"Smettila di essere così assillante."
"Non lo sarei se facessi quello che ti dico."
"Se non me lo ripetessi trenta volte al giorno potrei anche farlo di mia spontanea volontà."
"Oh, certo, così come dovevi mettere apposto la tua camera?"
"Oh, andiamo! C'era solo qualche vestito sul letto!"
"Qualche? Ho dovuto scavare per cambiarti le lenzuola."
"Papà!"
Ormai quello era il mood della mia vita. Aurora, la nostra secondogenita, era entrata nei suoi freschi diciassette anni, la fase più acuta della sua adolescenza, in cui odiava tutto il mondo, me compresa. Litigavamo praticamente sempre, e quando succedeva, chiamava il padre, che la difendeva a spada tratta.
Per non parlare delle coalizioni che faceva con i suoi fratelli, dovevo solo strapparmi i capelli dalla testa quando succedeva.
"Hai preparato almeno la valigia?" Le chiesi, massaggiandomi le tempie esausta.
"Devo solo mettere apposto i libri."
"E stai aspettando una mano da una divinità per farlo?" Le dissi allora io.
Aurora alzò gli occhi al cielo e sbuffò. "Sei insopportabile."
"Quando mi rivolgi questi insulti mi rendi felice perché ti stai descrivendo, tesoro." Ammiccai verso di lei, poi mi voltai verso la porta della camera dei gemelli.
Aurora era la mia esatta fotocopia, forse era per quello che proprio non riuscivamo a trovare un punto d'incontro. Era gentile se serviva, ma quando si arrabbiava dava di matto. Diffidava dalla gente che non conosceva, mangiava come un bue senza mettere un grammo, ed era sempre l'ultima ad essere pronta nelle uscite di famiglia.
Insomma, identiche.
"Dalle un po' di tregua." Diego disse, dalla nostra camera.
"Tu sta zitto." Lo ammonii. Diego mi guardò e sorrise, scuotendo la testa, ma si arrese facilmente. Ormai aveva capito anche lui che, con i caratteri simili che ci ritrovavamo, i litigi con Aurora erano all'ordine del giorno. Eravamo capaci di abbracciarci al mattino e insultarci la sera.
Aprii la porta della loro camera, e trovai i gemellini a terra a raccogliere gli ultimi giochi, con Cristian. Avevano esattamente cinque anni, ed erano delle pesti proprio come la sorella. Solo che, quando chiedevo loro qualcosa, la facevano. Odiavano quando urlavo, citandoli letteralmente. Marco era il maschio alfa dei due, dettava ordini alla povera sorella, Ludovica, che però non si faceva affatto mettere i piedi in testa da lui. Motivo per cui, semplicemente litigavano tra di loro e Diego, con la sua anima pacifica che aveva sempre avuto, arrivava a portare pace tra i due.
Cristian, invece, vagava nei suoi diciotto anni, doveva iniziare l'ultimo anno delle superiori. Il nostro primogenito, aveva i miei stessi occhi castani, tendenti quasi al verde, mentre aveva dei capelli castani, che sia io che Diego attribuimmo a mia madre, erano della stessa tonalità. Su per giù era un ragazzo tranquillo, se preso da solo. Quando invece si univa ai fratelli, era davvero finita.
Casa nostra era un vero manicomio, ma era il posto in cui più preferivo stare la sera, quando tornavo a casa sfinita dal lavoro. Trovavo Aurora immersa con le cuffie sul divano, i gemelli che litigavano per quai cartoni guardare, e Cristian che sbuffava perché voleva vedere il calcio. Mi sedevo tra di loro e, non badando alla richieste di nessuno dei tre, mettevo sul canale della musica. Così Aurora toglieva le cuffie e, quando i gemelli mi saltavano addosso protestando, ne afferrava uno dei due ed iniziava a fargli il solletico, mentre io mi occupavo dell'altro. Cristian, invece, semplicemente si lanciava addosso a me, per tormentarmi. L'ultimo a tornare a casa era Diego che, con la promozione che aveva avuto, rientrava alle sei e mezza. Sfinito, gettava la valigetta accanto la porta e poi si univa a noi. E le nostre risate insieme, erano un suono paradisiaco. Potevamo urlarci contro mille insulti, ma eravamo una famiglia unita come poche, come quella che io non avevo mai avuto. Forse proprio per quello, ci avevo tenuto a mostrare ai miei figli la più completa disponibilità e il mio appoggio su tutto, dandogli costantemente amore.
"Avete finito voi?" Chiesi dolcemente ai piccoli.
"Si mamma, ma Marco mi nasconde le Barbie." Ludovica borbottò, ed io sospirai. Eccoli che ripartivano.
"Capra! Non dovevi fare la spia!" Il fratello la insultò.
"Diego!" Urlai, e lui accorse immediatamente. Non che non ci provassi a calmare le acque, ma alla fine peggioravo solo le cose, così io e mio marito avevamo fatto un patto: non avrei mai provato a dividere i gemelli in un litigio.
Uscii dalla camera insieme a Diego quando si calmarono, e lui tornò a sistemare le ultime cose in valigia. Scontrai Aurora in corridoio, che mi guardò mordendosi il labbro.
"Sicura che a Roma staremo bene?" Mi chiese. Sorrisi, accarezzandole il volto dolcemente. Scosse i suoi fluenti capelli biondi e mi guardò titubante.
"Roma è eccezionale, vedrai. Potrai solo vantarti di vivere lì, un giorno." La rassicurai. Aurora annuì, sospirando.
"E se non riesco ad integrarmi? Qui ho tutti i miei amici, Thomas..."
Thomas era il suo pseudo-fidanzato. La prima relazione, il padre non l'aveva presa bene. Quello era un tasto dolente, vedere la propria bambina avere un uomo diverso dal padre.
"Certo che riuscirai ad integrarti." Le dissi. "E poi, gli italiani hanno il loro fascino. Anzi, sono tutti bei ragazzi."
Aurora rise, scuotendo la testa. "Promettimi che andrà tutto bene."
"Te lo prometto, piccola."
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Keep it secret
ChickLitAttimi. La vita è fatta di attimi. E l'uomo è fatto di paure, emozioni, sentimenti che lo rendono capace di afferrarli, o di perderli. Ma Beatrice non ha avuto scelta, nel suo attimo. Un attimo, un battito di ciglia che l'ha portata a Roma, a laurea...