Capitolo 8

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«Lorè, ma tutto a posto? Prima fai i guai e poi lo vuoi da me?» chiedo stizzita.

«Ja, ma che guai e guai, è solo un piccolo piacere» avvicina pollice e indice per indicare la "piccolezza" del favore che mi ha appena chiesto.

«No!» esclamo categorica.

«Davvero dici di no al tuo adorato fratellino?» si avvicina al mio viso e fa il labbruccio.

Giro il volto dalla parte opposta perché so perfettamente, come lo sa anche lui, che quando Lorenzo mi fa il labbruccio io cedo sempre. È sempre stato così, fin da piccoli.

«Nemmeno per la tua cognatina preferita?» fa la voce da bambino e sento la mia determinazione svanire, tanto che mi scappa un leggero sorriso.

Vedere il grande (si fa per dire) Lorenzo Insigne che ti implora è uno spettacolo più unico che raro.

«E va bene» sbatto il piede a terra e incrocio le braccia al petto, per esprimere il mio disappunto.

So già che me ne pentirò.

«Marò, comm t'amm» mi stampa un bacio sulla guancia e corre in camera dai figli, dove si trova anche Jenny.

Quel bambinone di mio fratello ha organizzato una cena a sorpresa per Jenny, dato che domani è il suo compleanno e mi ha chiesto di tenere Christian e Carmine. Per me non è un problema, assolutamente...se solo non mi avesse chiesto di fare compagnia a Dries.

Dice che da quando si è lasciato con la moglie non lo vede sorridere come una volta, ma io che dovrei fare? Mica sono Pollon con la polverina magica.

Da quella mattina abbiamo evitato ogni tipo di contatto, a stento ci diamo il buongiorno e davvero non so come farò a passare un'intera serata in sua compagnia.

Io sono convinta che Dries abbia solo bisogno di uscire e divertirsi con gli amici, non ha bisogno di altro.

Devo dire ai ragazzi, dopo la partita contro il Parma, di organizzare qualcosa per farlo distrarre un po'. Magari qualcosa in cui è compreso tanto tanto alcool.

Finisco di prepararmi ed esco di casa per andare da Andrea, uno dei ragazzini a cui dò ripetizioni di inglese.

Decido, come quasi sempre ultimamente, di andare a piedi.
Camminare mi aiuta a pensare e spesso durante questi lunghi tragitti ho trovato soluzioni ai drammi peggiori.

Ma il dramma chiamato Dries Mertens sembra non avere soluzioni.

Non lo capisco. Non capisco il perché dei suoi comportamenti, dei suoi gesti e delle sue parole.

Certo, io non ho migliorato la situazione dicendo che per me è come tutti gli altri ragazzi, ma cos'altro avrei dovuto fare?
Accettare in silenzio un suo rifiuto? Non esiste!

Arrivo da Andrea e, dopo che la madre mi ha fatto entrare mi accomodo in soggiorno, dove di solito svolgiamo le nostre lezioni.

Prima erano i ragazzini a venire a casa mia, ma da quando mi sono trasferita da Lorenzo ho deciso di essere io ad andare da loro. Non sarebbe stato piacevole avere la casa pieni di tifosi del Napoli che pagavano le ripetizioni solo per vedere Lorenzo Insigne.

«Hey Manu» mi saluta Andrea con un cenno della mano.

Lo conosco ormai da due anni e ci ho abbastanza confidenza, ma lui non si è mai sbilanciato più di tanto. È un ragazzo serio e di sicuro andrà avanti nella vita.

Cominciamo la nostra lezione, ma lui sembra molto distratto. Ha lo sguardo perso e controlla in cellulare ogni cinque minuti.

È un ragazzo di 16 anni, quindi il motivo può essere solo uno.

«Come si chiama?» gli chiedo mentre chiudo il libro con forza per attirare la sua attenzione.

«Chi?» aggrotta le sopracciglia e mi guarda sorpreso.

«Quella che non ti fa studiare» porto le mani sotto il mento e gli dedico tutta la mia attenzione.

«Chiara» dice il suo nome sospirando e io sorrido per la sua dolcezza.

«Che è successo?» chiedo ancora.

«A me piace veramente tanto, non dico di essere innamorato ma poco ci manca» comincia il suo discorso con la testa chinata, come se avesse vergogna di far trapelare le sue emozioni.

«E lei?» chiedo poggiandogli una mano sulla spalla.

«Non lo so, sembra di un altro mondo» si acciglia e dalla sua voce riesco a percepire tutta la sua tristezza.

«Ti capisco» annuisco.
Mi sembra così simile alla mia situazione con Dries.

«Ma chi ti rifiuterebbe mai a te, Manuè» mi colpisce scherzosamente il gomito.

«Nu scem» riesco a strappargli una leggere risata.

«Ma perché ci innamoriamo sempre di chi non possiamo avere?» si intristisce ancora di più e mi si stringe il cuore a vederlo così.

Rimango qualche attimo in silenzio, non riuscendo a trovare le parole giuste, ma poi decido di dargli l'unica risposta adatta. 

«Ti senti più soddisfatto quando prendi un 7 in matematica, materia in cui vai benissimo, o in inglese in cui fai alquanto pena?» gli chiedo, cercando di smorzare l'atmosfera che si era creata.

«In inglese» risponde confuso, non riuscendo a capire dove io voglia andare a parare.

«E lo stesso discorso va fatto per l'amore: è più bello innamorarsi di una persona che ti rende le cose facili, di cui magari un giorno potrai stancarti, o di una persona che ogni giorno ti propone una nuova sfida?» gli chiedo ancora.

«Ma mo sij pur filosof?» mi chiede ridendo.

«A quanto pare» gli sorrido sincera.

Passiamo il resto del pomeriggio a parlare, senza pensare all'inglese.
Mi ci voleva una giornata del genere e esco da quella casa con un enorme sorriso che si spegne subito non appena noto una macchina parcheggiata fuori al cancello.

«Sali» mi dice semplicemente, come se fosse un ordine.

«Ma vavattenn» rispondo con la finezza tipica degli Insigne.

«Manu, sono serio, dobbiamo parlare» scende dall'auto e si avvicina a me.

«Come l'ultima volta?» sorrido amaramente mordendomi la lingua per il nervoso.

«Sali o no?» insiste, ma io non mi arrendo.

«No» faccio un cenno con il capo, per sottolineare la mia risposta.

«Bene» mi guarda con aria di sfida, per poi fare l'impensabile.

»Spazio autrice
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Nonostante tutti i nonostante » Dries Mertens Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora