Senza farlo apposta, Shade & F. Carta

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Sei troppo bella per essere vera
Ma anche troppo bella per essere mia

Deborah Pjaca
Finito il pranzo Federico mi disse che ci sarebbe stato l'ultimo allenamento alla Continassa in vista del big match del giorno seguente, contro il Napoli.
"A che ora l'allenamento?" chiesi.
"Alle 15.30."
"Ci andiamo?" domandai sorridendo.
Lui aggrottò le sopracciglia.
"Perché? Ho chiesto l'esonero al mister per questa partita, ricordi?"
"Sì, ma io voglio vedere i ragazzi. Voglio passare a salutarli." spiegai.
"Oh, capisco... Bè, allora faccio allenamento anch'io." decise, e corse un camera a preparare il borsone.
Solo allora osservai la tranquillità con la quale ci parlavamo, con la quale ci volevamo ancora bene, come ci guardavamo e come ci scambiavamo sorrisi, come se fossimo ancora una sola cosa. Inevitabilmente sorrisi.

"Glielo hai detto?" domandai mentre eravamo sulla strada per la Continassa, con il disco di Bob Dylan nelle orecchie, quello che gli avevo regalato io al compleanno. Lui amava la musica di Bob Dylan.
"Cosa?" fece lui confuso.
"Hai detto ai ragazzi che sarei venuta a Torino?"
"Oh, no. Non lo sanno."
Io sorrisi.
"Meglio. La sorpresa sarà più bella."
Arrivati in macchina, Federico scese e prese il borsone, quindi guardammo verso il campetto, e vidi i ragazzi che stavano entrando, già pronti per l'allenamento.
Velocemente Federico si mise a correre, indossava già gli abiti per l'allenamento, mentre io scesi dalla macchina ma restai un po' indietro per non farmi vedere dai ragazzi.
Fu allora che Federico entrò nel campo dal cancello e chiamò il mister, buttando malamente a terra il borsone.
"Scusi il ritardo!" esclamò il carrarese.
Max lo guardò perplesso.
"Mi avevi chiesto l'esonero per la partita!" disse.
"Che ci fai qua Fede?" chiese Giorgio avviciandosi insieme al resto della squadra.
"Oh mister, ha capito male. - spiegò il 33 - Ho chiesto l'esonero dalla partita di domani, ma per l'allenamento di oggi c'è un osservato speciale..."
Fu allora che entrai in scena io. Varcai il cancello del campetto e sventolai le mani in segno di saluto.
"Ehilà! Buongiorno giovani!" urlai per farmi sentire, sfoderando un sorriso.
Mai mi ero sentita così felice, ero ancora insieme alla mia famiglia. Alla mia vera famiglia.
Il primo a realizzare il tutto fu Tek.
"Deborah!" esclamò allargando la bocca in un sorriso.
Allora anche gli altri si riscossero, e mi vennero incontro per salutarmi, anche i nuovi, che però restarono più in disparte, non capendo cosa succedesse.
"Deb hai mantenuto la promessa!" notò all'apice della felicità Miralem, abbracciandomi forte tanto da sollevarmi da terra.
Io ricambiai la stretta.
"Hai forse dubitato di me?" domandai scherzosamente.
"Mai."
Lasciai lui per sorridere al mio grande amico, che diversamente dal solito ricambiò il sorriso, stupendo la squadra, soprattutto i nuovi.
"Mario, sicuro di stare bene?"
"Stai davvero ridendo?"
Mario mi abbracciò e mi baciò la testa.
"Smettetela teste di cazzo. - accusò con voce che voleva sembrare minacciosa, ma fallì miseramente e fece ridere tutti - Eccola la mia fantastica croata."
"Se volete fare sceneggiate romantiche, vi prego di farle fuori da qui. - scherzò una voce - Ora ci si deve allenare per il Napoli. Su!"
Le possenti braccia di Mario mi lasciarono andare e concordò, quindi mi voltai per vedere chi fosse a dare una carica così... perfetta alla squadra.
Trovai lo sguardo di Cristiano Ronaldo a osservare i ragazzi, poi guardò il mister, che gli sorrise, come a dire 'eccolo il fenomeno che conosco' e poi spostò i suoi occhi su di me.
Io lo guardai stupita.
È davvero davanti a me.
Lui sorrise.
"P-piacere." farfugliai imbarazzata.
"È la sorella di un nostro compagno di squadra, in prestito alla Fiorentina. È venuta a trovarci. - spiegò Federico a Cristiano. Poi mi guardò, come a cercare il permesso - È... Era la mia ragazza." continuò insicuro.
Il portoghese corrugò la fronte.
"Siamo rimasti in buoni rapporti. - chiarii io - Anzi, buonissimi. Ci siamo lasciati perché... dovevo andare a Firenze. Saremmo stati troppo distanti."
"Capisco." disse, quindi mi sorrise e diede una pacca sulla spalla a Federico, esortandolo a iniziare a riscaldarsi come gli altri. Io mi avvicinai al mister Allegri.
"Mister! - esclamai - Che piacere!"
"Tutto mio, Deborah. Come ve la passate a Firenze?"
"Bene, tutto sommato. Un po' di nostalgia di qua ma... tutto a posto, grazie."
Il mister indicò ai ragazzi gli esercizi da svolgere, poi li guardò mentre lì eseguivano, e iniziò a parlarmi.
"Sai, gli avevi fatto proprio perdere la testa, al Berna. - disse sorridendo - In quei sei mesi in cui siete stati insieme lo vedevo molto più spensierato. Dall'inizio di questa stagione non sai quanto fosse sotto le mie aspettative, anche quelle del presidente, ma io sapevo che... Ci stava male per essere così lontano da te. Sei stata la ragione del suo exploit ma anche del suo crollo."
Io sorrisi amareggiata.
"Mi dispiace. Per colpa mia ora avete un giocatore meno in forma."
Allegri mi fulminò con lo sguardo.
"Non dirlo neanche per scherzo. - mi ammonì - Gli serve da lezione. Deve capire che ci sono un sacco di difficoltà nella vita che deve affrontare senza compromettere il lavoro. Tu sei stata la sua maestra di vita."
Non sapevo come rispondere a quelle frasi profonde del mister, quindi sorrisi solamente, e mormorai un 'grazie'.
Finito l'allenamento i ragazzi andarono a cambiarsi.
"Mister. - presi la parola - Federico mi ha detto, allora, che domani non vuole essere convocato. Ma da casa... vi sosterrò. Vi sosterremo."
Lui sorrise e mi diede una pacca amichevole sulla spalla.
"Così si fa. Grazie, ci vediamo."
Aspettai che uscissero i ragazzi per far loro un grande in bocca al lupo per la partita con il Napoli.
Quando furono tutti usciti, Mario mi chiese quanto restassi.
"Parto lunedì mattina."
"Allora domenica pomeriggio vieni qui, stiamo in sala relax, così stiamo insieme un po'. Che dite ragazzi?" propose Paulo, e tutti annuirono.
"Ti aspettiamo domenica alle 14. - mi disse Miralem - Così ci racconti le tue vicissitudini a Firenze."
Gli feci l'occhiolino e gli sorrisi, e tutti salirono sulle loro macchine costose e lasciarono la Continassa.
Federico si avvicinò e mi sorrise.
"Pizza?"
"Affare fatto."
Andammo in una pizzeria e chiesimo un tavolo con abbastanza privacy.
"Fede?" chiesi preoccupata dopo un po' che eravamo seduti, mentre guardavamo il menù per quella cena.
Lui alzò lo sguardo e mi sorrise.
"Mh?"
"Non voglio i paparazzi." sussurrai.
"Chi?"
Indicai con un cenno dietro di lui, quindi si voltò e lo sentii trattare il respiro. Una cinquantina di persone erano accalcate fuori dal locale con telecamere e microfoni in mano, e si sentiva chiaramente che dicevano a due guardie, fuori dalla porta, di aver visto Bernardeschi entrare.
A salvarci era la porta dai vetri scuri, che impediva la visione dell'interno da fuori.
"Non voglio paparazzi. - ripetei - Quelli della Viola non devono sapere così in fretta di noi."

Eccomi anche questa settimana!
Spero vi piaccia il capitolo e prendo l'occasione per augurarvi una buona Pasqua! ❤🐣

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora