Capitolo 31

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Le cose con Paola non sono andate come credevo. Sono stata una stupida a credere che bastasse presentarsi e chiederle scusa. Paola ha bisogno che le dimostri che ciò che le ho detto è vero. Anche se, a mio parere, non ce ne sarebbe bisogno. Perché lei, in fondo, lo sa già. Ma, visto quello che sta passando, posso capirla. Durante il ritorno, sono rimasta in completo silenzio. Alessandro ha assecondato il mio bisogno di riflettere, rimanendo a sua volta in silenzio, ma standomi comunque vicino.

La sua mano passava dal cambio alla mia in continuazione. "Non dovrei essere qui. Matteo mi aspetta in ufficio". Cerco di trattenere, a stento, una risata involontaria, provocata dal solletico che mi sta provocando la sua barba sul collo. "Mmm". La sua voce ovattata sembra ancora più sexy. "Non puoi prenderti altri giorni di permesso?" mi chiede, mentre mi porge una tazza di caffè. Rimango appoggiata al lavello con la schiena e lo osservo. "Non credo. Sono già abbastanza i giorni che ho chiesto finora. È stato fin troppo buono a concedermeli". "Sì. In effetti..." riflette per qualche secondo. "Che abbia un occhio di riguardo per te, me ne sono accorto. Non è un po' troppo per una stagista?". La sua domanda è lecita. Me lo sono sempre chiesto anch'io, ma non ci ho mai dato molto peso. Che abbia un debole, o qualsiasi altra cosa sia, per me, ormai è chiaro. Alzo le spalle. E mi guadagno uno sguardo che dice tutto e niente. Sono quasi le 15.00. Anche se a malincuore, devo proprio andare. "Andiamo?" gli chiedo, mentre è ancora sdraiato pigramente sul letto. "Mmm...va bene. È un peccato però. Io sono in ferie e tu lavori".

Sospiro. "Lo so Ale. Ma che ci posso fare? Sabato e domenica recupereremo". Gli faccio l'occhiolino. Mentre si riveste, rimango quasi estasiata. Adoro osservarlo mentre lo fa. Amo osservare l'eleganza con cui indossa la camicia e la cravatta. E quel tocco di raffinatezza in più che gli dà il bracciale che gli ho regalato. "Che c'è?" mi chiede, dopo aver notato che lo sto fissando. "Niente". Sorrido. Arrivo nel parcheggio aziendale. Forse un po' troppo velocemente, visto il polverone che ho alzato al mio passaggio. "Piano, Marta! Mi riempi di polvere la mia bimba!". Mi rimprovera con un finto broncio. Per tutta risposta, gli do un buffetto sulla spalla. Scendo, cedendogli il posto di guida. "Ci vediamo stasera!" mi dice, mentre mi da un bacio dolcissimo.

"Come?". "Semplice. Passerai da me l'intera settimana. Come posso permettere che, in un momento del genere, tu stia sola con i tuoi pensieri?". Annuisco e gli sorrido. Stare con lui è un ottimo modo per affrontare questa situazione. Paola mi manca. Mi mancano i suoi abbracci, le sue perle di saggezza e i suoi sorrisi contagiosi. Devo assolutamente risolvere questa faccenda al più presto. Do un ultimo bacio ad Alessandro, senza accorgermi di essere osservata: Matteo ed Alessia si schiariscono la voce, arrivandomi alle spalle. "Grazie! A dopo!" gli dico, salutandolo con la mano mentre si allontana. "Sei tra noi, Marta?" scoppia a ridere Alessia. "Ci sono, ci sono...". Il resto della giornata trascorre tra scartoffie e chiacchierate tra colleghe. Una chiamata di Michael, proprio mentre sto per raggiungere l'auto di Alessandro, mi fa tornare alla realtà. Cerco di essere gentile. "Ciao. Come stai?" gli chiedo, fermandomi proprio di fronte ad Alessandro. "Ho letto i giornali. Che cos'è questa storia?". Va subito al sodo. Questa proprio non ci voleva. Ora che gli dico? "Te ne avremo parlato con calma, Michael. Anche se non credo che spetti a me darti spiegazioni. Devi parlarne con tuo padre". L'espressione di Alessandro cambia. "Perché? Non puoi spiegarmelo tu?" insiste. "No, ne devi parlare con lui. Sarà lui a dirti ciò che devi sapere". Alzo un po' la voce. "Va bene. Ci sentiamo, Marta". Sta per riattaccare, ma Alessandro mi strappa il cellulare di mano. "Cosa vuoi sapere?" borbotta. Mi lancia le chiavi dell'auto, indicandomi di mettere in moto, mentre lui fa il giro e sale dal lato del passeggero.

