Capitolo 45

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"Tra quanto hai l'aereo?" Chiesi a Diego, a telefono, mentre mi apprestavo a rassettare le ultime cose. Diego ormai conosceva benissimo il mio disordine, ma non seppi esattamente perché, ebbi la necessità di ripulire ovunque.

"Un'ora, sono già dentro. Devo solo salire sull'aereo." Mi disse, ed io annuii. Mi resi conto solo dopo che non poteva vedermi, ma lui parlò ancora una volta prima che potessi rispondergli. "Ancora non capisco perché tutta questa fretta, comunque."

"Te l'ho detto, non riesco ad aspettare a Natale per vederti." Mentii, con l'ombra di un sorriso sul volto. Volevo guardarlo negli occhi mentre gli rivelavo di essere incinta, non volevo prendermi nemmeno un suo sguardo.

Due giorni prima, avevo chiamato anche Iris. Inutile dire che aveva iniziato a strepitare dall'altro lato del telefono sul fatto che sarebbe diventata zia e quanto fosse felice. Dovetti ripeterle circa cinque volte di non rivelare nulla a Diego prima di essere sicura che non lo avrebbe fatto. La sua gioia mi emozionava, mi rendeva felice. All'inizio ero sotto shock, non potevo credere di aspettare davvero un bambino. Ma a mano a mano che passavano i minuti, il mio cuore si riempiva di gioia. Così avevo chiamato Diego, e lo avevo pregato di prendere il primo volo e raggiungermi. Il signor  Marini avrebbe capito, ne ero sicura, e infatti così è stato.

"Mh, anche a me mancavi tanto." Mormorò lui. La mia giustificazione non lo aveva convinto, ma in fondo, se non fossi stata incinta, probabilmente avrei fatto una pazzia di prendere il primo aereo per raggiungerlo. Lo avrei fatto anche in quel momento, solo che con la gravidanza di mezzo non volevo stressarmi troppo.

"E allora perché ti fai mille problemi?" Gli chiesi allora, dirigendomi alla mia camera. "Dovresti essere felice del fatto che non vedo l'ora di rivederti."

Mi bloccai davanti lo specchio. Undici settimane non erano poche, ansi, ero sicura di essere quasi al terzo mese, se i calcoli ancora riuscivo a farli. Nonostante ciò, erano ancora troppi pochi se non per notare un banale avvallamento. Non era evidente, ma nemmeno difficilmente notabile. Ancora non riuscivo a capire come mai ci avessi messo così tanto per capire che fossi realmente incinta. Forse avevo sfogato tutti i miei problemi sullo stress del trasferimento, così da non pensare minimamente a quella evenienza.

"Ehi, ci sei?" Diego mi richiamò dall'altro lato del telefono. "Si, scusa. Mi ero distratta un attimo. Cosa dicevi?"

"Ho detto che devo salire sull'aereo, ci sentiamo quando arrivo."

"Tanto già sai che mi troverai in aeroporto." Gli risposi, e lo sentii ridacchiare. "Ciao piccola."

Calcolai l'ora e mezza che gli sarebbe servita per arrivare, tempo che sfruttai per lavarmi, fare lo shampoo e vestirmi decentemente.

Asciugai i miei capelli in grosse onde, ormai arrivavano quasi ai miei fianchi, avrei dovuto almeno spuntarli.

Verso le sei del pomeriggio, mi avviai all'aeroporto. Ovviamente era affollato, come al solito. La gente correva come pazzi da un lato all'altro, il rumore dei trolley che venivano trascinati sul pavimento quasi mi infastidiva. Mi appartai su una sedia e, passati venti minuti, iniziai a guardarmi intorno. Finalmente, una folla di persone varcò l'atrio in cui mi trovavo, per cui saltai all'impiedi e mi guardai attorno con più foga, ma niente, i suoi capelli biondi non risaltavano ai miei occhi come credevo.

Poi d'un tratto sentii due possenti braccia stringermi da dietro, accarezzarmi i fianchi, e delle labbra baciarmi il collo.

"È lei Beatrice Prato?" Era la sua voce, inconfondibile. Mi voltai verso di lui quasi con le lacrime agli occhi, avvolgendogli le braccia al collo. Mi presi la briga di osservare attentamente i tratti del suo volto, era troppo tempo ormai che non li vedevo da vicino. Dio, quanto mi erano mancati i suoi occhi azzurri.

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