Capitolo 13: Ocarina of Time

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"Oh wow..." Un filo di voce, infastidito dalla polvere, strozzato, morto in gola. Claudia si voltò e sollevò il colletto della camicia che indossava su una t-shirt di Ranma, per schermare il respiro contro quell'attacco biologico.

"Ma è solo un po' di polvere!" La schernì Dario raggiungendola.

"Un po' di polvere?" Si spostò, fece un profondo respiro. "Ci sta mezzo Sahara su quella scatola. Da quanto tempo non mettevi piede quaggiù?"

Laggiù era la cantina di casa, un deposito di scatole più o meno ordinate, più o meno impolverate, piene di roba più o meno inutile. Dario aprì la bocca per rispondere, si fermò, scosse la testa. "Non ne ho memoria. Potrebbero essere due anni come cinque."
"Facciamo sette." Gli si affiancò nuovamente. "Comunque là sotto c'è qualcosa di interessante." Indicò una scatola anonima sotto un'altra appartenuta, un tempo, a una stampante. "Vedi? C'è scritto giochi." Lo guardò sorridendo. "Giochi! Magari sono giocattoli di quando eri piccolo, adoro questa roba!"

L'adorava anche lui, non poteva negarlo, ma quel posto smorzava il suo entusiasmo. "Sì, ma..."

"Niente ma. Scava!" Si rimboccò le maniche. "Dobbiamo recuperare il tesoro sepolto!"

E scavarono. Spostarono scatole impolverate e umidicce, adagiandole da parte con il rispetto che si doveva a reperti archeologici di quel calibro, e raggiunsero il loro obbiettivo. La scatola non era grossa, ma piena. Pesante, carica e ricca. Spiegazzata dal peso sopportato, ma orgogliosa di ciò che preservava. "Giochi..." Mormorò Claudia. E l'aprì.

Guardarono curiosi, con la delusione e l'entusiasmo che facevano un testa a testa per stabilire chi avrebbe vinto. "Ma è..." Claudia fece una smorfia "... una console?"

"Il vecchio Nintendo 64 di mio padre." Spiegò il ragazzo, sorridendo di un ricordo felice. "Lo guardavo giocare, mi piace tantissimo..."

Claudia spulciò la roba nella scatola. La console, i pad, i giochi. "Questi cosi rettangolari sono..."

"... le cartucce dei giochi."
Le passò in rassegna, lesse. "Kirby... Donkey Kong... Super Mario... Turok, questo sembra figo... Paper Mario?"

Dario scavò a sua volta e ne tirò fuori una: "eccolo!" disse, mostrandole una cartuccia in particolare, dorata, con la scritta Zelda in rosso così visibile. "Questo è il gioco più bello di sempre!"

***

Si svegliò con un brivido, lo stesso con il quale si era addormentato, figlio di una notte di sonno tormentato e incostante. Lasciò che lo sguardo corresse lungo le strisce di luce che filtravano sulle imposte, scivoli pericolosi che precipitavano verso l'ignoto, e si soffermò su Arturo e Mattia. In quell'ultimo paio di giorni si era ritrovato a considerarli la sua famiglia in quella situazione, ma non era così, non era affatto così: di loro non sapeva nulla, forse nemmeno gli interessava scoprire di più, erano solo un incidente di percorso, zavorra che si stava trascinando dietro lungo il suo cammino, ostacoli provvisori che si sarebbe lasciato alle spalle unendosi alla nuova squadra con Michele e Tara. Anticipò i tempi, si alzò senza svegliarli e uscì dalla stanza in cui li avevano messi a dormire.

Lo accolse la penombra del corridoio e un vociare lontano e sommesso: la parte della casa in cui li avevano sistemati era lontana dal suo cuore pulsante, un'ala dormitorio fatta di stanze in parte ancora chiuse, dal lato opposto rispetto alle zone comuni in cui erano stati il giorno prima. Vi si diresse cauto, guardandosi intorno ancora una volta, facendo cenni di saluto agli sguardi che incrociava lungo il cammino. Era e si sentiva l'ultimo arrivato, quello guardato con quel misto di curiosità e sospetto che non poteva che metterlo a disagio.

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