"Ora non ho voglia di spiegarti tutto al telefono, Michael. Vieni a casa mia, fra un ora. Ti spiegheremo con calma tutta la storia". Detto questo, riattacca e mi restituisce il telefono. Lo guardo attonita. "Spiegheremo? Scusa, ma io cosa c'entro?". Sono coinvolta più di quel che credevo. Non era necessario porre quella domanda. I suoi occhi mi fanno capire chiaramente la cosa che sto pensando. "Quindi gli diremo tutto?" chiedo a voce bassa, con un po' di timore. Fino ad ora, questa era una cosa tra me, lui e Francesco. Sì, anche se è di dominio pubblico, la sento come una cosa personale, che lega me ad Alessandro. Se la condividiamo anche con Michael, non so più come sentirla. "Ancora non posso credere che hai intenzione di dirgli tutto" borbotto, mentre entriamo a casa. "Nemmeno io faccio i salti di gioia. Ma, a questo punto, possiamo solo raccontargli le cose come stanno, visto che i giornali non fanno mistero di nulla". Il sole brucia. E pensare che è solo il dieci giugno. Fra mezz'ora arriverà Michael. Nel frattempo, ci godiamo un aperitivo a bordo piscina. "Sai, è stato molto strano quest'anno scolastico senza di te. Ero abituato averti attorno, soprattutto quando arrivavo prima a scuola". La sua voce è un sussurro dolce al mio orecchio, mentre siamo distesi entrambi sulla stessa sdraio. "Davvero? E io che pensavo di essere una rompiscatole". Scoppio a ridere. Prendo fra le mani la sua collana e la intreccio ripetutamente fra le dita, come sono solita fare. Scuote la testa. "Ma no. Non sei rompiballe. Ero già innamorato di te. Quindi, ogni momento in cui stavamo insieme era un vero piacere".

Rimango sorpresa da questa dichiarazione. Fino ad ora non mi aveva mai detto una cosa simile. "Michael è arrivato" esclama, alzandosi improvvisamente. È arrivato il momento del confronto. Alessandro gli apre la porta, invitandolo ad accomodarsi sullo sgabello della cucina e offrendogli una birra. Michael la accetta volentieri, con questo caldo. Alessandro inizia a raccontare i fatti. Costretto, per l'ennesima volta, a provare quel dolore che non se ne vuole andare. Io rimango in silenzio all'angolo del bancone, incrociando il suo sguardo ogni volta in cui alzava il suo verso di me. "Perché non me l'avete detto prima? Avrò il diritto di sapere se mio padre è coinvolto in qualche modo nella morte di una persona!". Inizia ad innervosirsi. Non voglio che la situazione precipiti, perciò decido di intervenire. Alessandro sembra già abbastanza provato. "Tu capisci come sta, vero?". Mi avvicino ad Alessandro e lo abbraccio, per fargli sentire che gli sono vicina in un momento difficile come questo. Poi proseguo. "È stato molto male in questi giorni. Proprio come me. Sapere che mio padre è coinvolto a sua volta in questa situazione, non ha fatto altro che peggiorare la cosa. E in più ho anche litigato con Paola. Puoi immaginare come stiamo". La stanza diventa silenziosa. I miei occhi cercano una risposta nei suoi. Ma non la trovano. Io e Alessandro rimaniamo uno accanto all'altro, incapaci di dire qualsiasi cosa. Le nostre mani rimangono intrecciate. Come per dirci che, qualsiasi cosa succeda, rimarremo uniti. Affronteremo tutto insieme.

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