Capitolo 7

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Giro per la casa come un leone in gabbia da almeno una decina di minuti.
Dries mi ha mandato un messaggio  un quarto d'ora fa, dicendo che lui già è fuori al bar e che aspetta solo me.

Voglio andarci per togliermi ogni dubbio, ma ho una paura tremenda. Posso avere tutto ciò che sto aspettando da tanto tempo, delle risposte da parte sua, ma allora perché sto esitando così tanto?

Forse ho paura che mi dica che mi vede solo come una bambina; che tutto ciò che ho pensato fino ad ora è stato solo frutto della mia immaginazione.

«Basta Manu, adesso tu esci da questa casa e affronti la realtà. Tu non sei una codarda, non lo sei mai stata e mai lo diventerai» punto l'indice contro  il mio riflesso e poi scoppio a ridere.

Sembro una pazza, il migliore amico di mio fratello mi rende pazza.

Prendo le chiavi della mia 500L, ma poi le rimetto al loro posto. Preferisco camminare, in modo da chiarirmi bene le idee e anche per rimandare il più possibile questo dannato incontro.

Esco di casa e i miei piedi camminano quasi in maniera meccanica, mi sento come se non avessi più il comando del mio corpo.

E se vuole dirmi di lasciarlo stare per sempre, che non devo nemmeno più rivolgergli la parola? No, non ce la farei mai.

Arrivo al bar, ma di Dries non c'è traccia. Mi guardo intorno ancora una volta, ma continuo a non vedere quel piccolo belga che tanto adoro.

Dovevo aspettarmelo, in fondo é dell'incoerenza fatta in persona che stiamo parlando. Certo, io ho fatto quaranta minuti di ritardo, ma che gli costava aspettarmi?

Prendo un respiro profondo e cerco di trattenere la delusione, anche se è davvero difficile.

Vorrei andare sul lungomare per migliorare il mio umore, ma sento che nemmeno il mio adorato mare in questo momento potrebbe risollevare il mio stato d'animo.

«Manu» sento bisbigliare.

Mi giro, ma non vedo nessuno di mia conoscenza quindi ignoro la cosa e esco da quello che, da oggi, è il peggior bar del mondo.

«Manu, aspetta» mi sento tirare per un braccio e sono già pronta a colpire a sangue chiunque abbia osato toccarmi, ma poi mi volto e un sorriso nasce sulle mie labbra.

«Perché sei conciato così?» indico il suo cappellino e i suoi occhiali da sole.

«Non voglio che ci vedano insieme» dice con nonchalance.

Io, invece, sento tutta la felicità di poco prima svanire, lasciando spazio a una rabbia incontrollata.

«Potevamo anche non vederci se proprio non vuoi farti vedere con me» mi ritraggo dalla sua presa e passo la mano sul punto in cui mi ha toccata.

«Ti ho fatto male?» chiede preoccupato indicando il braccio.

«Sì, tu mi fai sempre male e non te ne rendi conto» vorrei tanto rispondere ma, fortunatamente, ho ancora un briciolo di dignità.

Scuoto leggermente la testa e lo guardo con disprezzo. Non vorrei comportarmi in questo modo, ma le parole che mi ha detto mi hanno fatto male.

«Dai, non mi guardare così» dice con quel suo tono dolce e, ancora una volta, sto per cedere.

«E comm t'aggia guardà, scusa?»
parlo in dialetto, segno che sono arrivata al limite.
«Hai detto che non vuoi farti vedere con me» sorrido di sbieco.

«Manu, ma che hai capito?» alza leggermente il tono di voce «Ma perché sbaglio sempre tutto» si passa le mani sul viso e io mi prendo un attimo per ammirarlo.

Nonostante tutti i nonostante » Dries Mertens Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora