Capitolo 19: Deviazione

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"No, mi dispiace, nemmeno una vaga idea..." Dario osservata lo scarabocchio fatto da Claudia e scuoteva la testa perplesso: anche quello non aveva alcun senso per lui.

"Uffff" Sbuffò la ragazza. Guardò nuovamente il disegno appena fatto, aggrottò le ciglia, si strinse nelle spalle. "Eppure a me sembra così chiaro... riproviamo!"

Dario la osservò mentre si chinava sul foglio, impegnata e concentrata, come a volerlo inglobare dentro di sé. L'idea era stata sua, per farle capire una volta per tutte che i suoi disegni e persino la sua grafia non erano chiare, ma ora che la vedeva così scossa nelle sue sicurezze se ne dispiaceva. "Alla fine non è un problema, eh..." Provò a dirle a mezza voce.

"No." Disse lei facendo oscillare la matita come un metronomo. "Ora smettiamo solo quando avrai capito il soggetto di un mio disegno."

Il suo ragazzo si lasciò cadere sul divano e intrecciò le dita dietro la nuca. "Mi preparo a una lunga sessione di..."

"Smettila!" Lo interruppe lei, ma il sorriso tradiva l'autoironia con cui stava affrontando quella sfida. "Come se non lo sapessi che impazzisci per questi adorabili scarabocchi..."

E sì, in fondo era proprio così. Lo faceva impazzire, soprattutto perché aveva la malsana abitudine di lasciare appunti e messaggi scritti a mano nell'era del digitale, delle chat e degli smartphone, ma faceva parte del suo essere unica e diversa.

"E però mi fai impazzire!" Le disse.

Lei ridacchiò e continuò a disegnare e scrivere parole incomprensibili. "Anche questo è un fascino, no?"

"Facciamo un patto."

Claudia smise di disegnare e sollevò lo sguardo su di lui, in attesa.

"Facciamo che lasci messaggi di questo tipo" e indicò il foglio pieno di sgorbi incomprensibili "solo in due casi. Uno" e sollevò un primo dito "se la comunicazione è goliardica e/o non importante. O due" e sollevò un secondo dito "se non hai altre alternative."

Lei lo guardò e annuì solenne. "Aggiudicato." Poi gli porse il foglio: "ora però non dirmi che non è chiarissimo!"

Non lo era.

***

L'orrore nei suoi occhi della donna li aveva preoccupati, ma erano stati i tonfi secchi, sordi, slabbrati e vibranti a guidare la loro scelta.

D'istinto e senza farsi troppe domande, si erano diretti verso la chiesa e avevano cercato una via d'accesso che non era stato difficile trovare. Il cerchio pieno e regolare tracciato accanto a una porta laterale rotta era stata la conferma che cercavano, di sicurezza e tranquillità.

Avevano aiutato la donna dai capelli carota a entrare nell'ambiente freddo e scuro, vi erano entrati a loro volta, uno dopo l'altro, finché non era stato Ryo a rendersi conto del problema.

"Epona!" Aveva esclamato il ragazzo. "Aiutatemi a creare un varco per farlo entrare."

"Legalo alla porta" lo rassicurò Michele. "Non dovrebbe saltare."

Dovrebbe. Un condizionale. Il tempo verbale manifesto della loro condizione. Ma il problema giaceva dietro quel suono non troppo distante e ripetuto. Passi, sembrava. Passi molto grandi e pesanti. "Non se ne parla!" Gli rispose deciso, così inamovibile da spingere lui e Tara ad accorrere per dargli una mano a spostare qualche asse il tanto per far passare l'animale.

Mentre i due creavano lo spazio sufficiente, Dario lo incoraggiò all'interno, carezzandogli il muso per trasmettergli sicurezza. "Andrà tutto bene..." gli disse con un brivido ripensando a immagini e sensazioni evocate da quella frase, a quel tempo non così lontano da cui tutto aveva iniziato a precipitare.

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