Capitolo 13

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"Come?". Sento il sangue ribollirmi nelle vene. Possibile che dopo tutti questi mesi non sia ancora riuscito ad accettare la cosa? "Hai capito bene, Marta. Non permetterò che questa farsa continui". Ci sediamo entrambi sul mio letto, mentre respiro lentamente e cerco di calmarmi. Per un attimo penso che, se Paola fosse qui, vorrebbe soffocarlo quasi quanto lo vorrei io. Accenno un sorriso. "Ma dai, Michael. Ancora non ti va giù che io stia con lui?". Sospira. I suoi occhi marroni incrociano i miei. "Credo che tu meriti di meglio!". Si sdraia vicino a me. Aggrotto la fronte. "E questo meglio saresti tu? Andiamo. Come ti ho già spiegato, non scegliamo noi di chi innamorarci! Io e Alessandro stiamo insieme e basta". Inizio ad essere stanca. Guardo il cellulare. Sono le 3.00. "Ne parliamo con calma un'altra volta". Le mie palpebre non riescono a rimanere aperte. Al mio risveglio, un gran mal di testa. Mi volto nella direzione in cui, ieri sera, era seduto Michael. Il posto è vuoto. L'ho solo sognato. Tutta la nostra conversazione è stata solamente un sogno. Mi alzo e scendo per fare colazione. Alcuni rumori che provengono dalla cucina mi fanno sobbalzare. Dovrei essere sola in casa. Varco titubante la soglia della cucina e rimango impietrita. Michael è ai fornelli che prepara la colazione. "Allora non era un sogno. Sei tornato..." dico raggiungendolo. Si volta, sorridendomi. Mi porge la tazza di caffè e si accomoda di fronte a me.

"Perché?". Alzo lo sguardo e lo fulmino con un'occhiata. "Tu hai qualche problema, Michael. Pensavo che fossi cambiato. La tua sembra un'ossessione, più che amore nei miei confronti" gli dico, rimanendo impassibile. I suoi occhi nocciola fissano i miei. "Io ti amo, Marta. Ma sono cambiato. E te lo dimostrerò. Non è cambiata però la mia opinione sulla tua relazione con mio padre". Provo un senso di nausea. Poso la tazza del caffè sul tavolo e porto una mano davanti alla bocca, Aspettando che passi. Devo rimanere tranquilla. Tutta questa tensione non mi fa bene. "Alessandro sa che sei tornato?". Non so come mi sia venuto in mente di chiederglielo. "Forse sì, forse no. E anche se fosse?".

Sbuffo. Non merita nemmeno una risposta. "Chiedo. Sei sparito lasciando solo un messaggio, quel giorno. Le domande le dovrei fare io. Secondo te, lui come si è sentito?". Mi guarda. I suoi occhi diventano lucidi "Credo si sia sentito spaesato e confuso. Ma anche sollevato. O no?". Eccolo il Michael che ho conosciuto: dolce, fragile, maturo. La suoneria del mio cellulare interrompe questo momento di confronto. "Ciao piccola. Tutto bene?". Come non riconoscere quella voce! Un sorriso si disegna sulle mie labbra. "Sì, più o meno. Ho una cosa da farti vedere; salgo in auto e sono subito da te!". Interrompo la telefonata, lasciandolo forse un po' perplesso. "Dai, andiamo. Tu vieni con me". Afferro la borsa e le chiavi e saliamo in auto. Sono curiosa di vedere la reazione di Ale. A Michael ho sempre voluto bene. ammetto che all'inizio l'ho usato per cercare di togliermi Alessandro dalla testa, ma non ha funzionato. Ho dato false speranze ad una persona che teneva davvero a me. Non posso fare altro che sentirmi in colpa se ultimamente si è comportato così. Che persona spregevole sono!

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Giocherello da qualche minuto con una matita sulla tastiera del mio PC. Sono distratta. Non mi aspettavo il ritorno di Michael. Ovviamente speravo sarebbe tornato prima o poi. Ma speravo anche di avere un po' più di tempo per riflettere. "Marta? Quale pensiero ti offusca la mente?". La voce di Alessia mi riporta alla realtà. La scrivania di fianco la mia. Il divano all'angolo della stanza. Tutto torna a prendere forma. "Scusa Alessia. È che un mio amico è tornato dalla Germania. Diciamo che è stata una cosa inaspettata". Mi sorride. "Ah! E non sei contenta che sia tornato? Dalla tua espressione non si direbbe...". "È una storia complicata. Un giorno, se vuoi, te la racconterò davanti ad un aperitivo". Annuisce ed entrambe ritorniamo alle nostre faccende. Corro in bagno sopraffatta da un senso di nausea. È già la quarta volta in tre giorni. "Marta? Stai bene?". La voce di Alice mi giunge ovattata attraverso la porta del bagno. Faccio un bel respiro prima di aprire la porta.

"Non hai una bella cera! Sei pallida. Sicura di stare bene?" mi chiede gentilmente. "Oh...sì, stai tranquilla. È solo che da un paio di giorni ho questi attacchi, ma è tutto a posto". Mi guarda intensamente. Solo ora, guardando Alice negli occhi, inizio lentamente a rendermi conto della situazione. "Tu... secondo te...". Mi prende la mano. "Tesoro, come sei messa con il ciclo?". Rifletto un attimo. Effettivamente doveva arrivarmi qualche settimana fa. Inizio a tremare. "Ho un ritardo di qualche settimana...". Pochi secondi. Poi il panico si impossessa di me. "Ora calmati. Quando torni a casa, fai un test. Ti toglierà ogni dubbio". Mi aiuta ad asciugarmi e a ricompormi prima di uscire dal bagno. Torno alla mia scrivania. Matteo, nel frattempo, ha messo in piedi un piccolo teatrino, imitando la brutta figura che un cliente ha fatto questa mattina. Mi ha fatto morire dal ridere. Il suo sguardo complice mi ha accompagnato per il resto della giornata, mettendo da parte quello che c'è stato fra di noi. Esco dall'ufficio con un sorriso stampato sulle labbra. "Marta, mi raccomando! Fai quello che ti ho detto appena arrivi a casa!". Alice mi raggiunge e corre ad abbracciarmi proprio mentre sto aprendo la portiera della macchina.

"Certo, Alice. Passo subito in farmacia!". Salgo in auto e parto. Ripenso a qualche settima prima. La notte di Capodanno. Si, sono stata con Alessandro e abbiamo fatto l'amore. Il panico si impossessa nuovamente di me. Inizio a tremare. Non posso essere incinta. Non adesso. Non che non voglia una famiglia, ma non ora. Non a soli vent'anni. Con tante cose ancora da fare e con un futuro incerto.

Chiamo Paola. "Pronto? Marta?" "Paola, sto arrivando da te. È urgente!". "Oh, mio Dio! Così mi spaventi! Non avrai mica ucciso qualcuno!". Sorrido. "No, quello no. Ma è una cosa seria!". Riattacco mentre parcheggio sotto casa di Paola. Scende in fretta, mentre io la aspetto in macchina. "Che cosa è successo?". Evidentemente la mia espressione sconvolta l'ha convinta sulla gravità della cosa e la sta facendo preoccupare. Estraggo dalla borsa il test. "Posso venire su da te a farlo?". "Marta! Ma quello è un test di gravidanza! Ma cosa...?". Con calma, le spiego tutto. "Vieni! Tanto i miei arrivano tra poco".

La abbraccio, con le lacrime agli occhi. "Grazie, vita mia". "L'hai detto ad Alessandro?" mi chiede mentre saliamo. Le faccio un gesto con la mano per chiederle se è pazza. "Non voglio allarmarlo per niente! È già abbastanza scombussolato per il ritorno di Michael". Già. Michael. Chissà che ne penserebbe di un fratellino. Inorridisco mentre cerco di sopprimere questo pensiero.

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