CAPITOLO 44

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"Sei sicura di voler andare a lavoro?"mi chiede Sara dalla soglia della mia camera.

"Sì Sara, è da tre giorni che sono chiusa a casa, mi sento meglio" le dico infilandomi le converse.

In realtà non mi sento al massimo delle mie forze ma sto sicuramente meglio rispetto agli altri giorni, dove ero decisamente in uno stato pietoso.

"Ma è venerdì e domani non lavori, non fai prima a rimanere a casa e tornare direttamente lunedì?" Mi chiede con un tono quasi di supplizio.

So che vorrebbe che stia a casa per riposare di più però io preferisco andare a lavoro.
Magari hanno bisogno di me lì, magari cambiare aria mi farà stare meglio.

So che è troppo avventato da dire ma forse, forse rivederlo mi farà stare..

Non so come, non ne ho idea ma so solo che voglio vederlo.
Perché è da quando sono qui che mi sento così confusa, troppo.

Perché nonostante le tante risposte che mi ha dato al fiume so che in testa ne ho altre mille.

Perché non ho passato un minuto in questi giorni in cui non ho pensato al tutto.

So solo che devo rivederlo perché è da quando ci siamo parlati al fiume che dentro di me qualcosa martella e..e non riesco a fermarla.

Forse, forse sono i sensi di colpa.
Anzi, ne sono sicura perché mi sento divorare dentro.

"Asiya? Sto parlando con te" dice Sara e io mi scuoto dai miei pensieri e mi alzo sistemando il vestito che svolazza sopra le calze.

"Sì ti ho sentita però davvero, voglio andare a lavoro- dico avvicinandomi a lei e mettendole le mani sulle spalle per rassicurarla- davvero"

"Okay okay, va bene" dice arrendendosi.

Mi sposto poi verso l'ingresso, dove mi infilo il cappotto, mi metto attorno al collo una sciarpa e mi giro per salutare Sara che però non trovo.

"Sara, io vado" urlo per farmi sentire, intanto che apro la porta e la tengo aperta per metà.

"No, no aspetta- dice sbucando dal salotto per poi affrettarsi verso di me- tieni, non stai ancora bene, non prendere il pullman" dice sventolando davanti alla mia faccia le chiavi della sua macchina.

"Sara potrebbero servire a te, hai tolto il gesso e ti stai rimettendo, ti potrebbero servire" scuoto la testa con disappunto; metto poi le mie mani dentro il cappotto per evitare di prendere le chiavi.

"Lo sai che non c'entra il gesso o meno, la macchina l'avevo usata anche quando c'è l'avevo su.
Poi per ora preferisco lavorare da casa finché non mi riprendo al cento per cento, inoltre non andrò da nessuna parte quindi prendi le chiavi e smettila di parlare" ridacchia infilando le chiavi nella tasca del mio cappotto.

"Sei incorreggibile" ridacchio anche io mentre tacitamente acconsento.

"Esatto" ride, per poi mandarmi un bacio volante; gli e lo ricambio ed esco chiudendomi alle spalle la porta.

Durante il viaggio in macchina non faccio altro che pensare e pensare.
Ho un'ansia assurda a vederlo, dopo quello che è successo poi.

Guido al minimo di velocità per avere il tempo di mettere ordine in testa ma in macchina si arriva subito e quando un paio di minuti più tardi parcheggio, scendo dalla macchina e sbuffo buttando la borsa sulla spalla.

Cammino verso l'ingresso con una strana sensazione addosso ed i miei occhi intercettano la macchina di Adam parcheggiata, quando attraverso il parcheggio di fretta.

Il mio desiderio alla fontana di TreviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora