Capitolo 12-Una madre per una figlia:

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Cercavo di stare il più lontano possibile da Christian e dedicarmi più a Lip e alla mia famiglia.

Quella mattina decisi di fare i wuffle per tutti e Lip ne riconobbe l’odore.

- Waffle? Dobbiamo festeggiare qualcosa? - domandò.

- No, scemo. - risposi, mettendoglieli nel piatto.

Ne assaggiò poi uno. - Brava. - commentò sorridendo, dandomi anche un bacio.

Sembrò una normale mattinata, forse una delle migliori.

Lip portò i bambini a scuola e io andai al lavoro.

Christian era diverso dal solito: indossava una camicia bianca che lo illuminava e un profumo che faceva danzare il mio naso.

- Allora lo fai apposta. - commentai.

- Cosa? - domandò sorridendo e facendo il vago.

- Cos’è questo profumo? -

Si avvicinò col sorrisetto e portò il suo collo vicino al mio naso. - Ti piace? -

- Abbastanza. - risposi allontanandolo.

- Allora ricordatelo, perché prima o poi ne avrai casa piena. -

Era molto sicuro di se e stava decisamente flertando con me.

- Christian, devi smetterla. Non ci sarà mai niente. -  gli dissi decisa.

- Continua a ripeterlo. - continuò, mentre i nostri visi erano vicinissimi.

Non so se fosse più ipnotico il suo profumo o i suoi occhi.

Non riuscivo a muovermi.

Mi sfiorò le labbra e abbassò la mano lungo il mio fianco.

Solo quando arrivò al gluteo, mi resi conto della situazione: mi scansai e istintivamente gli diedi uno schiaffo.

- Ma che cazzo ti prende?! - esclamò, massaggiandosi la guancia.

Le mie mani si erano mosse da sole.

- Non devi farlo più. - balbettai.

- Bastava dirlo, cazzo! - esclamò poi.

Imbarazzata e schifats, scappai dal negozio e cercai di riprendermi: il mio corpo sembrava non ubbidirmi più.

Presi un bel respiro e decisi di portare il pranzo a Lip.

Stava riparando una moto che mi sembrava familiare.

- Ehi... - mi salutò sorridendomi, vedendomi con il sacchetto. - Hai proprio deciso di farti perdonare eh? -

Ricambiai il sorriso e gli diedi un bacio.

- Che fai? - chiesi poi.

- Questa è la moto che abbiamo usato dopo esser usciti dalla chiesa. - spiegò, ecco dove l’avevo già vista. - Le sto dando un’ultima ritoccata, poi voglio prenderla io. -

- Vendila! - intervenne Brand. - Gli hanno offerto 2 mila dollari. -

Lip restò a guardarla per un attimo. - No, ci sono bei ricordi. -

In quel momento entrò una donna più o meno ben vestita: somigliava a qualcuno che avevo già visto.

- Sei Lip? - domandò avvicinandosi a noi.

- Si e tu sei...? - rispose lui.

- Sono la madre di Xan... ce l’hai tu vero? -

Sgranai gli occhi per l’incredulità, mentre, probabilmente, il cuore di Lip si gelò.
- Si... -

- La rivoglio indietro. - disse decisa la donna.

Lip abbassò lo sguardo. - Dove vivi? - le chiese.

- Che cazzo ti frega? -

- Che lavoro fai? -

Lip sembrava voler combattere per Xan.

- Rivoglio la mia bambina! -

- Certo, per portarla ai servizi sociali e guadagnarci! - esclamò Lip.

Mi guardai intorno e notai che c’erano anche altre persone.
- Ehi, ci sono dei clienti, calmatevi. - gli dissi.

I due si fulminarono con lo sguardo.

- Ridammi mia figlia o chiamerò la polizia. - disse infine la donna prima di andarsene.

Non so cosa volesse fare Lip, ma lo lasciai da solo per pensare e raggiunsi Ian davanti all’entrata della chiesa dove avevano organizzato il “Gay Jesus”.

Era imbambolato davanti alla porta.

- Intendi entrare? - gli domandai.

- Non ho il coraggio. - rispose col fiatone.

- Tutto ok? -

- Sono stato inseguito da un gruppo di omofobi. - continuò sbuffando, mi prese poi la mano. - Vieni con me. -

Entrai dentro insieme a lui: c’erano molte persone, tanti cartelloni e delle lesbiche che sembravano omoni forzuti.

- Ciao Ian! - si avvicinò a noi una ragazza minuta, dai lunghi capelli rossi.

- Nicole, lei è Geneva, è a capo di tutto. - spiegò Ian.

- Abbiamo chiamato i tuoi avvocati e hanno detto che se patteggiamo in tribunale, ti daranno gli arresti domiciliari. -

- Altrimenti? -

- Altrimenti... circa 10 anni. -

Di certo non potevo permettere che tornasse in prigione o che finisse come Mickey.

Ian non rispose e iniziò a guardarsi intorno. - Credi che tutto questo abbiamo cambiato qualcosa? -

- Hai cambiato la vita di tante persone. - gli rispose la ragazza.

- E allora perché vengo inseguito dagli omofobi? -

- Le lesbiche saranno felici di farti da guardia del corpo. -

Tutto ciò stava diventando ridicolo.

- Oh, ma perfavore! - intervenni. - Cos’è una specie di celebrità? E’ solo un ragazzo. State esagerando. Lui ha una vita e non può pensare a tutti voi. -

- Ma loro hanno bisogno di lui! - esclamò Geneva.

Sospirai, quella ragazzina mi dava sui nervi. - Che si fottessero allora! -

Afferrai la mano di Ian e lo trascinai fuori da quel manicomio.

Una volta fuori, lui mi strinse di più la mano.

- Grazie. - mi disse sorridendo, per poi abbracciarmi.

Almeno avevo salvato qualcuno.

In seguito, sarebbe stato il turno di Xan.

That's How It Goes. (E' così che va- Shameless Fanfiction.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora