Capitolo uno.
Ero nella mia piccola e discreta Mini Cooper regalata al mio diciottesimo compleanno da mia madre prima che andò via per sempre, ma solo fisicamente. Avevo sempre ammirato la forza di mia madre, mi aveva cresciuta da sola, mio padre la abbandonò quando seppe che era in dolce attesa di me. Mi ero sempre sentita la causa di ogni male, infondo era colpa mia, mia madre mi diceva continuamente che io ero la sua ancora di salvezza, era una gran donna, mi aveva cresciuta con sani principi, sapevo cosa significasse per lei la mia educazione. Aveva fatto sacrifici per farmi studiare e diplomare, lavorava tantissimo per non farmi mancare niente, aveva il volto costantemente pallido e segnato continuamente dalla stanchezza del lavoro, i capelli chiaramente castani raccolti sempre in una coda alta, avevo imparato da lei a lottare, negli ultimi due anni mi ero costantemente presa cura di lei, le avevano diagnosticato una leucemia qualche mese dopo del mio diciottesimo compleanno. In due anni l'ho trattata come lei ha trattato me in diciotto. Ero completamente orfana ora, all'età di vent'anni, girovagando per le strade New Yorkesi, avevo lasciato San Diego una città della California, per venire a New York, vivevo nella metropoli più grade del mondo da più di un mese, avevo un discreto lavoro in una piccola caffetteria nel Bronx, si dicevano così tante cose brutte su quell'area di New York ma come in ogni parte del mondo dipendeva dalle zone, il south bronx era malfamato con un tasso di criminalità molto alto, ma per mia fortuna non avevo trovato casa lì. Era una piccola dimora in Elm St. Una piccola casa celeste a due piani accompagnata sulla sinistra da un piccolo giardino dove stendevo ad asciugare i miei panni. Quando avrò avuto più dollari la prima cosa che acquisterò sarà sicuramente un'asciugatrice. Non mi lamentavo della mia vita, avevo abbastanza soldi per sopravvivere, in casa avevo anche una piccola mansarda, ma come tutte le persone normali sentivo anch'io il bisogno di soddisfare dei bisogni secondari, ma per ora, non era possibile. Il mio lavoro era sulla 30W Lincoln Ave, MT Vernon, era una discreta caffetteria americana gestita da marito e moglie, i signori Peterson, non so per quale miracolo mi avessero assunta. Miss. Peterson mi spiegò sempre che loro erano anziani e avevano bisogno di un aiuto, lei mi adorava, diceva continuamente che ero in gamba e sprecata per fare la cameriera ma non avevo alternative.
Ero arrivata a lavoro, avevo indossato la divisa ed ero pronta a servire nuovi clienti. Ero dietro al bancone a giocare con le punte dei miei capelli, la porta si aprì bruscamente e apparve un ragazzo abbastanza alto, i suoi folti capelli biondi erano nascosti da un capellino con il berretto rosso, si sedette gentilmente in un piccolo tavolino vicino alla finestra. Mi avvicinai al suo tavolo con il blocchetto delle ordinazioni.
''Cosa le porto?''
''Dammi del tu'' disse il biondino
''Cosa ti porto''
''Un thè caldo alla pesca e un cornetto alla crema.''
Annuii e andai a preparare la colazione al biondo. Rose e Mike servivano altri clienti, poco dopo presi il vassoio e lasciai gentilmente la roba ordinata sul tavolino, poggiai lo scontrino sul tavolo.
''Viene cinque dollari puoi pagare dopo alla cassa'' dissi indicandogli la cassa, annuii e lo lasciai mangiare tranquillamente la sua colazione.
Ero tornata nella mia postazione e iniziai ad osservare il ragazzo biondo che controllava il suo smartphone insistentemente, forse stava aspettando una chiamata, magari della sua ragazza. Ero convinta di avere un'idea morbosa dell'amore, il problema era che io non credevo nelle persone non nell'amore; avevo avuto qualche relazione in passato se così si possono definire, anche abbastanza lunghe, non mi impegnavo seriamente con qualcuno da quando avevo sedici anni, mi ero frequentata con vari ragazzi, ci ero uscita per un caffè, o andata al cinema e magari pure in qualche locale, ma non era scoppiata quella scintilla che forse sarebbe scoppiata con il tempo, volevo sentire qualcuno vicino a me, ma ogni volta che uscivo con qualcuno riuscivo a sentirlo sempre distante, come se stesse solo passando del tempo inutile e mi avesse chiesto di uscire solo per noia, non andavo mai oltre il secondo appuntamento, chiudevo con loro con stupidi post-it lasciati sui frigoriferi delle loro case,messaggi su whatsapp o scuse da vera bugiarda di persona, forse era per questo che ero scappata da San Diego, per trovare l'amore, ma era dura vivere in una grande metropoli al giorno d'oggi, portare ogni giorno il piatto a tavola era un guerra, la paura mi avvolgeva lentamente, quando avrei avuto una famiglia come avrei fatto se è già assai se riesco a sfamarmi da sola? Le mie paranoie furono interrotte da Ethan un uomo di mezz'età che ogni mattina veniva a fare colazione qui prima di andare a lavoro.
''Ciao scricciolo, si è proprio un bel ragazzo, bello quanto ricco'' disse sorridendo e indicando con gli occhi il biondo, non mi ero resa conto che avevo pensato a tutte quelle cose fissandolo, magari si era alzato anche a guardarmi ogni tanto e mi aveva trovata intontita a fissarlo.
''Oh no, Ethan, mi ero solo incantata'' dissi sorridendo ''se è ricco come mai è in questo bar? E poi che ne sai che è ricco?'' chiesi confusa.
''Mia moglie è una fan sfegata della direttrice della rivista ''Everything is USA'' nonché la mamma del biondo.''
''Oh'' feci un sospiro pensando a quanto sia facile la vita per lui ''anch'io ogni tanto la leggo, scrivono degli articoli piuttosto interessanti.''
''Si anche io ne ho letti alcuni'' disse Ethan sorridendo
''Buon per loro, torniamo alle nostre discrete vite, vuoi il solito?'' Dissi sorridendo
''Hai dubbi?'' La risposta di Ethan mi fece ridacchiare.
Gli diedi il caffè e la solita ciambella al cioccolato e iniziò a mangiarla al bancone. Il biondo si avvicinò e mi diede dieci dollari, misi la banconota nella cassa estraendo a mia volta una cinque dollari per il resto.
''Ecco a te'' dissi sorridendo
''Buona giornata Zoe'' rispose.
Come sapeva il mio nome?
''Aspetta'' urlai, il biondino si girò confuso
''come sai il mio nome?'' chiesi imbarazzata
''Beh, c'è l'etichetta sulla tua maglia'' disse sorridendo
''Oh'' dissi osservando subito dopo l'etichetta.
Sentii pronunciarlo un ''buona giornata'' ridendo ancora per la mia figura da impacciata e poi sparire dal negozio, lasciando l'ego della sua calda risata.