Capitolo 31

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Raggiungemmo l'appartamento di Marco una mezz'ora dopo. Diego ed io avevamo appena finito di cambiarci, e ci sentivamo un po' più riposati. Personalmente, io sentivo di aver affrontato la guerra, quel giorno. Avevo scoperto di Diego e di quello che era stato per me, e poi me ne ero andata ad Ostia, sulla spiaggia; avevo aspettato l'alba ed ero tornata al mio appartamento, dove avevo avuto un arduo litigio con Fabio, che aveva portato alla nostra rottura definitiva.

Mi guardai istintivamente la mano, l'anello su cui brillavano due diamanti non c'era più, e quasi sentii la mia mano vuota. Diego probabilmente lo notò, perché mi circondò le spalle con un braccio, proprio prima di entrare nell'appartamento di Marco.

"A che pensi?" Mi chiese, poggiando la sua testa alla mia. Scrollai le spalle, sospirando. "Fino a poche ore fa avevo un anello al dito." Sussurrai.

Sentii le lacrime formarsi agli angoli dei miei occhi. Dopotutto, Fabio era stato quello che fino al giorno prima definivo 'l'amore della mia vita', non potevo far finta che i miei sentimenti per lui si fossero annullati nel giro di qualche ora. Il mio cuore ancora batteva forte se pensavo a lui e a tutti i momenti che avevamo passato insieme. Una parte di me, era ancora innamorata di quel ragazzo che, al nostro primo appuntamento, mi preparò una cena favolosa e mi fece cadere ai suoi piedi. Pensai a quanto era sexy in tenuta da dottore, poi pensai che non lo avrei più rivisto, anche se non ne avevo nemmeno le intenzioni.

Diego deglutì, e mi osservò attentamente. "Quando qualcosa finisce la giornata è sempre dura da affrontare." Mi disse, accarezzandomi dolcemente una guancia. "Ma pensala così: hai scoperto chi sia realmente prima che fosse troppo tardi."

"Lo so, non mi pento di come sono andate le cose, se è questo quello che pensi." Gli dissi, prontamente. Non mi pentivo di averlo lasciato da solo in quel corridoio, a marcire nel suo odio e nella sua ira repressa. Ma Fabio era diventata una costante per me, in quei tre anni, un'abitudine. Facevamo qualsiasi cosa insieme, anche le più banali. Non sapevo come sarebbe stato affrontare la mia vita dopo di lui. Dopotutto, lo avevo amato con tutta me stessa. Sperai solo che col tempo, quel sentimento sarebbe scomparso, perché non lo meritava. Pensai che, invece, Diego lo meritasse fino in fondo, e mi maledissi per non riuscire più a provare quella forte emozione che una volta ci teneva uniti. "È solo che devo abituarmici, suppongo."

Diego mi baciò la fronte, con un piccolo sorriso consolatorio. "Sei sempre stata forte, Bea. Supererai anche questa."

Gli sorrisi in risposta, lui bussò alla porta. Quando entrammo, un forte odore di pizza ci colpì l'olfatto. "Ho preparato tre pizze, spero non sia un problema per voi." Ci disse Marco, accogliendoci nella sua casa, identica a quella che ci aveva concesso.

"No, anzi. Sto morendo di fame." Mi accorsi solo allora del borbottio della mia pancia, che reclamava di essere riempita.

"Mangi ancora come un bue?" Mi chiese, quando ci sedemmo a tavola. La pizza davanti a me aveva un aspetto divino, l'avrei divorata in meno tempo di quanto pensassi.

"Anche di più." Gli risposi, addentando un pezzo di pizza. Dio, anche il sapore era divino. Ero completamente in estasi.

Finii per mangiare anche due pezzi di quella di Diego, che sembrava non avere molta fame. Marco mi guardò allibito, confermando quanto gli avevo detto. Quando si parlava di cibo, proprio non riuscivo a darmi una regolata.

Marco ci raccontò delle sue esperienze a Milano dopo il trasferimento, ed insieme a Diego ricordarono qualche aneddoto divertente sulla loro adolescenza, o meglio i tempi d'oro, come li chiamavano loro.

L'argomento 'Ludovica' non era ancora stato aperto. Avrei voluto parlarne con Marco, ma non sapevo come avrebbe potuto reagire. Erano passati anni, si, ma da quello che avevo capito, si amavano fin troppo.

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