Percorsi tutto il marciapiedi a testa bassa e seguendo il suo ritmo di camminata. Talvolta si fermava e si guardava intorno, io mi fermavo e coprivo al meglio il volto, ignorando il freddo pungente che mi avvolgeva. Quando poi riprendeva, attendevo qualche istante, e lo seguivo di nuovo. Non sapevo perché lo stessi facendo, ma ero talmente curiosa da non ascoltare nemmeno per una frazione di secondo il mio buon senso. Si fermò accanto ad un altro uomo, e passarono due minuti soltanto a parlare. Attesi che scendesse le scale della metropolitana, e poi m'incamminai a mia volta. Lo avevo perso in mezzo alla gente. Era un orario di punta, e chissà quante persone a New York indossano una giacca a vento nera durante l'autunno. Avanzai per minuti interi guardandomi intorno disperatamente. Andai accidentalmente addosso ad un ragazzo con una chitarra fra le mani. Mi sorrise dicendomi che non importava, era tutto apposto. Sbuffai poi, continuando a cercare la mia preda con lo sguardo.
La metro era partita, ed ora il posto iniziava a diventare deserto. Sospirando esasperata m'incamminai verso i bagni, credendo che avrei più visto quel ragazzo dal forte accento inglese.
Entrai nei bagni e mi bagnai le mani con dell'acqua fresca che passai sul mio volto. Cosa stai facendo, Belle? Perché sei qui in attesa di quel tizio? Mi capita spesso, di trovare un ragazzo carino che nemmeno conosco ed iniziare a fantasticare sulla mia vita insieme a lui. Io non ho cotte, no, io ho quasi ossessioni. Se mi metto in testa un ragazzo a me anche sconosciuto, immagino un futuro al suo fianco, a come potrebbe essere il volto di un figlio nostro. Sì, qualsiasi ragazzo attraente finisce così nei miei pensieri.
Ripresi fra le mie mani la sacca di danza, quando sentii dei piagnucolii provenire da uno dei bagni. Pensai che non fossero affari miei, ma nella mia testa gli affari di chiunque mi riguardano sempre. Sono una ficcanaso. Mi avvicinai alla porta e bussai, chiedendo se fosse tutto apposto. Nessuno mi rispose. Sulla serratura c'era scritto LIBERO, quindi la chiave non era girata. Decisi di aprire la porta. Era lui, era il ragazzo dall'accento inglese. Era seduto di fianco al WC e aveva il volto pallido, scavato da due occhiaie ben evidenti e del sudore sulla fronte. Una manica era sollevata all'altezza del gomito, e nell'avambraccio, c'era infilzata una siringa con del sangue che colava a piccole gocce. Non potevo scappare. Non lo avrei fatto.
Imprecai lasciando a terra la mia borsa e nascondendo le mani con le maniche della felpa, presi la siringa e la gettai sul pavimento. Avevo paura e ribrezzo a toccare qualsiasi cosa lo riguardasse in quell'istante, ma io non potevo scappare, e non l'avrei fatto.
Sfilai un fazzoletto dalla tasca dei jeans e lo tamponai sul suo braccio. Chissà quale malattia mi sarei presa, o chissà in cos'altro mi stavo andando a cacciare, eppure io non potevo scappare, e non lo avrei fatto.
-Vai via-sbottò quello quando gli feci avvolgere il suo braccio intorno al mio collo. Non risposi alla sua minaccia, e pensai piuttosto ad aiutarlo a reggersi ed appoggiarsi al lavabo alle nostre spalle. La mia corporatura è esile e sono piuttosto bassa di statura; anche se credevo di crollare a terra da un momento all'altro avrei comunque provato a sostenerlo.
-Perché mi aiuti?-chiese esasperato, quasi piagnucolando.
-Perché hai bisogno di aiuto-
-Non ti faccio schifo?-
-No-
Continuai a tamponare dell'acqua fredda sul piccolo foro dalla quale usciva ancora però del sangue. Poi abbassò la manica e rimase a sguardo basso, intimorito dal fatto che alzandolo, avrebbe potuto incontrare il mio.
-Perché sei qui?-domandò acidamente. Io presi un bel respiro, e distolsi i miei occhi dai suoi per qualche istante, prima di rispondere, anche se lui mi precedette.-Mi hai seguito?-chiese infastidito. Non risposi. In un secondo le sue mani mi stringevano i polsi e prima che potessi controbattere, mi coprì la bocca e il naso con la sua manica della giacca a vento. Persi i sensi.
Potei sentire un maleodore di fumo. Non ebbi subito il coraggio di aprire gli occhi, date le evidenti condizioni in cui avrei trovato l'ambiente. Storciai la bocca ed arricciai il naso, per poi constatare di essere su una superficie morbida. Aprii finalmente gli occhi. Le pareti attorno a me erano di un bianco sporco e su alcune di esse c'erano dei quadri, piuttosto spenti e per la maggior parte astratti. a stanza in cui mi trovavo era disordinata, il materasso sulla quale ero stesa era a terra, ed era ricoperto da una coperta di flanella blu. Era un bilocale; nella stanza di fronte a me, separata solamente da un enorme arco, c'erano anche dei fornelli ed un frigorifero. Un armadio di legno rovinato ed una porta spalancata, che portava ad un piccolo bagno. Alla mia destra, il motivo di tutto quell'odore di fumo; il ragazzo incappucciato.
-Sei una ballerina, eh?-aveva fra le mani la mia borsa e ci stava frugando dentro tenendo fra le labbra una sigaretta. Non ci pensai nemmeno per un attimo, e mi precipitai sulla porta nel tentativo di fuggire. La raggiunsi in preda al panico, ed afferrai la maniglia riuscendo ad abbassarla, ma delle braccia avvolsero il mio bacino e mi sollevarono. Le mani del ragazzo chiusero a chiave la porta e sapevo che avrei dovuto chiuderla, sbottò. Mi allontanai istintivamente da lui ed iniziai a sentire il calore del panico assalirmi, mentre mi fissava con quel suo fare minaccioso.
-Perché?-chiesi cominciando a percepire il pizzicchio abitudinale agli occhi.
-Per non farti sgattaiolare dalla polizia-rispose facendo spallucce.
-Io ti ho aiutato! Pensi che me ne sarei andata ad avvisare qualcuno?-la mia voce era strozzata, e quasi inudibile. Lui sbuffò e fece sue passi verso di me.
-La tua voce mi da sui nervi-sbottò soffiando del fumo a poca distanza dal mio volto. Tossii sentendo un prurito alla gola e gli occhi inumidirsi per colpa sua. Non risposi alla sua affermazione brusca. Cercai di non perdere la calma e presi un bel respiro esasperata.
-Quando mi lascerai uscire?-
-Non lo so-
In un certo senso, pensava davvero che sarei andata dalla polizia per averlo visto iniettarsi eroina, e non per il fatto che mi ha fatto svenire e poi tenuta rinchiusa all'interno di un appartamento di cui non avevo la minima idea di dove si trovasse?
Si era seduto di nuovo sulla poltrona, e tornò a frugare fra la mia roba distrattamente, spegnendo la sigaretta all'interno di un posacenere di fianco a lui. Avanzai verso di lui chiedendo di riavere indietro la mia borsa. Me la lanciò sospirando. Sbuffò di nuovo, quando gli chiesi se potessi andare in bagno, ma insistetti perché non avrei dato il via alle lacrime finché non ci fosse stata una porta in legno spesso a dividerci. Non potevo fare altro che piangere; non c'era niente che potessi fare.
-Posso almeno sapere come ti chiami?-
Il riccio alzò lo sguardo, accese un'altra sigaretta e se la mise fra le labbra con occhi socchiusi.
-Harry-rispose.
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Where is the light we deserve?
FanfictionIn cui Harry è un artista drogato e Belle una ballerina, che venderà qualsiasi sostanza di cui Harry faccia uso e lo inviterà al pranzo di Natale in famiglia. (Conclusa)