Per sempre, GionnyScandal

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Vorrei abbracciarti fino a farti male
E ti vorrei chiamare
Ma prima ti vorrei mancare

Deborah Pjaca
Il giorno seguente arrivò, il grande giorno. Il primo dicembre, da tutti i tifosi di calcio ricordato perchè era il giorno non di un match a caso, ma del match.
Fiorentina-Juventus.
Marko era in ansia. Non sapeva nè se avrebbe giocato, nè come sarebbe stato affrontare i suoi ex compagni, e aveva trasmesso la sua ansia a me.
O meglio, io già ero in ansia.
Motivo? Federico Bernardeschi veniva a Firenze, in qualche modo tornava da me e io non sapevo come sarebbe stato, se si sarebbe interessato a me o se avrebbe fatto finta di niente.
Ero davvero curiosa di vedere come sarebbe andata.
"È il momento..." furono le parole di Marko mentre gironzolava per casa.
"Marko?" feci preoccupata. Se ne usciva spesso con delle battute insospese, ma questa mi stupì.
"Per te, intendo. È il momento di vedere se si ricorda di te. Se ci tiene ancora a te." spiegò
"Dopo quella scenata del cazzo che ci ha fatto litigare? Nah, farà finta di niente. Farà lo stronzo. - risposi sedendomi sul divano - A che ora il ritrovo?"
"Tra mezz'ora al Campini."
"Sara meglio che ti prepari. Sia fisicamente che mentalmente." dissi, mentre salii in camera mia per cambiarmi.
Siccome la partita era alle 18.00, soprattutto verso la fine avrebbe iniziato ad esserci freddo, perciò indossai qualcosa di pesante.
Presi il portafoglio e il telefono e vidi un messaggio di Beatriz.
Cosa ti aspetti?
Sorrisi amara.
Che non mi calcoli nemmeno per sbaglio.
La risposta fu istantanea.
Pessimista. E se si dovesse prostrare ai tuoi piedi scusandosi e baciandoti davanti a tutti?
Non fu necessario pensare, ormai mi aveva ferita con quelle parole e, seppur gli volessi ancora un po' bene, non era tutto come prima.
Lo caccerei e gli direi che basta, ha già giocato la sua chance, che mi ha ferita e ora può anche andarsene.
Non sapevo da dove venisse quel rancore, ma sapevo che, sotto sotto, se lo era meritato.
Può anche andarsene perché tanto hai la fila, non c'è mica solo lui... un certo Federico Chiesa è in pole position...
Sbuffai sorridendo.
Vuoi smetterla? Tra poco siamo al Campini, svegliati che non ho voglia di aspettarti 🙄
Andai su Instagram e misi una storia, come si suole dire, 'breve ma intensa'.

InstaStory di @debpjaca_

Il messaggio era chiaro, lo avrei aspettato anche se sapevo che non si sarebbe fatto vedere

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Il messaggio era chiaro, lo avrei aspettato anche se sapevo che non si sarebbe fatto vedere.
"Deb!" urlò Marko dal piano di sotto.
"Arrivo!" gridai di rimando, quindi indossai le scarpe e scesi.
Uscimmo di casa e ci recammo al centro sportivo, dove il pullman della squadra era fermo davanti all'ingresso, pronto per accogliere tutti i giocatori.
Vidi Gio e Beatriz scendere dall'auto. Gli andai incontro.
"Grazie al cielo non sei stata la solita pigrona." dissi alla ragazza.
"Vedi di non sfottere tanto - mi ammonì - che se voglio posso benissimo lasciarti qui. Quella con la patente sono io."
Giovanni mi guardò e mi posò una mano sulla spalla.
"Sicura di voler salire nello stesso abitacolo di mia sorella?" domandò, mettendomi in guardia sulle precarie abilità di Beatriz, neopatentata.
"Smettila, so guidare. Non moriremo." disse fermamente Beatriz, mentre salutò con un cenno Marko, che si era avvicinato a noi.
Gio e Marko iniziarono, come loro solito, a sparare cazzate, ma furono interrotti dall'arrivo di Federico.
"Buongiorno bella gente. - disse - Ragazzi, dobbiamo andare."
"Buona fortuna." sussurrai a mio fratello, abbracciandolo.
"Anche io voglio un abbraccio." si lamentò Gio, quindi accontentai anche lui e, senza che me lo chiedesse, abbracciai anche Federico.
"Vi voglio carichi." sorrisi.
"Sissignora."
"Andiamo Deb. Seguiamo il pullman." mi invitò Beatriz.
Salimmo in macchina e Beatriz accese la radio a palla, che trasmetteva canzoni sudamericane che lei conosceva e cantava a squarciagola.
Arrivate allo stadio, io e Beatriz restammo per un po' sedute su una panchina fuori, poichè i cancelli per i tifosi non erano ancora aperti.
Parlammo del più e del meno, e come ogni santa volta, accennò a Federico Chiesa che, a suo parere, anche oggi prima di salire sul pullman non mi toglieva gli occhi di dosso.
"È perso... - mormorò con occhi sognanti - Ti servirebbe una distrazione."
"Un fidanzato non è una distrazione, sono due cose diverse. - notai - E anche se fosse, se continua a fissarmi, a me sembra più uno stalker che un innamorato."
"Magari è geloso di qualcuno... mi immagino un Fede geloso, che carino!" esclamò sorridendo.
Scossi il capo, non avrei mai capito davvero da dove venisse il suo sclero ma, visto che Gio è il re delle ship, come dicono in squadra, allora Beatriz ne è la regina.
"Guarda, hanno aperto. - indicai l'ingresso dei VIP - Entriamo."
Entrammo al Franchi e ci sedemmo ai nostri posti riservati. Osservai il campo da gioco, su cui viaggiava un trattorino, probabilmente per l'irrigazione del manto erboso.
Dopo un po' lo stadio iniziò a riempirsi, la curva Fiesole era sempre più gremita di tifosi e i giocatori della squadra avversaria, come al solito, passeggiavano sul campo parlottando.
Scorsi subito Federico. Impossibile confondere il suo passo, la sua flemma, il suo modo di torturare con le mani il filo degli auricolari che ha nelle orecchie piuttosto che tenerle in tasca.
"Eccolo."
Beatriz diede voce ai miei pensieri e me lo indicò.
"L'ho visto." risposi.
Tutti chiacchieravano e alzavano lo sguardo verso lo stadio quasi pieno, mentre lui se ne stava in disparte con la musica nelle orecchie fissando l'erba.
Divinamente interessante.
"Non alza lo sguardo verso le tribune." notò la mia amica.
Storsi il naso.
"Sa che sono qui. Non vuole vedermi negli occhi." dissi con semplicità.
"Ecco, ora rientrano in spogliatoio. Tra poco c'è il riscaldamento."

La lettura della formazione da parte dello speaker coinvolse tutto lo stadio, così come l'inno.
Le squadre entrarono e la partita iniziò.
"Parte dalla panchina. - mi disse Beatriz - Federico."
Indicai il numero venticinque che già correva spedito sulla fascia.
"Eccolo lì."
"Non lui. L'altro Federico."
Aveva ragione, Bernardeschi era in panchina. Almeno non ci avrebbe segnato contro.
Alla fine del primo tempo, stavamo sotto di un gol. Nella ripresa i ragazzi persero molti palloni, mollarono un po' la presa sulla partita e in questo modo, al 70', arrivò il secondo gol della Juventus.
Per coronare il tutto, ci fu anche il terzo, dopo circa dieci minuti, su rigore. Partita molto sentita e abbastanza corretta, soprattutto per il mazzo di fiori del capitano della Juventus Giorgio Chiellini portato per il nostro capitano, che è ancora con noi.
Alla fine, Federico è entrato e ha giocato gli ultimi dieci minuti.
Al termine del match, tutti i ragazzi della Juventus si accalcarono attorno a Marko, anche lui subentrato, per salutarlo.
Alcuni poi andarono sotto il settore ospiti, mentre altri restarono a chiacchierare e ridere con lui. Vicino a Marko arrivò Federico Chiesa, che scambiò un abbraccio con i giocatori della Juventus come di solito succede a fine partita.
Vidi Marko indicare vagamente lo stadio, quindi tutto il gruppetto alzare la testa verso la tribuna VIP e, vedendomi, salutarmi con la mano come forsennati, tra loro Miralem e Mario, i miei due migliori amici a Torino, e pure Federico, che faceva lo stupido come spesso succede.
Ricambiai, sorridendo a quella massa di idioti, e solo dopo notai Marko guardarmi e scuotere il capo.
Subito capii.
Mi guardai in giro, nel campo, e non vidi l'altro Federico.
"È entrato subito in spogliatoio. - rispose Beatriz leggendo la domanda nella mia mente - Non ha alzato gli occhi verso questa tribuna nemmeno una volta."
Sorrisi amara e guardai Beatriz.
"Non mi aspettavo che lo facesse, infatti. Nemmeno ci speravo. Usciamo dai, lo stadio si sta svuotando."
E, con quelle ultime parole, lasciammo lo stadio, io con ancora l'amaro in bocca per quegli occhi che sotto sotto volevo vedere ma che non ho incrociato.

Ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia 😘

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora