Ti prego

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Dopo due settimane da quella "questione" non sono più andata ai box. Maurizio è venuto a trovarmi molte volte e anche Mattia. È venuto persino Räikkönen. Hanno cercato di convincermi a tornare, ma dopo quello che è successo con Sebastian non ho più voglia di vederlo. Non ho più voglia di vedere nessuno. Ho chiamato mio padre, gli ho spiegato la situazione. Gli ho parlato di Seb e lui, come sempre, mi ha ascoltata in silenzio. Ho sempre detto tutto ai miei genitori, specialmente a mio padre. Non mi ha giudicata, né criticata. Mi ha consigliato, imposto più che altro, di andare di nuovo dai ragazzi, a testa alta, e ignorare il biondo. Ho annuito ma... non posso farcela. Lui è diventato la mia calamita. Non posso fare a meno di guardarlo.
Quando si passa una mano tra i capelli.
Quando si morde il labbro, perso nei suoi pensieri.
Quando stringe i pugni, mostrando le vene sulle braccia.
Quando sorride ai tifosi della Ferrari.
È un perfetto bastardo.
Sospiro e mi butto a peso morto sul letto, fissando il tetto. Lui è... Sebastian Vettel. Non può accontentarsi di una meccanica come me. Lui punta più in alto. Alle modelle. Alle grandi fighe dal seno e culo rifatto. Alle Kim Kardashian.
Mi passo le mani sul viso.
Lui non vuole una donna piena di smagliature. Piena di segni e imperfezioni. Chi vorrebbe una donna così?
Nessuno.

Un forte suono mi sveglia dal mio riposo pomeridiano. Sbatto più volte le palpebre mentre mi stiracchio e sbadiglio, togliendomi i capelli dalla bocca. Mi alzo e, con tutta calma, vado alla porta.

《Chi è?》 Sbadiglio di nuovo.
《Alexandra...》
《...》

Trattengo il fiato sentendo la voce di Sebastian. Perdo un battito non appena fa il mio nome. Che fa qui? Cosa vuole?

《Alexandra, ti prego, apri.》
《Vattene via, Vettel.》
《Non me ne vado finché tu non aprirai questa dannata porta!》 Batte un pugno contro la porta di legno massiccio.
《Vattene!》 Urlo.
《Apri questa cazzo di porta o giuro che la butto giù!》

Mi allontano e stringo i pugni, cercando di trattenere le lacrime.

《Cosa vuoi?》
《Voglio parlare.》
《Sebastian, devi andartene. Non voglio né vederti né tanto meno sentire cosa hai da dire.》
《Alexandra sto per sfondare la porta.》
《Vettel, chiamo la polizia!》

Non sento più nulla. Forse è andato via. Caccio via le lacrime e mi avvicino di nuovo. Sento un sospiro... poi dei passi. È andato via. Poggio la schiena contro la porta e mi lascio scivolare fino al pavimento. Stringo le gambe al petto e inizia un pianto isterico.

《Alex...》
...
《... ti prego, apri.》
...
《Giuro che non ti faccio niente.》

Uno scatto di rabbia mi spinge ad aprire quella cazzo di porta, mettermi di fronte a lui e tirargli uno schiaffo sulla guancia, tanto forte da fargli girare il viso. Serra la mascella e stringe i pugni, mentre io ansimo dalla rabbia. Nessuno dei due parla. Lui ha ancora la testa girata di lato ed io ancora le lacrime agli occhi. Si gira piano verso di me e una serie di brividi mi attraversa la schiena, facendomi venire la pelle d'oca.

《Me lo sono meritato.》
《Oh sì che te lo sei meritato. Adesso vattene.》
《No. Adesso tu mi ascolti.》
《Io non ascolto proprio nessuno. Anzi, sai cosa faccio? Mi licenzio.》
《Non dire stupidaggini.》
《Tieni questo stupido cappello. Questa stupida divisa. E queste stupide medaglie.》

Ad uno ad uno gli tiro le cose che ho detto per poi sbattergli la porta in faccia.

《Alexandra, pensaci, cazzo. Non puoi licenziarti!》
《L'ho appena fatto.》
《Alex...》
《Vettel, vattene! Sto chiamando la polizia!》
《E cosa gli dirai?》
《Disturbo della quiete pubblica e violazione della privacy.》
《No! A tuo padre. A Maurizio. Cosa dirai?》

Prendo un bel respiro e mi blocco.

《Che ho fallito. Come meccanica. Come donna... e come amica.

Quel Tedesco Bastardo 《VETTEL》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora