"Ti sei perso." Non una domanda, una certezza. Claudia lo conosceva abbastanza bene da conoscere la causa del suo ritardo, al di là delle scuse che stava cercando di trovare. "Me lo puoi dire, eh, non mi arrabbio."
Ryo sospirò all'altro capo del telefono. "Ero sicuro di..."
Lei rise, per nulla alterata dalla mezz'ora d'attesa. "Non avrei potuto scegliere soprannome migliore... Ryoga." Da lì veniva Ryo, non dal suo vero nome Dario, ma dalla sua capacità di perdersi sempre e comunque, in ogni situazione e luogo. "Dai, dove sei?"
"Non lo so, c'è un obelisco in mezzo alla piazza..."
"Come in metà delle piazze di Roma." Sospirò. "Dai, usa il navigatore, no?"
"Mi consuma tutta la batteria."
"Allora facciamo così, io vado al cinema. Se e quando arrivi, raggiungimi in sala."
Se e quando. Le parole della sua vita. "Ti troverò!" Le disse sicuro.
"Non ne sono così sicura..."
***
Ryo si sentì cadere e ruotò il busto per atterrare su un fianco. Toccò terra quasi subito, con il braccio destro che andò ad affondare in qualcosa di morbido, cedevole e instabile. E freddo. Sabbia, giudicò al tatto, mentre ancora gli occhi stentavano a riprendersi dopo l'ondata di bianco abbagliante.
"Dove sono..?" Si chiese con un filo di voce che si sfilacciò in quel riverbero già vissuto. Strinse gli occhi, scosse la testa, lasciò che la sabbia fredda scivolasse tra le dita come in una clessidra infranta. "No, non di nuovo..." Sussurrò con voce tremante, rimettendosi in piedi non senza sforzo.
Si guardò intorno: alle spalle un mare calmo come mai l'aveva visto, una tavola color lavagna senza accenni di increspature o vita; davanti a lui uno stabilimento balneare bianco, cabine dello stesso colore e, volgendo lo sguardo verso sinistra, quel che gli sembrava un grande albergo dal look barocco che sorgeva ai margini della spiaggia. Non era Napoli, ne era quasi sicuro. Non era tornato al punto di partenza e si forzò a considerarlo un bene.
Con un sospiro, si scrollò la sabbia da dosso e si avviò pian piano verso lo stabilimento, raggiungendo la passerella di pietra che si infilava oltre le cabine e sembrava condurre alla strada. Ma, voltato l'angolo, si bloccò: il vialetto era bloccato da una sagoma irrequieta e imponente.
***
Un cavallo. Fermo, evidentemente smarrito e spaventato a giudicare dal movimento nervoso delle zampe sulla passerella in pietra. Nel vederlo, scosse la testa e fece un paio di passi indietro, ma non scappò. Rimase piuttosto in attesa di capire cosa potesse aspettarsi da quell'essere bipede, probabilmente il primo che incontrava su quella spiaggia deserta.
"Ehi..." gli disse Ryo con un filo di voce, per evitare di agitarlo. "Pare che mi sono perso e qualcosa mi dice che lo sei anche tu." Fece un passo verso l'animale, ma non osò andare oltre.
Gli venne in mente un'immagine iconica di The Walking Dead, quella di Rick in groppa al cavallo nella città desolata, e scoppiò a ridere facendo sobbalzare l'animale. Crollò a terra, ridendo senza controllo per la situazione surreale e quantomai attuale. "Oddio," mormorò tra sé, "non sarebbe affatto una cattiva idea!" Se ne stava lì, steso a terra, ragionando su come poter applicare questa brillante intuizione, quando la testona bianca del cavallo invase il suo campo visivo. "Ehilà!" Gli disse sorridendo, con i nervi che si scuotevano lo stress di dosso, "vogliamo fare amicizia?"
Ma come? Non ne sapeva nulla di cavalli. Decise di lasciare che il tempo giocasse la sua parte. Si alzò in piedi lentamente e si diresse verso l'uscita dallo stabilimento balneare, per vedere cosa avrebbe fatto il cavallo, che scelse timidamente di seguirlo.
Per il momento, se lo sarebbe fatto bastare.
***
Ryo uscì in strada e lo sbuffo del cavallo alle sue spalle commentò con disprezzo.
"Che c'è, non ti piace qui?" Fece un paio di passi avanti e si guardò intorno con il misto di preoccupazione e curiosità di chi non sa cosa aspettarsi. La prima sensazione fu di bianco, di un eccesso di luce: c'era una strada, ma le due palazzine che vedeva oltre di essa erano candide. Una era bassa e punteggiata di luci, ora spente, di forma sferica; l'altra, quella più lontana da lui, era più alta e coperta di marmi bianchi, ma dominava l'area oltre un piazzale ugualmente chiaro. Andò in quella direzione, esaminando il lastricato candido del pavimento, i divani e tavolini di plastica bianca, la scala di qualche gradino che portava al palazzo e chiusa da una transenna... bianca anch'essa.
Sulla destra però spiccava il rosso, un edificio sguardrato e interamente di quel colore.
"Ma che razza di posto..." Iniziò a chiedersi prima di notare un grosso numero su una parete: 75. Accompagnato dalla sagoma stilizzata di un animale con le ali.
Ryo continuò a camminare, ma prima controllò cosa facesse il cavallo, che timorosamente faceva dei primi passi sull'asfalto per stargli dietro: aveva trovato un amico, il primo da quando quella follia era iniziata. Aspettò che gli si avvicinasse un po', prima di proseguire sulla strada e accorgersi che quel numero era ripetuto anche sull'esterno dello stabilimento alla sua destra. 75, ma questa volta un'informazione in più, importante e precisa, gli venne in soccorso: "Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica. La Biennale di Venezia 2018".
Era nel 2018? Qualche anno prima della guerra, delle bombe. Di Claudia. Come poteva essere possibile?
E poi Venezia? Quella non gli sembrava affatto Venezia. Non c'erano canali né gondole. E poi la spiaggia e il mare? Non ricordava che ci fossero nella città famosa per la laguna.
"Tu che ne pensi?" Chiese sorridendo al cavallo che era arrivato a qualche passo da lui. "Ti sembra Venezia?"
Uno sbuffo e una scrollata di testa furono una risposta più che eloquente.
Sotto occhi che dall'ombra scrutavano curiosi e furtivi.
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Red Moon People
Science FictionRyo era con la sua ragazza Claudia quando la fine è arrivata, quando l'accecante esplosione ha riempito il cielo e cancellato tutto. Ma ora ha riaperto gli occhi in un luogo che non riconosce. Solo, senza la sua compagna e senza nessun punto di rife...