Dalwyn
Provò ad aprire gli occhi, ma tutto rimaneva nero come prima.
Provò a muoversi, ma fitte di dolore lungo tutto il corpo lo convinsero che non c'era alcuna fretta di alzarsi.
Non capiva dove si trovasse e neppure se fosse ancora vivo.
Sentiva il rumore d'acqua corrente e l'odore di terra umida e muffita, eppure sapeva che non poteva trovarsi nella foresta: non c'erano ruscelli nella Notte Verde.
E poi, non sentiva il tipico fruscio delle foglie.
Inoltre, non provava un freddo polare, ma un caldo umido, come se si trovasse in una sauna.
Senza contare il fatto che non poteva essere vivo: era appena stato inghiottito da un pantano.
La ragazza non lo aveva tirato fuori, di questo era più che certo: aveva visto la sua espressione sorridente un attimo prima di sentire la melma del pantano riempirgli naso, occhi e bocca finché il respiro non era venuto a mancargli e tutto si era spento nel nulla.
Eppure, ora respirava.
Provò di nuovo ad aprire gli occhi, ma si rese conto che erano già spalancati. Allora li socchiuse, per mettere meglio a fuoco. Ma era immerso nella tenebra più nera. Un buio così denso e fitto da fargli quasi male agli occhi.
Rimase così per un tempo molto breve, finché ad un tratto una piccolissima luce non molto lontana si accese e poi si spense subito.
Dalwyn cercò di decifrare quel che aveva visto. La luce era così scarsa ed era durata così poco, che non era riuscito a vedere praticamente niente. E, mentre era teso in quello sforzo senza alcun esito, la luce si riaccese di nuovo.
Questa volta si trattava di una fiamma molto più grande, che, invece di spegnersi immediatamente, rimase accesa, seguita da un'esclamazione soddisfatta:
«Ah, ecco come si fa!».
Alla luce di quella fiamma, Dalwyn poté finalmente vedere ciò che credeva di aver solo immaginato.
La ragazza che non aveva voluto salvarlo dal pantano stava seduta su una grossa radice d'albero a qualche metro di distanza da lui, con in mano il suo thoraken, nell'atto di studiarlo, scoprirne le varie funzioni ed imparare a gestirlo.
La ragazza aveva indosso l'intera sua armatura, compreso l'elmetto su cui aveva fatto quell'apprezzamento dopo che Dalwyn era sprofondato la prima volta nel pantano.
Attorno a lei tutto sembrava immerso nell'oscurità.
Non si era accorta che Dalwyn si era svegliato, e aveva continuato imperterrita a testare le funzioni del braccio.
Dalwyn si prese un po' di tempo per osservarla meglio e capire chi aveva di fronte. Mentre sprofondava nel pantano, non era riuscito a farsi un'idea di lei, della quale ricordava soltanto quel sorrisetto furbo e maligno e quello sguardo da bambina che ha appena fatto qualche brutto scherzo divertente a qualcuno che non le sta simpatico.
La sua fisionomia era chiaramente frutto di un incrocio fra le due etnie: i lineamenti morbidi erano veradriani, i colori scuri erano edresiani. Tranne gli occhi azzurri, i capelli e la pelle erano castano scuro con riflessi rossi. I ricci crespi e folti tagliati corti e in parte legati da una coda spettinata si adattavano perfettamente alla sua immagine selvaggia e a quello sguardo da folletto dispettoso. Ma la bocca e la forma del viso morbidi e tondeggianti addolcivano il suo volto, facendola assomigliare ad una bambina anche se doveva avere più di vent'anni.
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Triplania - L'Oblio [primo volume]
Science FictionChiuso nella Fortezza di Confine, entro un paio di anni Evander cesserà d'esistere. Un altro occuperà il suo corpo. Il suo nome è Zadok, la Fenice, e marcia a fianco del Ragno e del Serpente, lasciando dietro di sé una lunga scia di morte e distruz...