Capitolo 23: Dalla vetta si può solo scendere

24 5 5
                                    

"Ricordi quei giorni in montagna?" La voce di Claudia in cuffia, il buio su cui proiettare pensieri. 

Dario le rispose con un accenno di assenso. Ricordava eccome. La pace, la serenità, il silenzio. Una piccola fuga dalla frenesia del mondo che pure non gli dispiaceva... a patto di poterla mettere in pausa.

"Vorrei tornare lassù ora." Detto con un filo di voce, con la timidezza dei desideri impossibili. "Vorrei stare al di sopra di tutto questo."

Dario si sentì un groppo in gola, per il mondo che scivolava nel dramma, per la catarsi che Claudia gli proponeva.

"E sai qual è la cosa che più mi piaceva lassù?"

"Il silenzio." Ricordava quel nulla assoluto che emergeva non appena il vento calava o gli uccelli si zittivano. Il suono del mondo senza uomini.

"In tutti i sensi." Sospirò la ragazza. "I cellulari che non prendevamo. Senza interferenze, senza distrazioni... senza brutte notizie."

"Non potremmo comunicare.

"Saresti con me."

"E se non lo fossi?"

Silenzio. I pensieri che galleggiavano alla deriva. "Troverò sempre un modo per comunicare con te."

***

"Mi hanno raccontato molto di lei..." Dopo parecchi minuti di cammino in silenzio e una metropolitana semivuota, Michele aveva preso il coraggio a due mani e si era avvicinato alla loro nuova guida.

Avevano salutato Carola nel cortile dell'uomo, un addio fugace come era stato il loro incontro, e si erano messi in marcia per la loro nuova destinazione in una Berlino sonnacchiosa, tra l'impazienza di Dario e l'adorazione di Michele.

L'uomo che chiamavano Colombo sorrise distratto. "Sarei curioso di sentire cosa raccontate..." mormorò e subito sollevò una mano per fermare Michele che si stava lanciando in un resoconto dettagliato. "È un modo di dire. Solo un modo di dire." L'accento duro travestiva una voce pacata e gentile. "Quei giorni che raccontate, io li ricordo. Erano giorni di timori e angosce." Si fermò a un angolo di strada, si guardò intorno e scelse la direzione. "Dimenticateli come li ho dimenticati io."

Michele non ci stava. "Ha mosso i nostri primi passi, ci ha insegnato..."

"Vi ho insegnato a vivere nascosti sottoterra, come topi." Lo guardò amorevole. Gli sorrise. "Quando l'ho capito era troppo tardi." Sospirò. "Ma sono discorsi che meritano altro luogo e tempo. E vista la follia in cui viviamo, magari capiterà occasione."

Dario colse la palla al balzo per cambiare argomento: a lui di tutto quello non interessava più niente, se mai gliene era fregato qualcosa. "Dove siamo diretti?"

"Ora, qui a Berlino, o in generale?"

Dario non capì la domanda e si strinse nelle spalle. "Io devo andare ne..."

L'uomo rise, una risata profonda e trattenuta, e indicò una mongolfiera davanti a lui. "Lo so dove devi andare, ma ora stiamo andando a quel pallone laggiù." Guardò i tre che lo seguivano e si accorse che quella risposta non sarebbe bastata. "Siamo in quattro e dobbiamo andare in tre posti diversi. Stiamo andando in un altro Stift che apre a tutte le strade che ci servono. Una per me" e si indicò il petto, "una per loro due" e indicò Tara e Michele, "il maledetto 2020 per te" e fissò lo sguardo su Ryo.

Il ragazzo sostenne lo sguardo, serio e deciso. "Non approva la mia scelta?"

Colombo sbuffò. "Mi preoccupa. Niente di buono ne può venire fuori."

Red Moon PeopleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora