14. La colpa è dei monaci

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Zadok


«Zadok, vi ho fatto convocare per farvi una domanda» disse Yvnhal, appena Zadok entrò, indicandogli una sedia di fronte alla scrivania.

«Chiedete, capitano, sono a vostra disposizione» rispose quest'ultimo inchinandosi.

«Quali contromisure prendereste voi, contro i monaci?».

Zadok rimase sorpreso a quella domanda.

Obiettò: «Ma, come, mio signore? Non li attaccheremo?».

«No, Zadok. Ci abbiamo già provato in passato. Dovete sapere che all'inizio esistevano sette monasteri, non sei...».

«Che ne è stato del settimo? Non lo abbiamo di certo raso al suolo con tutte le materie prime che custodiva, vero?!» esclamò Zadok, sconcertato. Dal momento che non si sapeva più nulla di quel monastero, intuì che doveva essere stato annientato, e la cosa gli sembrava inaccettabile.

Yvnhal lo guardò un momento in silenzio. A volte lo faceva: forse per studiare colui che aveva di fronte, o forse solo per metterlo in soggezione.

«Ovviamente no, rispose. Si è autodistrutto. Quando hanno compreso che stavamo vincendo, hanno dato fuoco a tutto quanto: sono morti tutti, endar e monaci. E le risorse prime... bruciate!».

Tamburellò con le dita sul tavolo di quercia nera, poi si alzò: «Quando lo abbiamo attaccato, abbiamo riscontrato una difesa molto più agguerrita di quel che ci aspettavamo. Abbiamo commesso l'imperdonabile errore di sottovalutare il nemico».

Dopo qualche secondo, tornò a fissare Zadok negli occhi: «E non intendo fare due volte lo stesso sbaglio».

Perso nelle sue riflessioni, Zadok non rispose: i monaci erano avvolti da uno spaventoso mistero che lo turbava.

Yvnhal, forse scambiando il suo sguardo pensieroso per uno dubbioso, aggiunse: «Capisco il vostro scetticismo, i monaci vi sono sembrati solamente dei pazzi mendicanti, scalzi e a capo chino, ma la realtà è tutt'altra. Loro sono il più grande fra tutti i nemici dell'Impero. La battaglia tra endar e monaci dura da secoli e sembra destinata a durare altrettanto. Ho deciso di porle fine. Una fine definitiva. A qualunque costo».

Zadok non riusciva ancora a credere a quel che aveva sentito.

Indignato, esclamò: «Avete ragione. Vanno sconfitti. Hanno bruciato tutte le risorse prime pur di non darle a noi e, in questo modo, hanno condannato il popolo ad una fine sempre più vicina».

«Non si fidavano della nostra amministrazione. I monaci sono convinti che avremmo usato noi, quelle materie prime, invece di metterle a disposizione del popolo. Hanno creduto di indebolirci, bruciandole».

«Invece, hanno indebolito il popolo!» ripeté Zadok, con rabbia.

«Capisco la vostra indignazione, Fenice, perché è stata anche la mia. L'Ordine non si perdonerà mai un tale errore».

«Ma la colpa non è degli endar, è dei monaci!».

«Ma anche nostra, seppur solo in parte. E io voglio impedire che succeda di nuovo. Per questo, vi chiedo consiglio. Vi vengono in mente alternative all'attacco diretto?».

Zadok rimase qualche minuto in silenzio, meditando. Non era la prima volta che End Yvnhal gli chiedeva consiglio sul da farsi, ma mai su qualcosa tanto grave ed importante.

Non avrebbe dovuto stupirsi del particolare interessamento che Il Ragno gli dimostrava: solamente sei mesi prima, quando era ancora alla Fortezza, Zadok era un apprendista qualsiasi. Il più bravo, secondo le classifiche, è vero, ma nulla di più. Invece, Yvnhal lo aveva scelto per portarlo con sé e ora lo teneva in particolare considerazione.

Triplania - L'Oblio  [primo volume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora