Japan

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La mattina dopo un forte mal di testa mi costringe ad alzarmi. Tengo la mia testa tra le mani, sibilando. Il ricordo di ieri alimenta il mio dolore alla testa. Le parole dette da Sebastian e... poi Lewis. No, aspe, prima Lewis con Sebastian in corridoio e poi Sebastian con le sue parole. Che poi, alla fine di tutto quel discorso erano pure belle parole. Decido di alzarmi e vestirmi per poi uscire da quella stanza. Sistemo il berretto della mia scuderia e, mentre lo faccio, sbatto contro qualcuno. Alzo la testa, tenendo le mani sulla visiera del berretto, guardando chi è stata la povera vittima finita sopra di me.

《Toto...》 Lo guardo, sorpresa di vederlo.
《Alexandra. Ti stavo cercando.》 Dice, con il suo solito tono.
《Devo preoccuparmi?》 Ridacchio.
《Dipende.》 Con due dita mi abbassa la visiera del cappello, ghignando.

Lo seguo fino al Paddok della Mercedes. È vuoto. Non ho mai avuto un vero e proprio dialogo con Toto. La prima volta che ho parlato con lui è stato quando sono diventata una meccanica e lui era tipo:"Excuse me, wtf?". Da lì ho capito che non sarebbe stato un personaggio facile da farsi amico. Con il tempo, però, si è mostrato più simpatico di quanto mi aspettavo. Forse, ai tempi, era proprio il suo aspetto duro che freddo che mi attirava. 

《Ehi, vecchio lupo, cosa ci facciamo qui?》 Lo prendo in giro
《Volevo parlarti di una cosa. Niente di grave, una piccola proposta.》
《Dillo che vuoi sposarmi.》 Ghigno.
《Ti piacerebbe.》 Ghigna a sua volta, incrociando le braccia al petto.
《Piacerebbe a te. Lasciamo stare. Evidentemente non vuoi sposarmi. Allora cosa c'è, Toto?》
《Andrò dritto al sodo. La Mercedes ti vuole come meccanica nei suoi box.》
《Mi stai prendendo in giro?》
《No. Oltre alla Mercedes, anche io vorrei vederti nei box.》
《Non puoi chiedermi una cosa del genere, Toto.》
《Perché no?》
《Sai bene che il mio nome appartiene alla Ferrari. Non farmi venire dubbi esistenziali, Toto.》
《Non vuol dire nulla, Alexandra. Tu sei libera di fare quello che vuoi, non devi per forza seguire le impronte dei tuoi parenti. Se vuoi entrate a far parte della scuderia Mercedes, fallo. Puoi andare ovunque.》
《Ho deciso io di andare alla Ferrari e rimanere con loro.》
《Ok, quindi non vuoi venire?》
《No.》 Dico sicura.
《Ne sei sicura? Non verrò, di nuovo, domani.》
《...》
《Facciamo che ci pensi su per un po'. Vedrò cosa dirò agli altri.》
《Ok.》
《Ci vediamo presto, Ferrarista.》 Mi prende in giro e mi lascia da sola, al Paddok della Mercedes.

Scuoto la testa e, per un attimo tolgo il berretto della Ferrari. Lo guardo attentamente, fissando il logo del Cavallino al centro del cappello. Posso fare quello che voglio. Voglio rimanere alla Ferrari. Ma sono davvero sicura di questa cosa? La Mercedes mi ha sempre attirato più della Ferrari, ma la Rossa è sempre stata la mia famiglia. È questione di principio se non vado via. Non posso voltare le spalle alle persone che hanno avuto fiducia in me e che hanno sempre occupato uno spazio nel mio cuore. Non è una questione di soldi o di... essere apprezzati. Alla fine sono due scuderie fantastiche. Stringo la visiera del cappello e lo tengo in mano, passandomi la mano libera tra i capelli. Continuo a mordermi il labbro, per il nervoso, e a scuotere la testa. Quando arrivo al Paddok Ferrari, alzo lo sguardo, vedendo Mattia parlare con Toto. Mi avvicino, ma loro se ne accorgono e si zittiscono improvvisamente. Guardo Toto, che ha stampato in viso quell'espressione da:"Dai che sta cedendo". Scuoto la testa e rimetto, con rabbia, il berretto sulla testa, guardandolo male. Entro nei box, fermandomi a guardare la mia bellissimo SF90. Potrà avere tutti i problemi del mondo-... invece la Mercedes sembra non averne mai di problemi. È tutta fortuna. Lo so che è così. Non potrà andare sempre bene alla Mercedes! Torno fuori dai box, a passi pesanti, arrabbiata con me stessa per tutti i dubbi che mi sto facendo.

《Alex, vieni un attimo qui.》 Mi richiama Mattia.
《Dimmi.》 Mi avvicino, c'è ancora Toto.
《Io e Toto abbiamo parlato di te.》
《Nemmeno a te piace girare su un argomento.》 Gli fa notare Toto, a Mattia.
《Già. Alex, sai bene che sei libera di fare quello che vuoi.》
《Lo so. Io sono sempre stata libera di andarmene o rimanere. E, adesso che me lo chiede un pezzo grosso della Mercedes, non me ne andrò.》Dico, con tono fermo.
《Eppure prima non eri così sicura.》 Ghigna Toto.
《Giuro che ti sta arrivando un destro da parte della sottoscritta.》 Lo fulmino.
《Alex, calmati. Non stai parlando con tuo fratello.》
《Ma magari mio fratello avesse le palle, come lui.》 Detto questo, me ne vado.

Mattia continua a chiamare il mio nome, man mano mi allontano sempre di più. Stringo i pugni e accelero il passo, andando verso l'hotel. Non appena entro il camera mia, lancio con forza il berretto sul pavimento, togliendomi le scarpe e l'uniforme con foga e lasciandola accanto al berretto, sul pavimento. Mi lego i capelli, rimanendo il canottiera e intimo, andando verso il bagno. Mi guardo allo specchio, facendo leva sui bordi del lavandino. Ho il labbro spaccato, il sangue sembra essersi seccato da poco. Ho le occhiaie e intravedo qualche ruga sotto il trucco leggero. Mi metto dritta con la schiena, guardando, di nuovo, il mio viso. Trentanni e non sentirli, dicevano. Una leggera folata di vento penetra dalla finestra del bagno, poco aperta, facendomi venire i brividi. Mi siedo sulla tazza del wc, tenendomi la testa tra le mani.
Non è così difficile da scegliere. Cosa dice sempre papà?
"Segui il tuo volere."
Ma non so cosa voglio. Voglio avere successo o voglio essere ricordata per il mio nome in Ferrari? Sento il mio telefono squillare. Lo cerco per un po', per poi trovarlo dentro la giacca dell'uniforme, a terra. Prima di rispondere, controllo se ha riportato qualche graffio o altro.

《Kilton.》 Mi siedo sul letto.
《Quindi vai via?》 È Charles.
Chalres... no. Non vado via. Chi ti ha detto queste buffonate? 》
《Lewis...》 Ha un tono di voce basso.
《Digli che appena lo vedo gli tiro un pugno, così impara a non dire stronzate.》
《Quindi rimani con noi, vero?》
《Certo che rimango con voi.》 Sospiro.
《Anche se-》
《Charles, non me ne vado. Per nessuna ragione al mondo.》
《Allora che ne dici di uscire dalla tua stanza e di venire ai box?》
《Solo perché sei la mia giovane matricola.》 Lo prendo in giro.

Ridacchia e poi chiude la chiamata. Guardo il pavimento, dove ci sono tutte le mie cose a terra. Le prendo, mettendole sul letto, sistemate. No... non posso andare alla Mercedes. Porto troppi ricordi con addosso questa uniforme. Maurizio, il mio primo lavoro, il mio cambiamento, le mie macchine, il mio sacrificio... Sebastian. Non posso andare alla Mercedes. Non voglio.

Quel Tedesco Bastardo 《VETTEL》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora