23. Lingua di serpente

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Zadok


«A proposito, Zadok» disse il capitano degli endar, con un gran sorriso: «Sono proprio fiero di voi».

In silenzio, Zadok chinò il capo.

«Avete svolto la vostra consegna alla perfezione, negli ultimi tre mesi: persino End Sept non ha trovato nulla da rimproverarvi» continuò Yvnhal. Era molto compiaciuto.

«E sospetto che facesse ogni sforzo per trovarvi un qualche difetto» aggiunse poi, sussurrandogli all'orecchio per non farsi sentire da Sept, che era seduto proprio dietro di loro.

Zadok non rispose: si limitò ad annuire. Si girò verso il piccolo finestrino dello shuttle e vi guardò attraverso, ma non vide altro eccetto la cortina che ricopriva interamente il finestrino. Gli endar avevano un innato astio per lo Spazio e per le astronavi. Al contrario degli esploratori dell'Accademia Aeronavale, gli endar tentavano di salvare Amaria e Veradria a tutti i costi, pur di non affrontare l'ignoto universo. Gli unici mezzi di trasporto volante che tolleravano erano gli shuttle, che permettevano loro di spostarsi a grandi velocità per grandi distanze, ma sempre rimanendo a pochi metri di sospensione dalla superficie del pianeta. Durante i viaggi extraplanetari preferivano far uso di sonniferi, per risvegliarsi a destinazione senza il minimo ricordo del malessere provocato dagli scompensi gravitazionali, dallo smarrimento, dagli spazi costipati e l'aria troppo carica di ossigeno.

Come tutti gli endar, anche Zadok detestava lo Spazio.

Nella sua cabina sull'astronave, aveva assunto un sonnifero e si era sdraiato sul letto, con il finestrino oscurato per non veder nulla: né lo Spazio nero galleggiare attorno alla nave, né il Pianeta Blu rimpicciolirsi a vista mentre si allontanavano, né il Pianeta Rosso ingrandirsi prima dell'atterraggio.

A viaggio finito, si era ritrovato in una stazione spaziale su Amaria. Ed anche qui non aveva visto nulla, perché la stazione era avvolta dalle fitte tenebre della notte, che, su quel pianeta, era più nera che mai.

Yvnhal aggiunse: «E, in special modo, Zadok, sono fiero di come avete superato quel vostro piccolo problema, ricordate...? Vi rifiutavate di uccidere di persona i traditori... Ora, finalmente, le esecuzioni non vi causano più la minima remora».

Zadok aprì gli occhi e li fissò su Yvnhal.

Per la terza volta, non rispose.

Non lo stava neppure ascoltando.

Dopo un momento, Yvnhal distolse lo sguardo da lui e, a gran voce, ordinò: «End Khan, fermate lo shuttle e fateci scendere qui. Prenderò soltanto Zadok, con me. Voi, invece, proseguite per Edresia, ed avvisate il reggente Vlastamir del nostro arrivo. Ditegli che Zadok non mancherà all'appuntamento».

Infatti, Vlastamir si era dichiarato impaziente di incontrare l'uomo che era divenuto così famoso su Veradria per la sua intransigenza e la sua ferocia nella lotta contro i traditori dell'impero. Inoltre, aveva espresso il desiderio di conoscere Zadok di persona, per sapere se quest'endar sconosciuto che Yvnhal aveva designato come proprio successore, ne avesse davvero le credenziali.

Prima che Yvnhal e Zadok potessero scendere dallo shuttle, End Sept si alzò in piedi e chiese al capitano il permesso di accompagnarli:

«Capitano, permettetemi di seguirvi in questa campagna: vorrei conoscere di persona il nemico, per sapere come combatterlo al meglio. Inoltre, una guardia del corpo in più oltre alla Fenice potrebbe esservi di grande aiuto, vista che i Ribelli cominciano a bollire come acqua sul fuoco».

Sulla soglia dello shuttle, Yvnhal si fermò indeciso e guardò accigliato verso Il Serpente.

«End Sept, apprezzo la vostra richiesta» gli rispose: «Tuttavia, non credo che avremo problemi con i Ribelli al Monastero delle Fiamme e, nel caso, End Zadok saprà essere all'altezza della situazione, come ha già dimostrato in passato».

Triplania - L'Oblio  [primo volume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora