Come un pittore, Modà

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Azzurro come te, come il cielo e il mare
E giallo come luce del sole
Rosso come le cose che mi fai provare

Federico Chiesa
"Cazzo."
L'imprecazione a denti stretti fu l'unica cosa ad uscire dalla mia bocca, dopo aver sbattuto violentemente la porta dello spogliatoio della squadra ospite del San Paolo di Napoli.
Avevamo perso uno a zero, aveva segnato Lorenzo Insigne al 79' e avevamo perso l'occasione di avere i tre punti.
"Hai ragione. Cazzo." mi diede corda Valentin.
"Scusate. - disse Marko desolato, mentre sospirando si toglieva le scarpe - Sono entrato dopo il gol. Avrei dovuto fare di più."
"Non è colpa tua." replicò Gio.
"Esatto. - lo appoggiò German - È colpa di tutti, e ognuno si prende le sue responsabilità. Davide avrebbe detto così. Perdonatemi, ma non sono ancora in grado di essere capitano al cento per cento... Seguo i suoi consigli."
"Davide dice ancora così. Scommetto che ora ci sta dicendo che lui è con noi anche se abbiamo perso." borbottò Jordan.
Silenziosi restammo in spogliatoio per un po', erano le nove quando uscimmo e presimo il pullman che ci avrebbe riportati a Firenze.
Il viaggio fu noioso, nessuno aveva voglia di ridere o scherzare ed eravamo tutti stanchi morti: più di metà squadra si era addormentata dopo solo mezz'ora di viaggio.
Non ero seduto accanto a Giovanni, ma vicino a Marko perchè, come mi aveva suggerito Giovanni stesso, magari sarei riuscito ad attaccare bottone con lui e avrei potuto estrapolare qualcosa dalla sua bocca, magari qualcosa che riguardasse Deborah.
Vidi però che il croato non era molto propenso a parlare, ma mi bastò guardare con la coda dell'occhio sul suo telefono per scoprire qualcosa di utile (forse).
Infatti il telefono gli vibrò il mano, e lo risvegliò dallo stato di dormiveglia.
Potei vedere la scritta:
Nuovo messaggio da: NoGood 💪
Il messaggio non era così articolato, era molto semplice.
Ha detto che la chiama.
Marko espirò e digitò velocemente.
Lui? Come lo sai?
La risposta arrivò in un lampo.
Sì, lui. Me lo ha appena scritto.
Marko annuì anche se dall'altra parte del telefono il mittente del primo messaggio non avrebbe mai potuto vederlo. Vidi la chat precedente, era del giorno prima, e quello dall'altra parte aveva scritto:
Speriamo bene. E buona fortuna per domani 😉
Visto il nome e la foto profilo, che anche se era piccola si riconosceva benissimo, capii che quello era Mario Mandzukic, il giocatore della Juventus e connazionale di Marko. In effetti il croato poco tempo fa mi aveva detto che si sentiva ancora con il diciassette bianconero, forse anche perchè erano della stessa nazione e avevano conquistato l'argento mondiale insieme.
Mi dispiace per la sconfitta. - recitava il secondo messaggio - Però non hai giocato male.
Grazie Mario.
La risposta di Marko confermò l'identità di chi si celava dall'altra parte del telefono.
Marko cambiò chat e andò su quella con sua sorella.
Sis giuro che tra due ore e qualcosa sono a casa 💕
I messaggi prima risalivano a questa mattina, visto l'orario scritto in basso.
Sicura che stai bene? - diceva il messaggio di Marko.
Sì. Stai tranquillo bro e gioca bene stasera 😘
Avevo letto alcuni messaggi, Marko non sembrava intenzionato a mollare il cellulare e quindi voltai la testa dall'altra parte, rivolgendola al finestrino, fuori dal quale il buio della notte impediva di vedere il paesaggio.
Chiusi gli occhi e feci un sonnellino. A risvegliarmi fu appunto Marko che, sorridendo, mi aveva comunicato che eravamo arrivati.
Mancavano venti minuti alle tre di notte quando raggiunsi la macchina lasciata nel parcheggio del centro sportivo questa mattina, quando eravamo partiti.
Giunsi a casa in poco tempo e, senza nemmeno togliermi i vestiti e indossare i pantaloni del pigiama, mi lasciai andare sul letto e mi addormentai all'istante.

Special Point Of View: Marko Pjaca
In macchina raggiunsi casa in pochi minuti. Entrai, chiusi la porta e mi fermai in cucina a mangiare una mela. Era da prima della partita che non toccavo cibo e stavo morendo di fame. Cercai di non fare rumore visto che mia sorella era a dormire e non volevo svegliarla.
Pensai a lei. Mario mi aveva scritto che stava andando bene, Federico l'avrebbe chiamata e avrebbero chiarito.
Da quando sono venuto via dalla Juve, Mario mi scrive ogni giorno e parliamo di tutto, del calcio, della vita privata e della questione delicata Berna-Deb.
Tutta la squadra era rimasta scossa quando i due si sono lasciati, uno di quelli che non riusciva a credere alla cosa è stato Mario, che era uno dei migliori amici, oltre che miei, anche di Deborah e non avrebbe mai immaginato che una come mia sorella rinunciasse a Federico, che rinunciasse a quel ragazzo che tanto aveva faticato ad amare, che la faceva sentire la persona più felice del mondo.
Dal canto suo, da quando si è lascito con mia sorella, Federico è molto diverso, lo dice tutta la squadra, come mi riferisce Mario, il ragazzo si confessa sempre con lui, e lui lo ascolta e mi racconta tutto, perché gli avevo detto che volevo sapere come stesse Federico dopo la rottura, mentre Mario vuole sapere come sta Deborah.
Nonostante, a primo impatto, possa sembrare un senza cuore, Mario è un tenerone e se conosciuto a fondo è un amico fedele. Era stato lui infatti, insieme a Miralem, a far affrontare la realtà a Deborah, a farle capire che, benchè lo negasse a sè stessa, era innamorata di Federico. Erano stati loro ad aiutarla a farsi notare dal ragazzo e a collaborare al loro fidanzamento.
Oltre che per tutta la squadra, per Mario in particolare era stato un colpo basso sapere che sarei andato via, e con me anche Deborah, perchè si era preso a cuore mia sorella, e sotto sotto mi aveva confidato di pensare che la coppietta Deborah-Federico fosse molto affiatata ed erano, come aveva detto lui, molto pucciosi e carini.
Nonostante questo io lo ritengo normale.
Finito lo spuntino delle tre di notte salii e vidi, in camera, mia sorella che dormiva beatamente sul fianco al centro del letto, con il sorriso sul volto, il telefono accanto alla mano destra. Sperai stesse facendo un bel sogno.
Non volli sdraiarmi nell'altro posto del letto, perchè l'avrei svegliata e avrei rotto quella quiete che regnava nella sua mente e sul suo volto in quel momento.
La lasciai sola e scesi in salotto, mi sdraiai sul comodo divano e dormii lì.

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora