosamente strada attraverso le spesse tende. L'odore agrodolce delle pagine ingiallite dal tempo fluttuava nella grande stanza.

"Dio santo, perché non riesco a concentrarmi?" mormorò il rosato massaggiandosi le tempie con due dita.
Il suo sguardo si soffermò sull'ombra allungata di sé stesso, il nero in netto contrasto con i riflessi aranciati del tramonto. I suoi occhi rotolarono sul libro posto minacciosamente davanti a sé, e si riempirono di riluttanza nell'osservare quelle strette lettere d'inchiostro, poste così vicine fra loro da formare quasi un'enorme chiazza nera.

I suoi pensieri correvano ovunque sorvolando a pari passo la materia di cui il libro davanti a sé portava il nome. I fili intricati nella sua testa si attorcigliavano attorno alla figura slanciata di un ragazzo dalla pelle ambrata che, come colla, non decideva a staccarsi dalle pareti della sua mente, invadendola e costruendo una fitta rete di desideri.

Un sospiro secco scivolò dalle sue labbra di petali e abbandonò la testa sulla dura copertina del grande tomo di biologia.
Gli esami erano fra una settimana e a lui mancava ancora da recuperare buona parte del programma.
E la sua buona volontà continuava ad annegare fra le onde imperverse dei suoi pensieri.

Sono fottuto.

"Ehi, tutto bene?"
Una voce graffiante risuonò nelle sue orecchie, scavalcando il mormorio attutito dei pochi studenti ancora presenti in biblioteca.

Jimin alzò gli occhi posandoli su un volto dai tratti dolci, ma fermi e mascolini allo stesso tempo. La pelle ambrata sembrava brillare sotto il tocco degli sfioriti raggi d'arancio.

Il rosato si tirò dritto mentre un familiare calore bruciava all'altezza delle guance.

"Sì" il tono uscì spezzato, la gola secca per via del lungo periodo di tempo speso in silenzio.
Si schiarì la voce "Sì, tutto bene".
Il ragazzo di fronte a sé sorrise amabilmente, piegando quelle piene labbra in una perfetta linea curva.

"Ti ho visto così frustrato che mi è venuto spontaneo chiedertelo" spiegò, il sorriso che non abbandonava il suo volto.

"No, è solo che il mio rapporto con la biologia non è dei migliori proprio quando fra un po' ci sono gli esami"

Il ragazzo dalla pelle ambrata annuì sovrappensiero prima che i tratti del viso si dispiegassero in un'espressione di sorpresa mista a schivo imbarazzo.

"Ah scusa, non ci siamo presentati" allungò un braccio, lasciando la mano sospesa a mezz'aria.

"Io sono Jongin, o puoi chiamarmi Kai"

Jimin ricambiò la stretta lasciando che un timido sorriso sfiorasse le sue labbra rosee.

"Io sono Jimin"

"Jimin, per quanto quello che hai detto prima" inziò Jongin, soppesando attentamente ogni sillaba "sono abbastanza bravo in biologia, quindi se vuoi posso darti una mano"

Un ennesimo sorriso, questa volta pieno di riconoscenza, piegò le labbra di Jimin.

"Mi faresti un grandissimo favore"

Kai gli sorrise e, facendo il giro della grande scrivania, si accomodò sulla sedia affianco a quella del rosato.
Iniziò a parlare, spiegando con cura ogni argomento di quella complessa materia, districandosi abilmente fra le diverse tematiche e caratteristiche.

E Jimin lo ascoltava lasciandosi cullare da quella voce calda e malleabile. Fuori il frinire dei grilli tipici dei giorni al confine fra primavera ed estate, i giochi di luce fra cielo e sole, e la testa di Jimin libera, dimentica di ogni pensiero.

°°°

Yoongi sedeva su una panchina calciando di tanto in tanto qualche sassolino incastratosi fra le sue scarpe. I palmi erano poggiati sul ferro freddo verniciato di verde, gli occhi fissi sulla via incorniciata da piccole pietre grigie.
I muscoli delle braccia e delle gambe erano ormai intorpiditi a causa del lungo lasso di tempo che aveva speso immobile, quasi fosse un idolo di pietra, in quella posizione.

Il cielo era ormai quasi completamente colorato di un vivido blu notte.
Appena visibili all'orizzonte gli ultimi morenti raggi di sole che, disperatamente, cercavano di aggrapparsi al suolo.

E di Jimin ancora nessuna traccia.

Aveva provato a chiamarlo o a mandargli dei messaggi, ma di quei graziosi fili rosati, ammucchiati sempre in una massa disordinata, nessuna traccia.

Il loro appuntamento era saltato.

Abbandonò la testa contro lo schienale della panchina sentendo tutti i muscoli piegarsi e scricchiolare come legno secco e antico.
I suoi occhi d'inchiostro affondarono nel cielo limpido riempendosi di quel blu solitario ricamato di flebili bagliori artificiali.

Forse era ora di tornare a casa.

Fece per alzarsi, ma dei passi lo bloccarono fermo in quella posizione di stallo. Non aveva bisogno di alzare lo sguardo per capire chi fosse.

"A mezze maniche con questo freddo, Yoongi? Anche se manca poco all'estate le temperature non sono ancora salite così tanto" parlò Hoseok.
Il suo tono era incerto, fragile, pronto a spezzarsi sotto al rimorso che coloriva la sua voce.

Yoongi lo ignorò.
Poteva ancora avvertire sulla lingua le parole che aveva sputato con rabbia in quel bagno, l'espressione sofferente di Hoseok incastonata nella sua mente. 
Si pentiva di avergli detto quelle cose, i sensi di colpa bruciavano sulla sua pelle pallida. Ma ancora non riusciva a non avvertire quel fastidioso formicolio alle mani qualvolta lo guardasse. L'idea che quel corpo si fosse unito a quello del suo Jimin gli mandava i brividi giù per la spina dorsale.

"La prossima volta portati una giacca" gli consigliò Hoseok. Rimase fermo ad osservare il corvino, aspettandosi un non so che di risposta. Gli andavano bene anche degli insulti o delle minacce velenose. Rivoleva il suo amico indietro, nonostante sapesse degli errori che inconsapevolmente aveva commesso.  Ridere fino alle lacrime, prendersi in giro era qualcosa che riusciva a fare solo con Yoongi, l'unico spiraglio di luce che riusciva a rendere quel buio dove barcollava da tempo più sopportabile.

Ma arrivò nulla se non il silenzio.

Strinse le labbra in una linea sottile e riprese a camminare senza voltarsi indietro.

Passarono minuti o forse ore prima che Yoongi decidesse ad alzarsi da quella panchina. Le ossa schioccarono rumorosamente nella sottile aria notturna.
Era ormai sera inoltrata e Jimin non si era presentato.

Prese a camminare a passi lenti e stanchi, abbandonandosi alle spalle le luci gialle dei lampioni e il cielo, ora dipinto di nero.








Sono risorta (dopo più di un mese) :D
Oltre ad aver avuto la febbre subito dopo essere tornata da un viaggio, ho anche avuto dei problemi con il mio modo di scrivere.
Quindi sì, scusate per la lunga attesa :/

ꜱᴇᴅᴜᴄᴛɪᴏɴ  ‹ yoonmin › [SOSPESA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora