CAPITOLO 29

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POV ADAM

La porta si chiude alla mie spalle quando esco dalla casa di Asiya e mi avvicino alla mia macchina parcheggiata li vicino.

Quando mi sono alzato da quel divano per andarmene, in realtà non avevo l'intenzione di andare a casa ad allenarmi.

Volevo solo alzarmi ed uscire di lì.

Iniziava realmente a pesarmi stare lì seduto e vederla ridere in quel modo così spensierato.

Pensavo già di alzarmi ed uscire da quella casa quando sono uscito dalla cucina, poco dopo il discorso avuto con Asiya.

Ovviamente mi aveva aiutato e se ne era pentita.
Anche io me ne sarei pentito se fossi stato al suo posto.

Giusto così, no?

Neanche l'avevo ringraziata per avermi medicato, quel giorno.

Non che non ci avessi pensato a farlo, non che avessi voluto non farlo.

Semplicemente non potevo, e non posso.

Prima si parte da un ciao poi diventa un come stai poi un grazie.

Una cosa tira l'altra e alla fine finirebbe solo per creare troppo casino.

Troppa confidenza che io le ho negato fin dall'inizio ordinandole professionalità; chiedendole professionalità per un motivo.

Le ho chiesto professionalità si, ma prima sono stato io a seguirla in cucina.

L'ho fatto di mia spontanea volontà, dimenticandomi per un solo attimo di tutti i pesi alle mie spalle, di tutti questi anni.

Apro la macchina a distanza e quando la affianco apro la portiera e ci salgo.

Pochi minuti dopo sto sfrecciando sulla strada a tutta velocità e ci metto davvero poco ad arrivare a casa mia.

Quando i sassolini scricchiolano sotto la macchina entro sul vialetto davanti a casa mia e dopo aver schiacciato un piccolo telecomando attaccato al mio portachiavi la porta del garage si alza in automatico ed io entro dentro.

Scendo dalla macchina ed esco dal garage andando verso casa mia.
Infilo le chiavi e dopo averle girate un paio di volte la porta si apre.

Appendo la mia giacca e mi tolgo le scarpe mettendo le ciabatte.

Vado verso la cucina dove prendo un bicchiere e lo riempio d'acqua; lo porto alle labbra e bevo tutto d'un sorso.

Mi sento particolarmente frustrato e ho bisogno di fare qualcosa per stemperare la mia rabbia.

È mezzanotte e mezza e io non ho affatto sonno.

Anzi, se dovessi andare a letto adesso finirei per non chiudere occhio.

Decido alla fine di andare al piano di sopra, cambiarmi ed allenarmi un po'.

Non ho voglia di uscire a correre fuori a quest'ora quindi quando esco dalla mia stanza entro in quella accanto e mi fermo a guardarmi intorno.

Si tratta di una specie di stanza dello spot, personalizzata.
Ci sono dentro un paio di macchinari e aggeggi vari.

Prendo dei guantoni, li lego bene attorno alle mani e mi avvicino al sacco da boxe appeso, che scende dal muro di tutto peso.

Inizio ad assestare leggeri colpi solo per riscaldarmi.

Un paio di minuti dopo i miei colpi sono cambiati e adesso sono molto più veloci, secchi.

Il mio corpo è completamente sudato e la mia mente sta vagando altrove.

Troppe immagini attraversano la mia mente e io stento a controllarmi.

Il mio desiderio alla fontana di TreviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora