11. Stranezze

1.4K 90 14
                                    

Era seduta sul letto di quella stanza che ormai l'aveva ospitata per quasi sei anni. Sbuffava ogni cinque secondi. Aveva la testa appoggiata alla parete dietro di sé e le gambe che penzolavano giù dal letto. Si guardava intorno annoiata e non potette fare a meno di essere disgustata dall'orribilità di quella stanza:  le pareti di quel posto erano di un colore scuro, in alcuni posti c'erano delle incurvature e ad altri mancava la pittura,  negli angoli c'erano delle ragnatele, mentre il soffitto era pieno di muffa. Poteva sentire le goccioline d'acqua che costantemente colavano dal soffitto e il russare della sua compagna di cella.

Sentì la ragazza, Jemie, sbuffare e in un secondo si ritrovò i suoi occhi scuri e iniettati di sangue che la fissavano. Doveva ammettere che gli incuteva timore qualche volta, ma sinceramente non se ne fregava. Aveva passato la sua intera vita lì dentro e aveva imparato a costruirsi un carattere forte e deciso, sfacciato e menefreghista.

"Vuoi smetterla di fare questo rumore? Sto cercando di dormire, troia." Sputò fuori con rabbia Jamie e subito si voltò nuovamente dall'altro lato in modo da darle la schiena. Voltò gli occhi al cielo, sbuffando, prima di fermare i suoi movimenti e fissare nuovamente un punto indefinito sul soffito. Non sapeva nemmeno se fuori fosse notte o giorno, aveva perso la cognizione del tempo.

Non seppe di preciso per quanto tempo stette a fissare quel punto scuro sul soffito. Secondi, minuti, ore.

Sentì dei passi pesanti in lontanaza e un tintinnio di chiavi provenire dal corridoio esterno. Colazione, lavoro, pranzo. Riposare, non fare un cazzo, doccia –una volta a settimana- e cena. Stessa monotona routine che faceva da sei anni.

I passi della guardia si fermarono dinanzi alla sua cella e puntò subito il suo sguardo su David, una guardia che era di turno solo di sera, quindi suppose che era scuro fuori.

"Ginnie a lavarsi. Esci da qui. Hanno pagato la cauzione." Disse David e subito i suoi occhi si spalancarono.

Cosa?

"Ma io devo uscire tr-" Cercò di dirgli, ma la guardia tagliò le sue parole con uno sguardo truce.

"Esci e non fare polemiche. Uscite da qui dentro e nemmeno andiamo bene." Blaterò David, aprendo la porta della sua cella.

Ginnie, perché quello era il suo nome, si alzò dal letto della sua cella e camminò lentamente verso l'uscita di quel posto.

Non poteva credere che dopo sei anni stava per rivedere la libertà nuovamente. Si voltò titubante verso Jemie e vide il suo sguardo di fuoco bruciare su di lei.                                                                

Si affrettò ad uscire e, quando fu finalmente fuori, David prese il suo braccio e la condusse verso i bagni al piano superiore, quelli venivano usati solo per i detenuti che erano in procinto di uscire definitivamente dal carcere. Non sapeva più com'era fatto il suo volto, come erano fatto i suoi capelli e persino il suo corpo. Aveva quella stupida divisa di colore grigio indosso, larga e puzzolente, finalmente avrebbe indossato nuovamente dei vestiti decenti.

In quel momento pensò a chi mai potrebbe aver pagato la cauzione, o meglio, chi diavolo aveva corrotto il dipartimento di polizia in modo da farla liberare? E poi perché dopo sei anni? I suoi pensieri andarono subito a suo fratello, ma rimosse immediatamente quel pensiero.                  

Era arrabbiata con lui, aveva una furia in sé. Era stato capace di scappare a gambe levate quel giorno, mentre lei era stata catturata innocentemente dalla polizia. Ovviamente il processo non servì a nulla, visto che la sbatterono direttamente dentro, senza darle la possibilità di giustificarsi.

Aveva la rabbia in sé. Non era più la ragazzina timida di una volta, in quel momento aveva una rabbia immensa, aveva il diavolo in sé, aveva qualcosa di più forte. Si era costruita un muro intorno a sé, intorno alle sue emozioni,  intorno al suo cuore.

HOOLIGANS | #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora