CAPITOLO 41

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Quel giorno,...

"Ricordo Adam, ricordo" le parole mi escono delicate mentre i miei occhi si fanno cristallini, lucidi come la brina che inizia a ricoprire gli strati d'erba piegati ai nostri piedi.

Alzo la testa verso l'alto, con il cielo tinto di nero di compagnia al mio umore, ed espiro cercando di liberare il mio corpo da questo velo di malinconia che vesto tra le pieghe del mio cuore.

Apro gli occhi, tentando di reprimere le lacrime con tutta me stessa, ed ingoiando il tutto in un boccone dal sapore di ferro.

Solo adesso mi rendo conto che il mio labbro sta sanguinando dalla troppa pressione applicata per reprimere le lacrime.

"Ricordo di aver visto i tuoi occhi guardarmi con tanta paura, prima di non rivederti mai più" rilascia a fatica.

"Sarei rimasta lì Adam, ma.."

"Sei stata strattonata via con la forza, sì ricordo Asiya. Ed è stato meglio così, avevi già visto abbastanza, quel giorno"

"Nulla che tu non avessi visto" sussurro alzando gli occhi su di lui, lui che però continua a tenere gli occhi bassi sulle sue mani, rifuggendo alla vita, tra sospiri repressi a fatica e ricordi pulsanti, talmente vividi da sconvolgere.

"I-io, è diverso" prova a spiegarsi; esce una smorfia di dolore dai suoi tratti, quando si gira a guardarmi.

Poi mi scivola di dosso il suo sguardo quando lo riabbassa, farneticando a labbra schiuse.

"Non lo è Adam, so che lei ti tocca di più ma noi eravamo come una famiglia e lei era come una seconda madre per me. Mi ha fatto male anche a me. Io ero rimasta bloccata a quel giorno, prova ad immaginare come mi sono sentita" dico mettendomi poi nella stessa posizione in cui prima era fermo lui; i gomiti poggiati sulle gambe e le mani passate convulsamente tra i capelli.

La bandana che ho tra i capelli cade dietro di me ma non ho neanche le forze per voltarmi a prenderla.

"Vederla oggi in ospedale mi ha completamente scombussolata. Ero rimasta ferma a lei ferita ma non avendo più avuto notizie vostre avevo pensato che si fosse ripresa, che foste andati avanti. Magari in un'altro posto, lontano da quel quartiere dove avevate vissuto solo dolore.
Non capisco Adam" dico scuotendo la testa, torturando il mio labbro in morsi di trattenimento.

"Dopo quel giorno lei non si è ripresa, non subito almeno" parla e io sgrano gli occhi.

"Cosa?"

"Lui è entrato in prigione, non ti sei mai chiesta il perché?" Mi chiede, ed è solo il suono della sua voce che graffia di rabbia.

"Aveva....- cerco le parole riluttante-.. spinto Maria contro quel tavolo e le aveva fatto del male, è per quello che l'hanno preso" balbetto, incapace di trarre altre conclusioni.

Ma l'espressione che gli intaglia il volto mi fa sussultare, perché continua a scuotere la testa impercettibilmente e i suoi occhi non mi arrivano, oh non lo fanno.

"Oddio, c'è dell'altro.." appuro mentre lui annuisce e si gira a guardarmi, ed è talmente tanto sconcertante il suo sguardo su di me che quasi sento il cielo alle mie spalle spezzarsi, dinanzi alla forza che rilascia.

"È stato arrestato perché la botta che ha subito mia madre è stata così forte da provocarle un'anemia- la sua voce trema- dopo che te ne andasti perse così tanto sangue che pensai di vederla spegnersi tra le mie mani"

Ricordo di aver sentito le sue urla anche dopo che ero stata strattonata da quel posto, mentre le persone del vicinato uscivano dalle loro case e iniziavano ad avvicinarsi spaventate.

Il mio desiderio alla fontana di TreviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora