13.Tiam

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Mark sfilò la chiave dalla toppa e la posò sul tavolo al centro della stanza, dopodiché tirò una sedia nella sua direzione e ci si accomodò, facendomi segno di imitarlo.
Aveva sul volto un velo di malcelata preoccupazione e sembrava star cercando le parole da dirmi.
Comprendevo la sua difficoltà e fu per questo che attesi con pazienza, nonostante in me stesse infuriando una bufera di domande.

"Che hai fatto all'occhio?" chiese indicando il mio volto.
Mi affrettai a risistemare i capelli sopra all'ematoma violaceo.
"Niente che ti riguardi." risposi.
Iniziavo ad entrare in fibrillazione. Avevo bisogno di risposte e in fretta.

"Okay..." assecondò il mio desiderio di non toccare l'argomento, dopodiché prese un profondo respiro.
"Allora..." cominciò.
"Ormai hai visto quel che hai visto, per cui sarebbe inutile, se non stupido, tentare di arrampicarsi sui ventri con qualche scusa palesemente inventata."
Tentai di esprimere il mio assenso, ma mi bloccò con un gesto della mano.
"Dovrai ascoltarmi con attenzione e soprattutto cercare di non dare in escandescenze." marcò le ultime parole affinché ne comprendessi l'importanza.

Estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e ci smanettò su per qualche secondo, dopodiché volse lo schermo dalla mia parte.
Sul display era raffigurato un disegno dettagliato dell'essere da cui ero stata assalita poco prima.
Un brivido mi percorse la schiena.

"Ma questo è..." iniziai con voce flebile, ma Mark mi bloccò subito.
"Sì, esatto. Si trattava di un Gharwik e sebbene sia una creatura abbastanza comune, è meglio tenersene alla larga."
La mia mente faticava ad assimilare quelle informazioni.
Creatura abbastanza comune? Che stava farneticando?
"È difficile da spiegare, ma...il mondo in cui tu vivi non è quello che credi di conoscere." disse.
"Oh, fantastico! E dopo questa tipica frase da film io cosa dovrei pensare?" scattai. La confusione totale all'interno della mia testa mi portava ad innervosirmi, perché se c'era una cosa che non sopportavo era quella di non avere il controllo su me stessa.
"Cosa ti avevo detto sul non dare in escandescenze?" mi rimproverò lui.
Aveva ragione.

Presi un respiro e tentai di richiamare all'ordine i miei pensieri nel tempo che gentilmente mi concesse Mark.
Da una parte, qualunque sorta di verità sconvolgente egli fosse in procinto di rivelarmi, mi sembrava un'assurdità. Insomma...non avrò avuto di certo cinquant'anni, ma potevo certamente dire di aver fatto abbastanza esperienza nella mia vita per esser certa che cose del genere non se ne trovavano spesso in giro.
L'altra parte invece cercava spaventata una qualche verità a cui aggrapparsi per placare la confusione. Restava solo da capire a quale delle due fosse più opportuno dare ascolto.

"Ci sono molti altri esseri simili. Alcuni innocui, altri no, come del resto ogni singola creatura presente su questa terra." proseguì.
Incredibile. Stavo davvero ascoltando quelle parole? O erano solo un brutto tiro ideato dalla mia testa in qualche istante di sonno che in quel momento mi pareva di non ricordare?
Non riuscivo a concepire ciò che mi stava dicendo.
"...è per questo che noi ci occupiamo da tempo della loro sorveglianza."
Trovavo così impossibili tutte quelle parole, che ero estremamente tentata di smettere di ascoltare e andarmene, se non fosse stato per il fatto che avevo io stessa avuto un incontro con quel Gharwik o come si chiamava lui...ma, un secondo...avevo sentito male o aveva appena detto noi?
"Noi chi?" chiesi.
"Beh, ci sono svariate persone che visionano e controllano questo mondo nascosto..."
"No, non è possibile, non anche l'associazione..." mormorai.
La mia parte razionale stava prendendo il sopravvento.
Presi a sfregarmi gli occhi con l'indice e il pollice.
"Sarah..." si oppose Mark in tono lamentoso.
"Ho bisogno d'aria." lo interruppi puntando lo sguardo su di lui.
Egli parve arrendersi.
"Sì, è comprensibile." sospirò.
Guardai oltre la finestra che illuminava la stanza dal di sopra della piccola cucina.
Osservai la strada all'esterno come fosse un'oasi nel deserto e questo non sfuggì a Mark, che si alzò e andò ad aprire la porta.

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