Capitolo 21

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Trascorsero cinque giorni. Ogni tanto Mickey passava. Pensava fossero le volte in cui lo aveva visto, una volta al giorno. Un pasto al giorno. Pochi secondi appena sveglio al giorno. Cinque volte, cinque giorni. Aveva senso.

Cinque giorni e non si era alzato dal letto. Cinque giorni e l'unica persona che era passata a controllarlo era l'unica che lo odiava. Cinque giorni e l'unico motivo per cui si preoccupavano della sua assenza era la paura di morire. Motivi egoisti che non lo riguardavano personalmente. Era solo. Cinque giorni da solo.

Si alzò dal letto. Il materasso stava cominciando a lasciargli strani segni sulla pelle diafana, scie rossastre che non sparivano neanche strofinandoci sopra più volte. Gli faceva male la schiena, aveva i crampi alle gambe e gli occhi erano stanchi persino di restare chiusi.

Entro un paio di minuti non gli sarebbe importato più di niente.

Cominciò a rovistare tra i cassetti della scrivania; era sicuro di avere una revolver da qualche parte. Un regalo per la sua partenza, ironizzando sul fatto che l'esercito avesse armi che non avevano neanche mai visto la guerra, mentre quella, invece, proveniva dal loro quartiere e di guerre ne aveva viste eccome, più di tutte quelle pistole luccicanti messe assieme. Al tempo aveva riso, gli era sembrato divertente, ora invece sembrava solo prendersi gioco di lui. Una pistola che aveva vissuto la guerra per un uomo troppo codardo per combatterla. Era perfetto, poetico. O ironico. O forse entrambe le cose.

La riesumò da sotto una pila di fogli e controllò il caricatore. Era piena. Fece comunque girare una volta il tamburo, lo facevano sempre tutti. Il suono che emise fu come quello di un treno che correva sulle rotaie; regolare, assordante e troppo veloce per potersi fermare. Fece rientrare il tamburo e guardò il calendario appeso alla parete. Certo, donne mezze nude non erano esattamente la rappresentazione più accurata di suo fratello, anzi, sarebbe stata una sorpresa se fosse riuscito a trovarne più di una nella sua vita ( e qui riuscì a sentire la voce di Lip che protestava nella sua testa) ma era l'unica cosa che aveva. Tutto il resto era stato rispedito a Chicago dalla sua famiglia. Non voleva essere perseguitato dai ricordi ma ora desiderava avere qualcosa di più che un semplice calendario raffigurante donne con tette enormi.

Sospirò e si portò la pistola alla testa. La canna era fredda contro alla fronte, come un ultimo bacio della morte.

Chiuse gli occhi, nonostante sembrassero protestare. Il buio permise ai suoi fantasmi di ritornare in superficie, soprattutto di suo fratello, ma anche di tutti quegli uomini che aveva spedito in guerra e che erano tornati dentro ad una bara, ai quali aveva promesso di tornare a casa vivi, se non tutti interi.

Il dito indugiò sul grilletto. Tremava incontrollabilmente, al punto di poter arrivare a sparare involontariamente ancora prima di essere pronto.

Prima di essere pronto.

Tutti quegli uomini partivano ancora prima di essere pronti. Lip se n'era andato prima di essere pronto. Due mesi non bastavano per preparare qualcuno ad andare in guerra. Due mesi non bastavano per insegnare ad un cucciolo a fare fuori i suoi bisogni.

Anche la mano tremava ora. Prese un respiro profondo. Stava per portare la pistola alla tempia quando entrò qualcuno.

-Porca puttana-

Si girò e abbassò la pistola. Mickey era in piedi davanti all'entrata portando un piatto tra le mani.

Strano. Non si era accorto che fosse passato un altro giorno. O forse... ne erano passati solo due? Il terzo pasto del secondo giorno... Cercò di ricordare quanto tempo fosse passato da quando Mickey si era fermato a leggere per lui ma non ci riuscì. Il tempo era solo una linea sfuocata nella propria mente annebbiata dai pensieri.

Paper Shrapnel - Proiettili di cartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora