14. Handschuhschneeballwerfer

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Non so se potrei definirla come una figura umana, perché di umano aveva poco o niente, ma in quel briciolo che ancora si scorgeva, riconobbi i tratti di Julia. Il corpo di mia sorella stravolto e acquattato sulla strada, che  si avvicinava a me a scatti rapidi e intervallati.
Mi ricordava vagamente una lucertola.
Quella combinazione rettile-Julia mi dava il voltastomaco come i suoi occhi totalmente bianchi e acquosi, il ghigno inquietante che si allargava sul suo volto e il verso sibilante che usciva dalle sue labbra livide di tanto in tanto.
Rimasi paralizzata, sopraffatta da un terrore silenzioso che prese a strisciarmi nelle viscere.
Le mani tremavano. Il mio cuore batteva come se avesse intenzione di sfondarmi la cassa toracica e fuggire via da quella scena.
Ancora mi sorpresi del fatto che attorno non ci fosse assolutamente nessuno.
Presi un respiro e arretrai di un passo.
Non riuscivo a volgere lo sguardo altrove, malgrado la straziante supplica dei miei occhi di non costringerli più a dover guardare.
Intorno a me iniziai a vedere dei fiocchi candidi cadere silenziosi e nel giro di un minuto mi ritrovai in mezzo ad una nevicata prepotente.
Non me ne curai, ero congelata sul posto e non di certo dal freddo.
Quell'essere non solo mi spaventava per la sua natura sconosciuta. Non so come, ma era in grado a distanza di tirar fuori dal mio animo le paure più profonde ed oscure.
Paure che negavo a me stessa di concedermi e che in quel momento mi ritrovavo innanzi sotto forma di quell'essere.

"Guardami." ordinò.
"Che c'è? Hai paura? " il suo ghigno mi parve cresciuto.
"Sì, lo sento. Sei terrorizzata dall'affrontare le tue paure. Sei terrorizzata da te stessa." sibilò.

Con un ultimo scatto mi raggiunse.
Passò le mani raggrinzite dalle dita lunghe e ossute sulle mie spalle.
Rabbrividii.

"Piccolo cuoricino spaventato." le sue parole all'orecchio mi paralizzarono, mentre le sue mani si posavano sul mio petto che si sollevava e abbassava rapidamente al ritmo del mio respiro accelerato.

Premette leggermente con le unghie sulla mia pelle.
Chiusi gli occhi.
Qualcosa di gelido mi centrò in pieno volto.
Mi scostai dalla faccia quella che era una buona quantità di neve e mi accorsi che davanti a me c'era un bambino sui cinque anni col guanto destro intriso di fiocchi bianchi, che mi guardava sogghignando furbescamente.

"Dennis, quante volte ti ho detto di non tirare la neve addosso alla gente?!" lo richiamò una voce maschile appartenente ad un uomo castano di mezza età che mostrava i primi segni dell'avanzare degli anni con la sua barba brizzolata.
"Ma papà, guarda il vuoto, questa è strana!" si difese il bimbo in tono lamentoso, guardandomi torvo con i suoi occhioni azzurri.
"Signorina, va tutto bene?" chiese sinceramente preoccupato il padre.
Annuii in risposta anche se ancora scossa.
"Non fa nulla per la neve." dissi, accennai un sorriso ad entrambi e con  un cenno del capo mi dileguai.

Quanto tempo ero rimasta lì impalata? A giudicare dalla nevicata finita senza che me ne rendessi conto pensai che almeno un buon quarto d'ora fosse passato.
Dov'era finito l'essere e soprattutto...se fosse stata solo una mia visione?
Poggiai una mano sul petto. L'ultimo ricordo di quel mostro era concentrato su quella zona.

"Piccolo cuoricino spaventato..."

Le sue parole, suoni sussurrati in quel sibilo raccapricciante, mi fecero rabbrividire prima di riprendere a camminare, deviando naturalmente la mia direzione verso quella di casa.

Mentre camminavo, mi ricordai improvvisamente di aver ricevuto un messaggio mezz'oretta prima.
Il mio stomaco si strinse mentre tiravo fuori il cellulare.
Fissai quel semplice ehi come fosse un miraggio e ci pensai un attimo, prima di rispondere con le dita che tremavano sul display.

17:14 - Ehi, da quanto tempo...

Scrissi, alludendo all'incontro di quel giorno.

17:20 - Già ahah

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