Feels, Calvin Harris

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Do you mind if I steal a kiss?

Federico Chiesa
Essere svegliati dallo squillo del telefono è qualcosa per cui potrei commettere un omicidio, ma poi sentire che la persona dall'altra parte è Deborah mi fa passare gli istinti omicidi e i piani malefici, anzi mi fa svegliare meglio.
Quanto vorrei svegliarmi tutti i giorni con la voce di Deborah nelle orecchie.
Quando mi disse di essere davanti alla mia porta, mi alzai dal divano, non curante dell'aspetto che avessi, e piombai davanti all'uscio, quindi la lasciai entrare in casa e richiusi la porta. Quando mi voltai a guardarla la vidi abbastanza a disagio.
"Come mai qui?" domandai interessato per la sua visita.
Lei fece spallucce.
"Avevo voglia di vederti." disse solo.
Ah sì? Interessante.
"E come mai quella faccia?" le dissi ancora.
"Oh, niente, è sempre la mia..." osservò argutamente.
"Ma che dici, sembri un funerale. Dai, dimmi che c'è, te l'ho detto che io ti ascolterò sempre." insistii.
Lei mi fulminò con lo sguardo.
"Ti dico tutte le volte che non sono affari tuoi." sbottò.
Strinsi le labbra e sospirai.
"Scusa. Hai ragione. - borbottai - Ma almeno siediti, mi dà fastidio avere ospiti in piedi in mezzo alla stanza."
Lei annuì e mi seguì. Mi sedetti sulla penisola del divano e lei si sedette accanto a me. La guardai con la coda dell'occhio, era tesa, continuava a sbattere le palpebre e mordersi il labbro e il suo respiro era irregolare.
"Deborah? Tutto bene?" feci preoccupato.
Lei scosse il capo. Solo allora si voltò mostrando gli occhi lucidi.
"Oh, Deborah, cosa...?"
Lei si avvicinò e poggiò la testa sul mio petto, mentre le sue braccia si allacciarono attorno a me. Le misi una mano sulla schiena e cercai di tranquillizzarla stringendola a me, mentre lei era scossa dai singhiozzi.
Pianse e io lasciai che lo facesse. Si stringeva a me e sembrava che le andasse bene così, che le piacesse il mio silenzio, che preferisse che non le domandassi niente.
Dopo un po' si calmò e si asciugò gli occhi, così io, spontaneamente, le diedi un bacio tra i capelli.
"Stai meglio?"
"Sì, ora sì." mormorò con il respiro tornato regolare.
"Non voglio essere invadente, perciò non ti chiedo che cosa è successo, ok?"
Lei annuì e mi sorrise debolmente, gli occhi ancora rossi.
"Certo, grazie Fede."
Il silenzio regnò sovrano per circa dieci secondi.
"Ti piace vero?" ammiccai facendo un cenno al mio petto nudo, dove la sua testa stava ancora beatamente appoggiata, i suoi occhi rivolti ai miei e la mia mano che intrecciava i suoi capelli.
Lei sorrise.
"Vantati meno e segna di più" mi punzecchiò, senza togliere il sorriso dal volto.
Tutto era passato, a quanto pare. Improvvisamente Deborah si riscosse e guardò l'orologio.
"Oh, è tardi... Devo andare." disse alzandosi.
"Vuoi che ti porti a casa?" le chiesi.
Lei mi guardò.
"Non ti fa niente?"
"Certo che no. Lasciami mettere una maglia, oppure la gente, vedendo la mia magnificenza, magari fa incidenti."
Lei scoppiò a ridere e mi diede una spintarella scherzosa.
"Ribadisco, vantati meno." obiettò sorridendo.
Mentre andai a cercare una maglia, la sentii borbottare qualcosa, poi quando tornai la vidi con il telefono all'orecchio.
"Sì, calmati Stress... Sì ti chiamo così perchè lo sei!... Comunque ho chiesto a Fede di portarmi a casa. Ora arrivo... Sì!, stai tranquillo."
La risposta dall'altra parte doveva essere abbastanza evidente, perchè Deborah alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
"Wow, per fortuna lo hai capito. Comunque cinque minuti e sono a casa.... Sì, anche io, ciao Marko."
Mise il telefono in tasca e mi guardò sospirando.
"Vero che mio fratello è uno stress?"
Sorrisi.
"Se lo dici tu."
Uscimmo di casa e aprii l'auto, quindi salimmo.
"Ricordi dove abito?" domandò.
"Uhm, sì, a grandi linee... Bè, se sbaglio strada me lo dici."
Lei annuì, poi misi in moto l'auto.
"Sarebbe il colmo eh. - commentò - Perdersi a Firenze."
"Guarda che io sono capace di tutto."
Lei fece roteare gli occhi e mi sorrise divertita.
"Immagino. Le cazzate ti riescono bene, eh?"
"Abbastanza."
Durante il tragitto sia io che lei canticchiammo sottovoce le canzoni in inglese che si sentivano alla radio. O meglio, io (forse anche lei) inventavo le parole perché non ci capivo un accidente.
Insomma, quante persone lo hanno fatto? Almeno tutti una volta nella vita.
Arrivati davanti a casa sua - so che tutti hanno pensato che avrei sbagliato strada, e invece no, ciao - sbloccai lo sportello per farla scendere.
"Ciao Deb." La salutai sfoggiando il più bel sorriso che possedessi.
"Ciao."
Fece per aprire la portiera, ma poi sembrò essersi dimenticata qualcosa. Infatti sbattè le palpebre e si voltò verso di me, poi mi sorrise.
"E... grazie. Per quello che hai fatto oggi. Sei stato gentile, come sempre." affermò.
Io la guardai accigliata.
"Che ho fatto?" chiesi confuso, più a me che a lei.
"Bè, lo hai detto tu... Non mi hai chiesto niente, e hai lasciato che mi sfogassi. - mi ricordò - Sai, a volte servono persone che stanno in silenzio, in questi momenti. Sembrano menefreghisti, ma non lo sono. Spesso basta avere una spalla su cui piangere, avere qualcuno che mentre ti sfoghi ti stringa a sè e ti accarezzi i capelli, dicendo di tanto in tanto che 'è tutto apposto'. È quello che hai fatto tu oggi. A volte, il silenzio e i gesti valgono più delle parole. Te ne sono grata, Fede."
Le sorrisi ancor di più.
"Sai che farei di tutto per vederti felice. Non voglio mai più vedere le lacrime sul tuo viso..."
Lei ricambiò il sorriso e si avvicinò, mi lasciò un bacio della guancia e scese. Prima di entrare, sulla soglia di casa, si girò ancora indietro a salutarmi con la mano, poi entrò.
Turbato, mi toccai la guancia, lì dove giaceva ancora il profumo delle sue labbra. Sorrisi. L'ultima volta che era salita in macchina con me ero stato io a cercarle un bacio, con la scusa 'devi pagare il pedaggio per scendere'. Stavolta invece, lei mi aveva dato un bacio, senza che glielo cercassi, come se fosse la cosa più normale al mondo.
Bè, per me non lo era. Forse era per quello che ero così contento durante il tragitto di ritorno.

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora