45. La promessa

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Nonostante avesse scoperto che Vlastamir stava avvelenando suo padre, Zadok ancora non riusciva a conciliarsi con quel pensiero.

Come poteva un figlio avvelenare un padre?

E perché, se lo voleva morto, avrebbe aspettato tanto ad ucciderlo?

Il vecchio imperatore era malato da più di quindici anni, e andava peggiorando sempre di più gradualmente fino a diventare il vecchio debole che aveva visto nella torre ovest.

Ma, se Vlastamir voleva il suo trono, perché non aveva fatto in modo che suo padre morisse prima?

Forse, così come Zadok, qualcun altro aveva aiutato l'imperatore.

Oppure, Vlastamir aveva un motivo più grande, che lui non riusciva a comprendere, per tenere in vita il vecchio così a lungo.

Senza dubbio, l'imperatore aveva cercato in tutti i modi di resistere all'avvelenamento e rimanere in vita il più a lungo possibile, perché l'unico servizio che poteva ancora dare al popolo dal suo letto di malattia era proprio non morire per non affrettare con il suo decesso la salita ufficiale al trono di Vlastamir.

Zadok faceva fatica a credere che anche Yvnhal fosse coinvolto in quel parricidio: di Yvnhal non riusciva a pensar male al punto di crederlo capace di una cosa simile. Se Vlastamir gli era parso sin da subito un uomo vizioso e malvagio, Yvnhal gli aveva sempre dato l'impressione di un uomo intelligente che metteva sé stesso e la propria coscienza al servizio dell'Impero, anche quando questo significava fare qualcosa di sbagliato, ma mai per un fine personale. Quale fine comune poteva esserci nella morte del vecchio imperatore, per cui Yvnhal dovesse macchiarsi di un simile delitto?

Forse Yvnhal era stato ingannato da Vlastamir proprio come Zadok, e non sapeva che quel bicchiere non conteneva una medicina salvifica, ma un veleno mortale.

Zadok sapeva chi avrebbe potuto aiutarlo a scoprire la verità, ma non era sicuro se quel qualcuno sarebbe stato dalla sua parte.

End Mida.

Zadok aveva ricordato quando, tornati dalla rivolta che aveva represso con il gas velenoso, End Mida era venuto a parlargli. Nel suo sguardo e nel suo tono di voce, Zadok ricordava di aver letto una deferenza strana, che non vi aveva mai visto. End Mida lo aveva guardato come se avesse avuto di fronte l'imperatore in persona. Gli si era rivolto come se Zadok fosse stato un re.

E, poi, gli aveva detto quella frase che, in quel momento, Zadok non aveva neppure ascoltato: ho scoperto perché il vostro vecchio medico non ha fatto alcun cenno alla ferita che avete sul cuore nella vostra scheda medica.

Le parole di Mida erano state press'a poco queste.

Zadok aveva creduto che non fosse importante, ma, adesso, si rendeva conto di ciò che c'era dietro a quelle parole e a quella deferenza: Mida sapeva che lui era Alekym.

Non glielo aveva voluto rivelare soltanto perché era convinto della fedeltà di Zadok agli endar: aveva compreso che Zadok non conosceva il valore del tatuaggio che aveva sul petto e che non gli interessava neppure scoprirlo.

E quando Zadok era andato da lui per chiedergli le pillole per procurarsi dei vuoti di memoria in modo da reprimere ogni ricordo che potesse condurlo a tradire gli endar, End Mida non aveva voluto dargliele, ma gli aveva consigliato di affrontare quei dubbi e tentare di ricordare la sua vita passata.

Sì, forse Mida gli aveva negato le pillole soltanto per non provocare danni alla sua psiche, ovvero solo per un giudizio medico.

Ma, forse, dietro quel rifiuto c'era di più. C'era la speranza che Zadok ricordasse. La speranza che Alekym si risvegliasse.

Triplania - L'Oblio  [primo volume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora