30. Il volto del mio imperatore

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 Zadok

Quel giorno, avrebbe finalmente incontrato il reggente Vlastamir, futuro imperatore delle Dodici Galassie.

Zadok era esaltato a quel pensiero.

Aveva grandi aspettative. Aveva sentito parlare molto bene del reggente: tutti gli endar con cui aveva parlato - primo fra tutti Yvnhal - ne avevano tessuto grandi lodi.

Era un uomo dall'aspetto nobile, forte ed imponente, saggio, audace, di grande intelligenza e profondità d'animo.

Questo era ciò che sapeva di lui.

Ed era un bene che fosse così, si diceva Zadok, perché solo un uomo che fosse provvisto di tutte queste qualità ed ognuna al massimo grado avrebbe avuto la capacità ed il diritto di governare su un impero così vasto e di difficile gestione, soprattutto in vista della fine ormai prossima dei due pianeti.

Zadok era entusiasta, esaltato ed onorato d'essere stato convocato da quell'uomo che con così grande saggezza sedeva sul trono dell'Impero.

Da lontano, mentre si avvicinava sempre più a quella figura che nella sua immaginazione aveva rivestito di un'importanza simbolica al punto da paragonarlo ad un semidio, Zadok ebbe una buonissima impressione di lui.

Quando si avvicinò abbastanza da vederlo meglio, però, intravide una forte discrepanza tra la propria immaginazione e la realtà delle cose.

Sfumata l'illusione che quel mantello regale coprisse una massa muscolosa e gigantesca, Zadok non disperò: non era necessario che un imperatore fosse possente, bastava che lo fossero loro, gli endar. L'importante era che fosse saggio ed intelligente.

D'altronde, abituato com'era alla massa muscolare degli affiliati endar, di cui lui era fra i più gracili, Zadok aveva dovuto rendersi conto che la maggioranza degli uomini al di fuori della Fortezza di Confine erano due volte più bassi e due volte più esili.

Ma anche una seconda illusione venne ben presto a sfumare appena vide la grossolanità di quei lineamenti che, seppure in origine dovevano essere stati belli, ora apparivano grotteschi e deformati in una smorfia perenne, segnati da due pesanti sopracciglia aggrottate con cattiveria e da un ghigno stirato in un'espressione di satirica malignità. L'intera figura del reggente era tozza e leggermente deforme.

Non è bello, si disse Zadok, che non voleva mettere a tacere la speranza, ma almeno è un imperatore spaventoso.

«Eccolo, finalmente!» esclamò a gran voce il reggente quando li vide. Scese dal trono e si diresse verso di loro con passi pesanti e privi di eleganza.

Zadok si inchinò e disse: «Mio signore...».

Ma Vlastamir lo ignorò, ed andò invece incontro a Yvnhal, battendogli sulla schiena una grossa mano dalle dita corte e tozze, in una pacca amichevole che avrebbe tolto il respiro a chiunque.

Vlastamir prese sottobraccio Yvnhal, che non ebbe neppure il tempo di inchinarsi, portandoselo verso il trono, dando platealmente le spalle a Zadok, proprio come se non lo avesse visto.

Yvnhal tentò di attirare l'attenzione del reggente su Zadok dapprima con educazione, poi in un modo così palese che Zadok ne fu umiliato.

«Mio signore», aveva esclamato Yvnhal con una voce divertita come quella di un ubriaco: «Io vi porto qui il migliore dei miei endar, e voi gli date le spalle senza degnarlo di uno sguardo, come fareste con il primo zappaterra che venga a questuare in ginocchio per la sua vacca gravida!».

Ciò che umiliò Zadok più di tutto il resto fu la risposta secca che il reggente diede al capitano: «Avrò tutto il tempo di conoscerlo, il tuo endar. Ora non mi seccare con queste faccende che sai benissimo quanto mi annoiano!».

Triplania - L'Oblio  [primo volume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora