Sugar, Maroon 5

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I just wanna be deep in your love 
And it's killing me when you're away 

Deborah Pjaca
Sorrisi all'affermazione di mio fratello appena perché un tram sotto cui buttarmi non c'era.
"Non è il momento di dire cazzate Marko. Sto per tornare a Torino e non ti vedrò per tre giorni, non voglio che tu dica idiozie nelle ultime ore in cui siamo insieme." lo ripresi. Come poteva essere vera una roba simile?
"Ma... È vero..." si giustificò perplesso.
"Non mi importa." lo interruppi bruscamente, non volevo più sentire la parola 'amore'. Ormai era diventato un vocabolo estraneo per me.
"Possiamo andare? - domandai a Marko dopo un po' di silenzio, quando ebbi pulito la bocca nel tovagliolo - Domani mi aspetta un lungo viaggio, vado a letto presto così riposo."
Marko acconsentì, quindi lasciammo il tavolo, pagammo le due pizze e uscimmo dal ristorante.
In pochi minuti fummo a casa, quindi impostai la sveglia sul telefono per le sette, lasciai accanto all'uscio di casa la valigia e una borsa con dentro un libro, il portafoglio, l'iPad e gli auricolari da utilizzare per il viaggio e misi il pigiama.
Erano nove e mezza passate da qualche minuto quando salutai mio fratello e andai a letto.
"Ti accompagno alla stazione, domani. - mi informò - Quindi mi sveglio pure io alle sette."
"Okay. Grazie per tutto Marko."
Mi misi in punta di piedi per abbracciarlo, e lui mi baciò la fronte.
"A domani, sis."

Il suono della sveglia mi fece interrompere i sogni. Mi alzai e andai a svegliare mio fratello, nella camera accanto.
"Ehi Bro. - sussurrai dolcemente dandogli un bacio sulla guancia - Svegliati."
Brontolando controvoglia, uscì dal letto e andò in bagno, mentre io scesi per preparare una rapida colazione.
Mangiammo e poi tolsi il pigiama e indossai i vestiti che avevo preparato nell'armadio ieri sera, quindi presi la valigia e la borsa, caricai tutto sulla macchina e partimmo verso la stazione di Firenze.
Raggiunsi a piedi il binario, seguita da mio fratello.
Quando chiamarono il treno per Torino, salutai ancora mio fratello e, con i bagagli, raggiunsi il treno.
Siccome avevo una valigia relativamente piccola, mi fu concesso di tenerla con me durante il viaggio, quindi obliterai il biglietto e presi posto.
Estrassi gli auricolari e ascoltai un po' di musica, per lo più i brani di Ultimo, che colmavano tutte quelle incertezze che si erano presentate nella mia testa nell'ultimo periodo.
Impossibile non mettere una frase sulla mia storia Instagram, una di quelle a cui mi ero affezionata sin dal primo ascolto e che diceva chiaramente di mettersi in gioco nonostante difficoltà e pregiudizi.

InstaStory di @debpjaca_

Fissai fuori dai finestrino, immaginando come sarebbe stato rivedere Federico dopo così tanto tempo, dopo quasi due mesi

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Fissai fuori dai finestrino, immaginando come sarebbe stato rivedere Federico dopo così tanto tempo, dopo quasi due mesi.
Ad un certo punto mi vibrò il telefono in mano: nuovo messaggio. Lui.
Ehi Deb, sai dove sei più o meno?
Guardai ancora fuori dal finestrino, cercando un cartello o qualcosa che mi facesse capire dove fossi, ma nulla, solo campi.
Non lo so, sono in viaggio da quasi due ore però...
La risposta non tardò ad arrivare.
Dovresti essere qui per mezzogiorno... Io ho chiesto al mister di non fare allenamento oggi e di non convocarmi per la partita di domani, quindi quando arriverai alla stazione io sarò lì 💕
Risposi al messaggio ringraziandolo, e annoiata presi il libro che avevo nella borsa e ne lessi qualche capitolo.
Mancava meno di un'ora di viaggio quando mi venne fame, perciò presi un pacchetto di cracker e lo mangiai - nell'evenienza avevo deciso per mettere nella borsa anche qualcosa da mangiare, ed era servito, in effetti.
Quando finalmente vidi comparire, fuori dal finestrino, la sagoma della Mole Antonelliana, sospirai di sollievo.
Sì, cazzo, era ora.
Alla stazione Lingotto di Torino, il treno si fermò. Presi valigia e borsa e scesi, poi chiamai Federico.
"Pronto Deborah?"
"Fede sono io, sono appena arrivata alla stazione. - dissi camminando svelta e spintonando la gente per riuscire a uscire dal grande traffico di persone che cercavano il loro binario - Sto... sto cercando l'uscita, tu dove sei?"
"Io sono... Io sono fuori. L'uscita è una sola. Io sto più spostato, in un parcheggio alla tua destra. Hai presente la mia macchina, no? È l'unica che c'ha i vetri oscurati."
"Okay, dammi tempo dieci minuti e dovrei riuscire a trovarti."
Riattaccai e sistemai la borsa sulla spalla destra, mentre tirai il trolley con quella sinistra. Quando fui all'uscita, guardai verso destra, dove mi aveva indicato Federico.
Vidi, infatti, una Jeep dai vetri oscurati. Sorridendo mi avviai verso di essa. Aprii il baule che venne sbloccato dall'interno, vi caricai il trolley, lo richiusi, poi aprii lo sportello del lato passeggero e salii, quindi osservai il ragazzo al lato guida. Era identico all'ultima volta in cui l'avevo visto: i capelli un po' cresciuti, gli occhi tremendamente verdi che avevo imparato ad amare, e quel sorriso che mi faceva sentire la ragazza più felice della Terra.
"Federico." esordii sorridendo al culmine della felicità.
Lui mi guardava e sorrideva, come se non si saziasse di guardarmi, come se credesse che io fossi ancora la stessa, la ragazza 'sua e di nessun'altra'.
E, in effetti, volevo credere anche io di esserlo. Ma sapevo, anzi sapevamo, di non essere più gli stessi. E anche i nostri sentimenti non lo erano più.
"Deborah. - sussurrò sorridendo - Ah! Sei ancora come ti ricordavo... bella come ti ricordavo."
Sorrisi lusingata. Sapeva essere ancora un grande corteggiatore.
"Anche tu. Anche tu sei come ricordavo. Tu sei sempre stato lo stesso fantastico ragazzo." risposi guardandolo negli occhi. Ci avvicinammo l'uno all'altra, ma a pochi centimetri ci fermammo.
Lui sospirò e si grattò la nuca, come faceva quando era incerto e imbarazzato.
"Lo... vuoi davvero?" chiese flebile.
"Non lo so Fede." replicai a mia volta.
Lui scacciò tutti i pensieri e azzerò la distanza, dandomi un rapido bacio sulle labbra, che suonava, in realtà, come un bacio d'addio, anche se ci eravamo appena ritrovati, perchè, sotto sotto, lo sapevamo entrambi, che quello sarebbe stato, molto probabilmente, l'ultimo bacio sulle labbra che ci saremmo dati.
O comunque, l'ultimo da innamorati.
Perchè, in quel momento, lo avevo capito con certezza: anche se non come prima, ero ancora innamorata di lui, e lui di me. Ma non lo sarebbe stato ancora per molto.

Ehi, ecco il capitolo nuovissimo scritto proprio questa mattina!
Spero vi piaccia

𝐒𝐄𝐍𝐙𝐀 𝐒𝐎𝐅𝐅𝐑𝐈𝐑𝐄 || Federico ChiesaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora