26.

4.5K 197 33
                                    

Una goccia mi sfiorò la schiena, poi un'altra e un altra ancora

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Una goccia mi sfiorò la schiena, poi un'altra e un altra ancora. Alzai gli occhi al cielo e mi resi conto che il sole di poco prima aveva lasciato spazio ad cielo coperto da nuvole. Ben presto l'acqua iniziò a cadere sempre più forte creando e  spingendo le persone che si trovavano in visita al lago al riparo.

Dylan fu il primo ad interrompere quel contatto cercando di trovare riparo. Si guardò incontro e iniziò a correre veloce urlandomi di seguirlo tra le risate. Iniziai a correre seguendolo sotto quello che nel giro di pochi minuti si trasformò in un temporale.

-

Arrivammo alla macchina ed entrambi entrammo chiudendo velocemente le portiere. I nostri vestiti iniziarono ad impolparsi d'acqua così come i sedili e ben presto i vetri dell'auto si appannarono lasciando al di fuori quello scenario apocalittico. Era possibile udire la pioggia a contatto con l'asfalto grigio che stava lentamente diventando nero. Snebbiai con la mano un finestrino giusto quel poco che mi serviva per scorgere quello che stava accadendo fuori: gli alberi mossi dal vento, le persone che si stavano avvolgendo nei loro impermeabili, altre protette da ombrelli colorati che contrastavano il grigio circostante. Udii un suono accompagnato da un lampo di luce in lontananza, un brontolio che ben presto tramutò in veri e propri tuoni. Da bambina avevo sempre avuto paura del temporale e ricordo perfettamente come mio fratello mi invitasse a condividere il letto con lui raccontandomi storie sui giganti che vivevano sulle nuvole, che arrabbiati tra loro,  iniziavano a tirarsi oggetti contro causando così quel brontolio continuo che i grandi chiamavano temporale.
Grazie a Daniel iniziai a non temere più il temporale e a sentirmi al sicuro.

In quel momento, in auto con Dylan, provai la stessa sensazione: non avevo paura e mi sentivo al sicuro; solo io e lui al riparo dal finimondo intorno a noi. Ma nonostante fossimo chiusi la dentro l'odore pungente della pioggia riusciva a travolgermi ugualmente mischiandosi all'odore del dopobarba del moro seduto affianco a me. Mi voltai un secondo verso di lui sperando di non essere colta in flagrante e lo trovai intento a stropicciarsi la maglietta impedendo al tessuto bagnato di aderire ai suoi pettorali e i capelli gli gocciolavano bagnandogli il viso.

"Stai bene?" Chiese il ragazzo sogghignando indicandomi al che io annuii

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

"Stai bene?" Chiese il ragazzo sogghignando indicandomi al che io annuii. Abbassai lo sguardo su di me trovandomi bagnata più di lui. I vestiti erano bagnati e la maglietta era appiccicata al mio tronco mostrando il mio reggiseno che coprii incrociando le braccia sopra i miei seni per non farmi vedere da Dylan e all'improvviso l'idea che mi avesse guardata mi fece arrossire. I capelli erano completamente bagnati e, a causa della temperatura che si stava notevolmente abbassando per la pioggia, la mia pelle si era ricoperta di piccoli brividi di freddo facendomi tremare per il freddo.

Dylan tossicchiò come se fosse in imbarazzo. "Se hai freddo posso..." si fermò un istante guardando di fronte a se per evitare  di guardarmi. "..Prestarti la mia felpa. E' nel sedile posteriore" terminò passandosi una mano tra i capelli bagnati.

"S-si, grazie" risposi strofinando le mie mani l'una contro l'altra per provocare del calore. Mi voltai velocemente per cercare la sua felpa e la presi al volo. Aprii la cerniera e me la infilai stringendola sempre più a me portando le mie mani fasciate dal tessuto della maglia di fronte al mio volto pochi istanti, giusto il tempo di sentirne l'odore. L'odore di cui avevo bisogno.

"Grazie" mi voltai rivolgendogli un sorriso. Notai che si era portato le mani a coppa davanti alla bocca per soffiarci aria calda in modo da potersi scaldare.
"Figurati" sorrise il ragazzo mostrandomi il suo volto bagnato. "Se non accenna a smettere sarà un problema tornare a casa con questo tempo" disse guardandosi intorno.

"Si, ma se non torniamo a casa ti congelerai" risi io all'improvviso facendolo voltare verso di me. Mi strinsi nelle spalle come per schernirlo.

Era buffo come si fosse ribaltata la situazione ed era buffo come provassi gusto nel prenderlo in giro. Spiazzarlo era una delle cose che più preferivo in assoluto.

"Se congelassi dovresti guidare la mia auto e" si avvicinò a me alzando l'indice in direzione del mio naso toccandolo dolcemente fino a dire in un sussurro "Non ti lascerei mai la mia bambina" sorrise sornione dopo aver notato il mio rossore sulle guance.

Aveva le mani fredde e notai del vapore uscirgli dalle labbra che stavano prendendo un colore violaceo pallido e non me la sentii di lasciarlo in quelle condizioni, a maniche corte senza una felpa che potesse tenerlo al caldo quindi iniziai a sfilarmi la felpa.

"Che stai facendo Sara?" Chiese il moro rivolgendomi un'occhiata interrogativa. "Ti prenderai un raffreddore e non puoi ammalarti, oggi è il tuo compleanno e stasera c'è la cena con tuo fratello e-" lo interruppi.

"La finisci di parlare?" Dissi alzando una mano per metterlo a tacere il che mi portò indietro al nostro primo incontro, quello in bagno a casa sua. 

"Rimettiti la felpa ragazzina" disse con finto fare dispotico e io non potei far altro che accettare, ma ad una condizione.

Mi rimisi la felpa, mi slacciai la cintura e tirai indietro il sedile. Allungai entrambe le mani nella sua direzione e le afferrai strofinandole con le mie in modo da riscaldarle. Interruppi quel contatto e presi dalla mia borsa un fazzoletto di cotone avvicinandolo al suo viso fino ad asciugarlo dolcemente. Il ragazzo sorrise imbarazzato. Per ultima cosa mi avvicinai sempre di più nella sua direzione.

"Che stai.." Iniziò lui mentre continuavo ad avvicinarmi verso di lui sempre di più fino a stringerlo in un abbraccio che sperai fosse in grado di dargli del calore, passai le mie mani lungo la sua schiena strofinandole sul tessuto bagnato della maglietta infondendogli ancora un po' di calore. Sentii il ragazzo sospirare e poggiare la sua testa nell'incavo della mia spalla. Gli passai una mano tra i capelli bagnati quando sentii la voce di Dylan sussurrarmi in un orecchio un flebile 'grazie'. Rimanemmo abbracciati per qualche momento quando il rumore intorno a noi cessò, aveva smesso di piovere.

Interrompemmo il contatto dei nostri corpi lentamente finendo per guardarci attentamente. I suoi occhi avevano una strana luce all'interno, una luce che non seppi decifrare; la sua bocca ridotta ad una linea sottile leccata velocemente dalla sua lingua, poi all'improvviso una voce.

"Dovremmo andare a casa adesso" Sorrise sistemandosi meglio al suo posto per accendere l'auto e partire. Per tutto il viaggio rimanemmo in silenzio, non riuscimmo a dire niente perchè quell'abbraccio aveva già detto tutto.

La mia mente iniziò a viaggiare di nuovo. Avevo una voglia indescrivibile di raccontare a Newt e Lea come stessi in quel momento. Ma forse sarebbe stato inutile perchè non sapevo cosa dire loro.
Cosa provavo veramente?
Era così difficile dare un nome a tutto quel turbinio di emozioni che provavo. O che non provavo. Credevo di amare Tyler, credevo di amare l'idea di un futuro scritto e sicuro assieme ad un ragazzo che credevo mi amasse. Esatto. Credevo.
Tutto con lui era meravigliosamente ordinario, ma era quello che volevo veramente? A ventiquattro anni dovevo assaporare la vita in ogni sua piccola sfumatura, ogni singolo dettaglio diventava importante. Ventiquattro anni si avevano una volta sola e la vita non aspettava nessuno. In quei giorni con Dylan scoprii una dote che non pensavo di avere: la resilienza. La capacità di trasformare una situazione negativa in un'opportunità. E forse il trauma avuto in quelle settimane non aveva atto altro che fortificarmi fino a mostrarmi dei lati del mio carattere che nemmeno io sapevo di avere. Mi voltai un momento nella direzione del guidatore e osservai Dylan. Osservai il suo viso perfetto delineato da nei, il suo naso all'insù, i suoi capelli castani e i suoi occhi nocciola.

Ammirai il ragazzo che non sopportavo, il solito ragazzo che si divertiva a schernirmi per testare le mie reazioni, il buffone e lo sbruffone, quello che voleva piacere a tutti i costi. La verità era che il suo modo di comportarsi, il suo stuzzicarmi e il suo infastidirmi aveva portato alla luce qualcosa che avevo tenuto nascosto per tanto tanto tempo. Una parte di me emersa leggendo i libri da bambina e tenuta nascosta da mia madre. Sorrisi e tornai con lo sguardo sulla strada di fronte a me. Sapevo cosa dire a Newt e Lea e stavolta, ne ero certa.

Unexpected ||Dylan O'Brien|| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora