Capitolo 12

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"Mi manchi". "Ti voglio bene". "Torna presto".

Era come se quelle parole fossero tatuate sul retro delle palpebre di Mickey. Si infilò nel letto facendo un gran baccano e Denny si svegliò come se fosse appena uscito da una tomba, farfugliando parole che sarebbero potute suonare minacciose se solo non fosse stato il primo ad arrendersi durante l'esercitazione di quella mattina e l'unico a cadere dalla fila di pneumatici scoppiando a piangere. 

"Mi manchi". "Ti voglio bene". "Torna presto".

Aveva già letto quelle frasi in passato su lettere appoggiate sul marciapiede insieme a mazzi di fiori, scritte con la stessa convinzione e speranza. Quattro persone che volevano disperatamente che Ian tornasse a casa, così come avrebbero voluto il fratello. Non ricordava il nome.

Denny brontolò di nuovo e Mickey si alzò dal letto, infilandosi i pantaloni e ignorando le domande del ragazzo mezzo addormentato. Uscì nella notte gelida, strofinandosi le braccia nude e camminando più in fretta di quanto fosse necessario. Aveva bisogno di rileggere quelle frasi, di capirle. La prima volta che le aveva lette era stato in mezzo al marciapiede mentre aspettava che Mandy si desse una mossa, e le aveva derise, trattate come parole vuote. Ma rivederle in una calligrafia tremante sulla pagina, indirizzate ad un altro fratello, aveva risvegliato qualcosa.

Si diresse verso la tenda di Ian ed entrò, le parole che continuavano a rimbombargli tra le tempie. E fu lì che si accorse di ciò che stesse accadendo nella tenda. Realizzò lentamente vedendo il sedere nudo di Ian e un uomo piegato davanti a lui sulla branda. Il rosso alzò lo sguardo non appena udì aprirsi la tenda, indietreggiando immediatamente. Mickey imprecò e spostò lo sguardo.

-Ma che... - esclamò Wells accorgendosi delle sua presenza, per poi scuotere semplicemente le spalle.

-Mickey... - lo chiamò Ian.

Mickey si girò e uscì. Non sentiva più niente, almeno era riuscito a togliersi quelle frasi dalla testa. Ma ora avevano preso il loro posto nuove immagini. Aveva una mezza idea di tornare indietro e sbraitare contro di loro. Insieme alle immagini, parole di suo padre che gli pizzicavano la lingua. "Froci". "Sporchi omosessuali". "Feccia dell'umanità".

Udì la voce di Ian dietro di sè, ma non si fermò; era sicuro che non avrebbe continuato a seguirlo e ad urlare. Era notte fonda e Mickey non vedeva l'ora di fare il diavolo a quattro. Tremava in tutto il corpo e si sentiva un macigno nel petto che gli rese difficile respirare. Avrebbe voluto gridare, correre intorno al campo fino a vomitare, raggomitolarsi su sè stesso e morire.

Oltrepassò la propria tenda e camminò fino ai limiti del campo, arrivando alla pista. Cominciò a correre, il respiro mozzato.

Continuò a correre, lottando contro alla pressione che gravava sui polmoni e sui muscoli che sembravano implorarlo di fermarsi, finchè non gli cedettero le gambe e cadde a terra con il viso sul terreno sporco.

Rimase sdraiato cercando di fare dei respiri profondi, ma il fiato gli morì in gola, trasformandosi invece in un singhiozzo. Un miscuglio di imprecazioni, parole di suo padre e pensieri fuoriuscirono dalle sue labbra mentre piangeva. Voleva solo riuscire a smettere di piangere, voleva solo morire.

Paper Shrapnel - Proiettili di cartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora