Tempo al tempo

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Passano i giorni e Sebastian sta facendo i salti mortali per avvicinarsi di nuovo a me. Non so come prenderla. Ce la sta mettendo tutta. Però mi ha "ricattata" in un certo senso. Se sta prendendo tutto alla leggera giuro che lo faccio fuori. Come sempre, dopo la gara c'è l'intervista. In primis fanno domande ai piloti poi, sorpresa sorpresona, invitano me e Sebastian a rispondere alle domande dei giornalisti. Mi chiedo perché io? Cioè... dovrebbe esserci Mattia qui, non io. Mi passo più volte le mani tra i capelli per poi indossare il berretto della mia scuderia. Seb è già lì che mi aspetta, seduto, impaziente, con le mani in mano a guardare i giornalisti. Non appena arrivo in sala, mi guarda.

《Salve.》 Saluto tutti per poi andarmi a sedere accanto a Sebastian.
《Signorina Kilton.》 Alza la mano il primo.
《Prego.》 Gli do il consenso per iniziare a parlare.
《Come valuta, da uno a dieci la gara di oggi?》
《Non si valuta una gara. Come va, va. Certo, potevamo fare di più ma... siamo arrivati sul podio, per adesso mi basta.》
《Signorina.》 Un altro.
《Mi dica.》
《Stando secondo i dialoghi via radio tra lei e Vettel, in questa gara, Vettel, rischiava la vita. Perché ha deciso di far sentire a tutti il suo discorso?》
《Dividerò in due parti la tua domanda. Parte prima: sì. Vettel stava rischiando la vita perché è stupido.》 Guardo male Seb. 《Non capiva la gravità della situazione e ha voluto continuare nonostante la condizione della macchina. Parte seconda: perché, mi chiedi? Perché così facendo, tutti coloro che stavano seguendo la gara, quest'oggi, avrebbero capito che i piloti della Ferrari non sono solo "cosi" che corrono su una macchina. I piloti della Ferrari sono persone care a tutti noi, staff di questa scuderia. Immaginate di perdere una persona a voi cara. Come vi sentireste?》 Finisco la mia risposta così.
《Quindi, pur sapendo le voci che girano su di lei, continua a dire che i piloti sono persone a lei care.》 Si alza in piedi un altro.
《Ha mai perso un fratello?》 Alzo un sopracciglio.
《N-no, signora.》
《Immagini come sarebbe brutto se succedesse.》 Lo guardo male. 《Afferrato il concetto?》 Annuisce timido.

[...]

Alla fine dell'intervista, uno strazio, io e Sebastian battiamo il cinque, felici di essere sopravvissuti a quelle domande da quattro soldi, stupide e scontate. Dopo di noi, Max, Daniel e Christian Horner. Poi Lewis, Valtteri e Toto Wolf. A quanto pare solo la Ferrari ha avuto questa strana eccezione.

《Ce l'abbiamo fatta.》 Mi sistemo il berretto.
《Già.》 Sorride.
《Puoi andare a fare foto e autografi a tutti.》 Lo prendo in giro.
《Ci si vede più tardi.》Mi fa l'occhiolino.

Alla fine è sempre lo stesso. Qualche mese fa lo avrei odiato, insieme al suo atteggiamento. Adesso... ho semplicemente imparato ad accettarlo. Non mi sta più così tanto antipatico come ai primi tempi. Ho capito come devo comportarmi con lui. Guardo Sebastian mentre si allontana, andando verso i tifosi della Ferrari, entusiasti di vederlo, insieme a Charles. Sospiro e torno ai box. Mattia è tornato da poco, sta parlando con un giornalista della Sky. Lascio perdere e mi dirigo verso la mia camera d'albergo.

Non appena arrivo, mi butto a peso morto sul letto, posando il mio berretto sul cuscino.
Mi torna in mente un ricordo che ho con mio padre. Quasi tutte le domeniche mi portava con lui a vedere le gare della Formula Uno. Ricordo i tempi di Schumacher... Alonso... ricordo che, mentre io mi facevo le ossa all'università, Sebastian era alla RedBull insieme a Mark Webber e poi con Daniel. I tempi in cui io ero sempre sui libri per finire al più presto l'università e andare a lavorare con mio padre.
Bei ricordi. E poi l'incidente di Schumacher che ha stravolto tutti... per la Ferrari non era un gran periodo, mentre Sebastian, alla RedBull, vinceva a colpi di primo posto per quattro anni di seguito.
Il bussare alla porta mi riporta alla realtà. Chi è che disturba... io volevo solo dormire un po'.

《Chi è?》
《Apri la porta.》
《Seb... per favore.》 Mi lamento.
《Hai dimenticato una cosa.》

Apro la porta, senza pensarci due volte. Non avevo dimenticato niente, lo ha fatto di proposito per farmi aprire la porta. Sospiro e lo guardo male. Fa spallucce ed entra in camera, mettendosi seduto sul letto. Chiudo la porta alle mie spalle, poggiandomi ad essa, guardando il pilota tedesco della Ferrari.

《Quindi?》
《Mh?》 Mi guarda.
《Che vuoi?》
《Niente.》
《Seb, io volevo dormire...》Mi stropiccio gli occhi.
《E dormi con me.》 Ghigna.
《Come sei spiritoso.》 Lo prendo in giro.
《Almeno ti metti nel letto?》 Ci penso... e poi annuisco. Ho davvero sonno.
《Non farai nulla?》
《Nulla.》 Promette.

Mi sdraio sul letto, stringendo il cuscino a me, come faccio sempre. Lo guardo mentre si sdraia accanto a me, guardandomi. Noto che si sta facendo crescere i baffi. Non gli stanno male, solo che non sono abituata a vederlo così.

《Ti vedevo oggi, mentre ti facevano le domande. Avevi una faccia annoiata.》 Spezza il silenzio.
《Anche tu, dato che quasi tutte le domande erano rivolte a me.》
《Quindi mi consideri solo come un fratello?》 Mi prende in giro.
《Ti dispiace?》 Lo guardo divertita.
《Dipende da che punto di vista guardi questa cosa.》 Ridacchia.
Sospiro. 《Sai che è sbagliato...》 Cambio discorso.
《Cosa?》
《Questo. Tu qui. Nel letto. Con me. Dovresti essere fuori, a farti i fatti tuoi.》
《Sai una cosa?》
《Cosa?》
《A me va bene così. L'importante è che tu... non abbia smesso di parlarmi. Se non ti fidi ancora di me, non fa niente. Tempo al tempo.》

Quel Tedesco Bastardo 《VETTEL》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora