Capitolo 21
Attimi infiniti (Pro Magnus)Le ore passano, ma neanche me ne accorgo. Resto a fissare il muro bianco difronte a me senza pensare, parlare né muovermi. Non ci riesco, sento che se solo provassi a muovere un muscolo, anche il più piccolo e insignificante, potrei crollerei a pezzi sul pavimento bianco e lucido di questo ospedale. Nessuno ha la forza di prendere in mano la situazione, rimaniamo zitti ad aspettare cercando di mantenere quanta più calma possibile, ma la verità è che questa attesa ci sta logorando dentro. Non posso credere a ciò che sta succedendo, non dopo che abbiamo litigato così furiosamente! E se... no, no mi rifiuto di pensarci! Adesso il medico uscirà da quella sala e mi dirà che è tutto ok, che sta bene, io correrò da lui e lo implorerò di perdonarmi per essere stato così coglione. Mi metterò in ginocchio a chiedergli perdono e gli racconterò qualunque cosa lui voglia sapere. Si, si andrà esattamente così. Il tempo scorre lentissimo mentre nella mia testa si aggrovigliano pensieri su pensieri riguardanti mille possibili responsi da parte dei dottori e cerco anche di trovare le parole giuste per raccontare la storia dietro a quella foto. All'improvviso una dottoressa esce sospirando dalle grandi porte in ferro che racchiudono la sala operatoria "Allora!?" Cat scatta verso di lei senza perdere ulteriore tempo. La donna le poggia una mano sulla spalla sorridendole appena prima di parlare "Abbiamo dovuto operarlo alla gamba sinistra, un frammento di metallo lo ha perforato da parte a parte. Abbiamo ricucito i nervi e sembra essere andato tutto bene, dobbiamo aspettare prima di tutto quarantotto ore, le più critiche dopo un intervento del genere, successivamente che si svegli per vedere i risultati concreti" ci informa in modo pratico e senza giri di parole "E quanto ci vorrà?" chiede Maryse parlando per la prima volta da quando è arrivato il marito che è in piedi al suo fianco mentre la tiene stretta per i fianchi. La dottoressa sospira rammaricata mentre scuote leggermente la testa "Ecco...purtroppo il ragazzo ha subito un brutto incidente e ha riportato un trauma cranico, per questo motivo al momento lo abbiamo spostato in terapia intensiva e gli abbiamo indotto il coma per permettere a questo di rimarginarsi, quando la situazione sarà stabile e non ci sarà il rischio di ulteriori problemi, smetteremo con i farmaci" ci spiega con calma e pazienza. La verità è che mi sento sia sollevato che tremendamente preoccupato perché sono buone notizie, ma ci sono ancora troppo variabili aleatorie per evitare alla mia mente di viaggiare con la fantasia. "Vi devo avvisare però che, anche dopo la fine della somministrazione dei farmaci, il risveglio non sarà immediato, il corpo deve riprendersi e necessita dei suoi tempi". Nessuno fiata, tutti ascoltano attenti e preoccupati "Possiamo vederlo?" sussurra Izzy con gli occhi gonfi dal pianto compiendo un piccolo passo verso la dottoressa che le rivolge un sorriso materno "Certo, Cat li accompagni tu? Io ho un'urgenza" chiede gentilmente alla nostra amica che annuisce subito asciugandosi le guance rigate da lacrime silenziose. La dottoressa ci rivolge a tutti un breve cenno di cortesia prima di allontanarsi svelta verso altri pazienti, nell'attimo successivo Catarina inizia a camminare per i corridoi illustrando la strada a tutto il, ma io non riesco ad alzarmi. Le fatidiche quarantotto ore, sempre e solo loro, quelle che non perdonano nessun minimo errore. È un incubo, un fottuto incubo! Svegliatemi vi prego! Una mano si poggia sulla mia spalla dolcemente portandomi a sobbalzare appena, alzo lo sguardo che non mi ero neanche accorto di aver abbassato e trovo due bellissimi occhi azzurri così simili ai suoi, ma molto più materni "Mio figlio è forte" mormora Maryse teneramente cercando di regalarmi un piccolo sorriso d'incoraggiamento "Lo so" sussurro appena, ma la paura mi blocca le membra. Non voglio muovermi, non si può tornare più indietro dopo averlo fatto. "Solo che..." sospiro sforzandomi di mantenere il controllo di me stesso, in un attimo mi ritrovo tra le sue braccia mentre mi stringe forte come solo una madre può fare. "Abbiamo discusso dopo pranzo e..." sussurro a fatica cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime, ma la voce spezzata non riesco a regolarla, lei non dice nulla mi tiene solo stretto e la cosa strana è che tutto ciò mi calma, almeno un po'. Forse è uno di quei momenti in cui le parole sono superflue, troppo poco efficaci per spiegare ciò che si ha dentro. Quando mi lascia lentamente andare sforzo un sorrido e lei fa lo stesso accarezzandomi una guancia per cancellare una lacrima, imbarazzato abbasso il viso e mi strofino le guance, ho fallito miseramente. Sono così tanto abituato a trattenere tutto che, inevitabilmente, sono scoppiato senza neanche rendermene conto. "Non sono più abituato a certi abbracci" ammetto in un basso mormorio sorridendo appena "Dovrò sgridare mio figlio?" lei cerca di sdrammatizzare appena osservandomi intensamente e con calore. Scuoto la testa mentre mille dei nostri momenti mi affiorano alla mente "No, Alexander è molto affettuoso. Mi riferivo agli abbracci materni" mi schiarisco la voce a disagio per aver rivelato una parte di me a una persona che, a tutto gli effetti, è praticamente una sconosciuta, lei mi appoggia una mano sui capelli lasciandomi una carezza "Per quanto può servire mi dispiace moltissimo per la tua perdita e se ti va, quando hai voglia di un abbraccio, ci sono qua io" mormora lei dolcemente passando il pollice sotto il mio occhio destro per cancellare un piccolo residuo di matita nera che era colato per via delle lacrime, sorrido sorpreso e incredulo. Come possono scaldarmi così tanto queste parole? Come può considerarmi come un figlio bisognoso se non mi conosce affatto? Inutile dire che crollo in un pianto disperato osservando i suoi occhi stanchi, preoccupati, ma pronti a donare tutto l'amore che contiene il suo cuore "Grazie" sussurro appena cercando di calmare i singhiozzi. Lei mi avvolge nuovamente con le sue braccia permettendomi di sfogare il mio dolore, attende pazientemente fino a quando non riesco a riacquistare il controllo e mi asciugo le lacrime, poi si alza porgendomi una mano "Andiamo a vedere mio figlio" propone decisa con un piccolo sorriso, prendo la sua mano e mi alzo seguendola. Mi fido della donna al mio fianco, non succederà nulla se mi muovo. Posso ancora essere forte, per Alexander, per il mio dolce pasticcino. Appena arriviamo davanti alla sua stanza notiamo il divieto d'entrata affisso alla porta e tutti sono appostati davanti al vetro che ci divide da lui, mi sporgo appena. Il mio cuore sprofonda in una caduta senza fine notandolo completamente ricoperto da tubi e fasce, la gamba sinistra fuori dalle spesse coperte verdi completamente ingessata e un collare rigido in plastica blu attorno al collo che quasi completamente nasconde il suo viso tumefatto in più punti aiutato dalla spessa fasciatura attorno al capo. Sospiro interiormente sperando che queste ore passino in fretta e che si svegli al più presto. Ho un assordante bisogno di lui. Dei suoi occhi e dalla sua forza perché da solo non sono sicuro di riuscire a farcela.
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Noi e nessun altro || Malec
FanficLa FanFiction nasce su EFP, l'autrice originale si chiama Kiki_love, tutti i diritti sono riservati a lei, mi ha permesso di trascrivere questa storia qui su wattpad. No shadowhunters sono tutti umani ** Alexander è sempre stato un ragazzo tremenda...