🏅16 in #dylanobrien
Sara Martin, originaria di Los Angeles, vive a New York da qualche anno. Futura ragazza in carriera fidanzata con un futuro imprenditore
Dylan O'Brien, sbruffone e arrogante pieno di se vive a Los Angeles e non é in grado di ge...
Quella mattina apri gli occhi guardando attraverso la tapparella il sole che stava sorgendo e che stava disegnando delle piccole fessure sul mio corpo. Il mio respiro fu la prima cosa che riuscii a sentire, seguito da quello di Newt che si trovava sdraiato sul materasso ai piedi del divano dove avevo dormito io. Quella mattina non sentii la sveglia perchè non l'avevo puntata, d'altra parte non la puntavo mai il Sabato e la Domenica perchè io e Tyler avevamo i giorni liberi. Cercai di indovinare che ore fossero ma a giudicare dal silenzio che regnava sovrano nella strada doveva essere presto. Presi il cellulare tra le mie mani cercando di capire se qualcuno, chissà chi mi aveva mandato un messaggio ma rimasi delusa perchè nessuno mi aveva scritto un messaggio di buongiorno, ne di buonanotte. E pensare che appena vado a dormire o appena mi sveglio la mente va subito ad incontrare le persone a cui voglio bene. Posai il telefono a lato del divano e guardai Newt mentre dormiva perchè aveva assunto una posizione buffa che mi fece sorridere. Non capivo come mai quel ragazzo non avesse ancora trovato una ragazza. Mi alzai lentamente cercando di non svegliare nessuno e andai verso la cucina cercando di trovare l'occorrente per ripararmi un caffè bello forte. Quella mattina avrei dovuto studiare. Non dovevo dimenticarmi che entro poco avrei dovuto affrontare un esame di filosofia bello tosto e che non mi ero ancora avvantaggiata su niente se non su Freud. - Sorseggiai il mio caffè con lo sguardo perso nei vuoto pensando a quanto fosse amaro. Non ricordo esattamente quando iniziai a bere il caffè amaro ma ricordo perfettamente che era una metafora: Più il caffè era amaro, più ti abituava ad affrontare l'amarezza della vita stessa. Era strano come una ragazza della mia età avesse una visione così pessimistica della propria vita, ma quando succedono brutte cose non hai scelta. O risali con la consapevolezza di riuscire a cambiare o affondi con le incertezze dei tuoi errori. Io optai per la prima e fui grata della scelta che decisi di prendere. "Già in piedi?" Quella voce mi fece balzare facendomi rovesciare il caffè sulla maglietta che Newt mi aveva prestato la sera prima. "Perchè spunti nei momenti meno adatti?" Mostrai la maglietta a Dylan che rise quando notò la grande macchia di caffè su di essa. "Devi farci l'abitudine" sorrise stringendosi nelle spalle mentre io iniziai ad andare verso il piano di sopra.
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"Aspetta, dove vai?" Chiesa Dylan toccandosi la nuca. "A cambiarmi la maglietta, posso o vuoi venire anche tu?" Risposi sarcastica ottenendo la classica risposta che solo un tipo come Dylan O'Brien avrebbe potuto dire. "Ha tutta l'aria di essere un invito" sorrise malizioso, ma ottenne in risposta solo una scrollata di spalle e gli occhi al cielo da parte mia. - Iniziai a cercare tra le magliette di Newt, ma senza trovare niente optai per rimettermi i vestiti che avevo messo il giorno precedente, poi una volta arrivata nella mia stanza mi sarei fatta una doccia e mi sarei cambiata. Indossai i pantaloni blu e la maglietta bianca poi presi la borsa che si trova per terra e uscii dalla stanza di Newt. Fuori dalla stanza trovai Dylan che mi fece sobbalzare a causa della sua presenza. "Mi segui ora?" Chiesi al moro che si grattò nuovamente la nuca. Sembrava che facesse quel gesto solo quando si sentiva in imbarazzo, ma perchè si doveva sentire in imbarazzo? "No, certo che no" rispose con tono ovvio mentre io iniziai a scendere le scale. " Dove vai?" Chiese Dylan facendomi fermare e sorridere di fronte a me senza che lo notasse. "Avevi detto che non mi seguivi o sbaglio?" Chiesi voltandomi verso di lui. "Io non ti sto seguendo, sto solo chiedendo. E' diverso" sorrise soddisfatto. LA soddisfazione nel suo volto era probabilmente dovuta solo al fatto che fosse riuscito per l'ennesima volta a fermarmi. "Devo andare a casa a studiare, tra poco ho un esame che mi farà annullare anche la vacanza con il mio ragazzo" risposi atona cercando di non far trapelare quanto in realtà fossi dispiaciuta di non poter andare in vacanza. "Ah già, il damerino" rispose malizioso puntando i suoi occhi nocciola su di me. "Smettila O'Brien" gli intimai. "Fammi smettere, Martin" sorrise di nuovo, stavolta non notai malizia nel suo sguardo. "Ti piacerebbe mio caro" scoppiai in una risata tappandomi la bocca una volta essermi ricordata del fatto che tutti dormissero. Scesi le scale facendo un cenno con la mano al ragazzo dietro di me a mo' di saluto. Lasciai un biglietto scritto per Newt in cucina dove avevo scritto che mi scusavo per non aver aspettato e mi diressi verso casa mia. - Continuai a camminare e dopo mezzo miglio sentii un'auto venire dietro di me. Mi voltai a vidi un'Audi nera che aveva accostato, era la macchina di Dylan. "Sali" disse aprendo la portiera per me. "Voglio camminare" risposi senza guardarlo continuando a camminare. "Arriverai molto prima e studierai almeno un capitolo in più" mi fermai e lo guardai mentre aveva stampato sul volto quel sorriso sornione tipico della sua persona. Decisi di accettare ed entrai. "Quindi esame di cosa, ragazzina?" Chiese il moro attento alla guida. "Filosofia" risposi piatta guardando davanti a me. "Io sono laureato in filosofia, sai?" "Quanti anni hai?" Chiesi sorpresa. "27 ad Agosto. Perchè questo tono sorpreso?" Chiese lui accigliato guadagnandosi un sorriso da parte mia. "No, niente. Non pensavo che.." "..Non pensavi che fossi uno che avesse studiato perchè non mi metto i mocassini? Il vestito non fa il monaco Martin, sappilo" Continuò a guidare ma stavolta mi lanciò un'occhiata. Per la prima volta conversare con Dylan non fu una perdita di tempo. Aveva ragione, ma io non volevo ammetterlo. "Come? Io, ma che-" "So che mi tratti con sufficienza perchè pensi che non sia ai tuoi livelli" iiziò, ma lo interruppi subito. "No, questa non te la lascio passare. Io ti tratto con sufficienza perchè la prima volta che ti ho visto me l'hai fatta fare quasi addosso buttandomi fuori dal bagno, io ti tratto con sufficienza perchè la seconda volta che ti ho visto mi hai detto che vestita in quel modo sarei potuta andare ad un colloquio genitori-insegnanti. Io ti tratto così perchè sei odioso a tratti menefreghista" "Però pensi che abbia dei bellissimi occhi" sorrise innocentemente senza curarsi minimamente di quanto avessi appena detto. Quanti avrebbero cercato di difendersi? Tutti. Tutti, ma non lui. Io di rimando non potei far altro che arrossire. "Era solo uno stupido gioco" risposi cercando di ferirlo utilizzandola carta che più gli piaceva quella dello stuzzicarsi a vicenda. "Ma tu hai detto la verità a quello stupido gioco per ragazzini e sai perchè? Perchè sei una ragazzina" sogghignò mentre io sbuffai di rimando. "Smettila di darmi della ragazzina, non sono tre anni che fanno la differenza!" Gli urlai contro senza aver ottenuto nessuna reazione in cambio se non un ulteriore mezzo sorriso mentre aveva lo sguardo ancora concentrato verso la strada. Ma cosa avevo detto di così divertente? Cosa diamine aveva da ridere così tanto? Finalmente dopo circa cinque minuti di silenzio imbarazzante arrivammo a destinazione ed io senza proferire parola aprii la portiera per uscire, ma venni fermata da una mano che dolcemente mi strinse il polso, lo stesso polso dove era comparso il livido. Sentii dolore ma cercai di evitarlo. D'altra parte non era stata colpa sua. "Che vuoi?" Chiesi accigliata. "Lascia che ti aiuti con filosofia così potrai andare in vacanza con il tuo bellissimo e ricchissimo fidanzato" sorrise lui guardandomi negli occhi. Indugiai un momento. Perchè all'improvviso il ragazzo con l'ego più grosso del mondo voleva darmi una mano? Cosa voleva da me? Decisi che presto l'avrei scoperto. Annuii e dopo aver parcheggiato salì con me nella camera dell'Hotel California. - Una volta arrivati si sedette sul letto e prese il libro che avevo lasciato sopra il cuscino. Era la dispensa con tutti i filosofi che avrei dovuto studiare per l'esame. Assunse un tono decisamente serio, abbandonando l'aria del ragazzo sbruffone e sicuro di se immedesimandosi nella parte del bravo ragazzo secchione. Aveva la mascella serrata e gli occhi nocciola scorrevano velocemente sulle righe del libro che aveva sulle mani. "...E Kant. Mi stai ascoltando vero?" Annuii velocemente cercando di non fargli capire quanto in realtà non fossi attenta. Se avesse saputo che lo stavo osservando si sarebbe fatto un sacco di film mentali che avrebbero soltanto ingigantito il suo enorme ego. Non so come ma riuscii a convincerlo e studiammo per circa tre ore. Strano ma vero, alla fine di quella giornata sapevo tutte le caratteristiche principali dei vari filosofi, tra cui punti di incontro e differenze tra alcuni di loro e fu più semplice riuscire a memorizzarli. "Sono stato anche utile hai visto?" Sorrise guardandomi da sopra il libro che teneva tra le mani. "Devo ammettere che ha ragione, signor O'Brien" risi fingendo un accento britannico per schernirlo. "Professore vorrai dire" Rise il moro. Era veramente un bel ragazzo, ma me ne accorsi per la prima volta solo quel pomeriggio nonostante lo avessi visto anche giorni prima. Forse era stato il suo ego a nascondere quello che realmente era, o forse era ancora un pallone gonfiato. Questo non lo sapevo. "Ora, vuoi dirmi a cosa stai pensando?" Mi chiese di punto in bianco lasciandomi senza parole. Cosa avrei dovuto dirgli? "C-come?" Chiesi accigliandomi. "E' da tutto il pomeriggio che ti vedo pensierosa e distratta, ti va di parlarne oppure continuerai a far finta che vada tutto bene?" La sua sincerità mi lasciò senza parole, completamente esterrefatta tanto che non riuscii a dire niente. non avevo detto ne a Newt ne a Lea di quello che era successo con Tyler. Mi vergognavo e mi sentivo terribilmente in colpa. Magari era stata colpa mia perchè gli avevo risposto male e gli avevo mancato di rispetto. Non potevo dire ad un estraneo quello che stava succedendo. Non potevo dirglielo, ma in quel momento avrei tanto voluto che sapesse. Avrei tanto voluto essere aiutata, ma non dissi niente. Ad un tratto sentimmo la porta aprirsi lentamente: Tyler era appena tornato dal suo viaggio di lavoro.