13. Il Monastero delle Grotte

108 10 0
                                    


Zadok

Se gli altri monasteri erano stati per End Zadok una sorpresa, il Monastero delle Grotte lo fu ancora di più.

A differenza di tutti gli altri, non sorgeva sulla superficie del pianeta, ma nel suo sottosuolo. E, se gli altri erano riusciti a dare alla Natura un ruolo da vera protagonista, in questo monastero essa era la forza creatrice. Infatti, non si trattava di una costruzione artificiale, ma di una costruzione naturale. I monaci si erano limitati ad abitarla, ma non avevano avuto bisogno di modificare quell'ambiente o di abbellirlo, perché esso offriva già tutto ciò di cui un uomo ha bisogno per vivere.

La prima cosa che Zadok notò era che la temperatura era perfetta e confortevole, e che la luce emessa da esseri vegetali auto-luminosi e riflessa dalle stalattiti e dalle conche d'acqua era calda e piacevole.

Ma, quando abbracciò con lo sguardo la galleria nella sua totalità, Zadok ne rimase estasiato: non aveva mai visto niente di così bello.

Yvnhal, per la prima volta, si concesse qualche minuto per ammirare la bellezza del luogo.

Con un sospiro, disse: «Vedete, Zadok, di quali meraviglie ci hanno derubato?».

Zadok era senza fiato.

Come nel Monastero delle Acque e in quello delle Cave, alcuni monaci vennero loro incontro e li condussero in silenzio di fronte al loro capo.

I due endar si lasciarono condurre attraverso quelle gallerie ricche di tutto ciò di cui l'Impero sembrava essere privo, e, concentrati su quella bellezza, non osarono interrompere il silenzio dei monaci.

La galleria era abbastanza alta per la gran parte dei monaci, di etnia veradriana, ma i due endar furono costretti a piegarsi per riuscire a passare senza scontrare le stalattiti pendenti dal soffitto.

Zadok provò una fitta di invidia: la Natura sembrava aver costruito quella grotta a misura per i monaci, come se volesse scoraggiare gli endar dall'avventurarsi per quelle gallerie perché non erano i benvenuti.

Appena furono arrivati nel cuore della galleria, nella più bella, più ampia e più luminosa di tutte le grotte, i due endar si ritrovarono di fronte ad una donna albina di circa cinquant'anni, dai capelli bianchi, lisci e lunghissimi. Gli occhi della donna erano splendidi e, al tempo stesso, spaventosi: le iridi bianche erano cerchiate di un blu violaceo ed assomigliavano alla piccola geode che aveva appesa al collo. Dietro di lei, in ombra, una figura li fissava immobile. Addossati alle pareti laterali, alcuni monaci tenevano sotto controllo la situazione.

La donna, nel vederli entrare, apparve molto sorpresa.

Andò loro incontro, e chiese:

«Cosa vi spinge fino al cuore del nostro monastero, endar?».

Yvnhal non si lasciò mettere in soggezione dalla monaca, e affermò che i Sei Monasteri erano fuori legge e che si sarebbero dovuti rimettere alla volontà dell'imperatore al più presto, oppure sarebbero stati puniti per aver nascosto giacimenti e risorse all'Impero.

La monaca lo interruppe alzando una mano ed indicò Zadok, dicendo: «Risponderemo a lui».

Zadok rimase spiazzato e non disse niente. Per la terza volta, i monaci lo trattavano in modo diverso dai suoi compagni e Zadok non riusciva a comprenderne il motivo.

Yvnhal, sorpreso al pari di Zadok, spostò lo sguardo da lui alla monaca.

Contrariato, chiese: «Come avete detto?».

La monaca ripeté: «La nostra risposta la daremo all'uomo che vi sta al fianco».

Il Ragno attese un momento. Con evidente fastidio, annuì: «D'accordo».

Triplania - L'Oblio  [primo volume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora