This one's for you, David Guetta

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We're born to fly
So let's keep living 'til it all falls down 

Deborah Pjaca
Entrata in casa, andai spedita a prendermi un ghiacciolo dal freezer. Mi sedetti sul divano e accesi la TV, cercando qualcosa di interessante.
Nessuna replica di partite, nè notiziari nuovi sulla Juve o sulla Fiorentina, quindi spensi.
Noia.
Noia.
Noiaaaa.
Aprii Instagram e guardai un po' di post, poi andai sulla page della Juventus e guardai qualche nuovo post, ma a parte uno che ritraeva Cristiano Ronaldo e Mario che si stavano lanciando le casacche scherzosamente, nient'altro.
Che mi aspettavo di vedere? Una foto di Fede, ecco cosa.
Allora andai in direct e gli scrissi.

A: fbernardeschi
Ehi, come stai? Allenamenti?

Sperai con tutto il cuore che mi rispondesse in fretta, ma ciò non avvenne, così finii il ghiacciolo e misi il bastoncino nella spazzatura.
Erano le cinque e quarantacinque quando mi sedetti ancora sul divano, Marko non mi aveva ancora fatto sapere niente.
Decisi di chiamarlo.
Dopo due squilli rispose.
"Deborah? Tutto bene?"
"Ehi Marko. Quanto hai?"
"Mi sa che ne avrò ancora per un po'. I presidenti vogliono portarci cena questa sera, per conoscerci meglio."
"No, non ci vengo a cena, senza offesa, ma già domani abbiamo il pranzo con la squadra, quindi basta. Ti dispiace?"
"No, tranquilla. Ehi, non stare sola. Vai da qualcuno della squadra, se vuoi, ok? Mi dispiace tantissimo lasciarti ancora, Deb."
La sua voce era davvero triste, ma non poteva rinunciare alla cena con la Dirigenza e con i presidenti.
"Non preoccuparti frero, - gli risposi - starò bene. Mandami un messaggio o chiamami quando sei pronto per venire via, così so quando arrivi. Ok? Ci vediamo stasera."
", ciao."
Riattaccai e riflettei sul da farsi. Mancava ancora parecchio all'ora di cena, quindi decisi di utilizzare l'account Netflix di mio fratello per guardare sul portatile almeno un episodio della mia serie TV lasciata insospesa.
Immancabilmente la mente ritornò a Torino. O meglio a Federico. Guardavo questa serie con lui ed eravamo arrivati a metà dell'ultima stagione.
Ora, sapere che ognuno avrebbe dovuto finirla per conto proprio, mi fece venire un nodo alla gola.
Non so con quale coraggio riuscii a guardarmi e l'episodio, prestando attenzione alla storia e senza pensare a lui.
Fatto sta che erano le sei e quaranta quando finì l'episodio, e non avevo intenzione di stare sola.
Se solo Fede fosse qui con me...
La compagnia di Federico era una cosa che nessuno riusciva a eguagliare.
Ma ora mi dovevo accontentare di quel che avevo.
Così cercai in rubrica il numero di telefono di Giovanni, salvato il giorno prima, e lo chiamai.
"Pronto?"
La sua voce squillante rispose dopo un solo squillo e mi indusse ad allontanare il telefono dell'orecchio per evitare il perforamento del timpano.
"Gio? Sono Deborah."
"Sì, ciao. Qualcosa non va?"
"La Dirigenza ha invitato mio fratello a cena per conoscerlo, io sono a casa da sola. Posso venire da te a cena?" domandai titubante.
"Guarda, io sono a casa di Fede perchè anche io ero solo a baita mia, perciò se vuoi ti vengo a prendere e vieni qui da Fede."
"No, non voglio disturbarlo, io..."
"Dice che non disturbi, - mi interruppe - e che la compagnia fa sempre bene. Fatti trovare pronta, tra dieci minuti sono da te. Indirizzo?"
"Non so la via, ma è in centro vicino al 'Leonardo Da Vinci'. - risposi - Mi faccio trovare lì davanti al museo."
"Okay, ora arrivo."
Chiusi la chiamata e andai in camera.
Presi un paio di pantaloncini blu dall'armadio di mio fratello, quelli che aveva due anni fa a Torino della divisa Away, e indossai una maglia bianca.
Tanto dovevo stare a casa insieme a due compagni di squadra di mio fratello, non dovevo andare ad un matrimonio. Io di solito mi vesto bene solo quando devo uscire, ma quando sto in casa o con amici mi vesto molto sportiva.
Presi il cellulare e uscii di casa chiudendo la porta a chiave. Dopo scrissi a mio fratello.
"Sono insieme a Federico e Giovanni. Torna presto 😘"
Lui rispose subito con un'emojy con il bacio come la mia, quindi vidi una macchina avvicinarsi a me.
Alzai gli occhi e vidi che il finestrino si abbassò.
Il volto sorridente dell'argentino che mi aveva risposto al telefono comparve da dietro di esso.
"Allora, sali o no?"
Sorrisi e aprii la portiera, quindi salii.
"Ehi ehi, che ti succede? Come mai sei vestita in pantaloni da calcio?" scherzò, ripartendo in macchina.
Io inclinai la testa.
"Ma tu mi guardi da capo a piedi tutte le volte?"
"Bè, certo, è naturale. Con ragazze belle come te è impossibile fare finta di niente. E poi sei nuova." aggiunse, come se si fosse reso conto di aver detto troppo, anche se la cosa era senza un vero e proprio senso.
Mi fai il filo, Simeone?
Non risposi, anche perchè non sapevo che dire.
Meglio stare zitti, così da evitare figure di merda colossali.

Arrivammo a casa di Federico dopo circa dieci minuti, nei quali io e Gio avevamo parlato del più e del meno come se il discorso iniziale non fosse avvenuto.
Scesimo dalla macchina e Giovanni andò a bussare alla porta, mentre io restai a guardare la casa.
Era bella, una villetta in periferia, ovviamente non enorme perchè ci vive solo Federico, e con intorno un pezzo di giardino ben curato, dove non poteva mancare una porta da calcio di dimensioni ridotte.
Mi avvicinai alla porta quando Federico aprì.
Ci salutò e ci fece cenno di entrare, e solo allora notai che era a torso nudo. Senza volerlo i miei occhi si soffermarono un attimo sui suoi addominali, ma poi li distolsi quando sentii Giovanni catapultati sul divano. Osservai l'interno della casa: era spaziosa, con un'unica stanza nella quale era compresa la cucina con tanto di penisola, il salotto con divano, due poltrone e televisione enorme e poi c'era una porta chiusa che probabilmente portava alla zona notte.
"Scusatemi, ora vado a mettermi una maglia." disse Federico probabilmente notando il mio imbarazzo.
"Credo che a Deborah vada bene così invece." ribattè Giovanni prendendo il controller dal tavolino come se fosse a casa sua. Evidentemente erano abituati a passare pomeriggi insieme a giocare alla Play come bambini.
"Non è vero, smettila!" sibilai rivolta al giovane, che alzò le mani in segno di resa.
Nel frattempo giunse in salotto anche Federico, per fortuna con una maglia addosso.
"Siediti pure. - mi invitò - Come mai hai chiamato Gio e non me? Devo sentirmi offeso?"
"Sciocchino che non sei altro, io il tuo numero non ce l'ho!" esclamai sorridendo, quindi lui prese il mio telefono e inserì il suo numero, e io feci lo stesso sul suo.
"Non è ora di ordinare le pizze, che dite?" chiese impaziente Giovanni andando verso la cucina.
"Ma è sempre così quando non è a casa sua?" domandai perplessa a Federico, che fece spallucce.
"Ti ci dovrai abituare. L'ho fatto anche io, puoi farcela anche te."

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora