Laura's POV
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*Past.*
Durante il primo superiore, ogni santo pomeriggio, rinchiusa nella mia piccola camera, uscivo fuori di testa per studiare chimica. Per cercare di capire qualcosa tra i composti, la loro composizione, le proprietà e altre mille cose. Ora, in questa lussuosissima camera di hotel che si affaccia sul centro di Madrid, mi trovo nella stessa identica situazione di anni fa. Tra le mani non ho il libro di chimica, ma bensì un contratto di ben quaranta pagine, formato da clausole, termini da accettare e quant'altro. Mentre leggo per la nona volta la stessa riga, sbuffo e cado all'indietro, sul morbidissimo letto ricoperto da lenzuola di seta color oro. Afferro il telefono e sono quasi tentata dall'idea di chiamare mio zio, il fratello di Dylan.. mio padre. È uno fra gli avvocati più famosi della Georgia (dove vive) e l'idea di seguire il consiglio di Mr. Holland - ovvero quello di chiedere aiuto ad un avvocato nel momento in cui avessi avuto dubbi o problemi - è quasi più potente del mio orgoglio. Infondo chiamo lui, non Dylan. Gli chiederò di non dire nulla, andrà tutto bene. Apro la chat di mio padre e rileggo gli innumerevoli messaggi che ogni giorno mi ha inviato: dal giorno del nostro litigio fino ad oggi. Un "buongiorno" alle otto del mattino ed una "buonanotte" alle ventitré. Chiudo la chat scuotendo la testa, e premo sull'icona per cercare un contatto, digitando subito dopo "Tony Badass". Avvio la videochiamata ed attendo con un nodo sulla gola che mio zio risponda. Dopo un paio di squilli vedo comparire la sua faccia sullo schermo e scoppio a ridere vedendo quant'è impacciato in campo tecnologico. A lui piacciono di più le scartoffie.
«Laura! Ciao bellissima!»
Allarga i suoi acchi verdi e mi manda un bacio attraverso lo schermo.
«Ciao zio! Come stai?»
Io e mio zio siamo sempre rimasti in contatto, nonostante gli anni ed i chilometri che ci dividono. Forse, è stato più presente di Dylan.. non che ce ne voglia molto.
«Benone e tu? Dove sei?»
Deve avere sicuramente ospiti in casa visto che dietro di lui ci sono persone che ridono e bevono. Posso sentire anche una canzone rock in sottofondo.
«A Madrid, in Spagna. Ora ti dico tutto ma tu promettimi di non dire niente a Dylan. Né di questa chiamata né di quello che sto per raccontarti.»
Vedo che mentre mi ascolta si allontana da quel baccano, fino ad uscire fuori dalla casa.
Sospira e si accende una sigaretta, passandosi una mano fra i capelli biondi cenere. A vederlo ora, non sembrerebbe per niente un avvocato che si infila in abiti da pinguino.
«Ah, e va bene. Raccontami.»
Comincio a raccontargli ogni cosa, per filo e per segno. I miei diciassette anni, il litigio con mio padre, mia madre, il primo fidanzato, i diciotto anni e il mio primo singolo. Scopro d'altronde che Dylan non gli aveva riferito di quello che era successo tra noi. Quando finisco di parlare sembra che io abbia finito tutte le forze a mia disposizione. Mio zio mi guarda quasi dispiaciuto ed io riprendo subito con il mio discorso, ancora non completamente giunto al termine. Odio quello sguardo che mi rivolgono le persone quando parlo della mia situazione familiare. Ecco perchè in pochi sanno quello che passo. E poi.. non è mica la fine del mondo! Ci sono casi molto più gravi rispetto ai miei.
«E dopo la mia prima canzone, mi chiama una casa discografica che ha sede qui, a Madrid, dicendomi di volermi offrire un contratto a due anni. È qui che entri in gioco tu. Sai che io non sono una persona pessimista, ma in egual modo non voglio l'ottimismo come scudo. Appena arrivata mi è sembrato di essere in un sogno. Ho incontrato il direttore della casa discografica, un certo Holland.»
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Georgia. || With Jeffrey Dean Morgan.
FanfictionEstratto: «Dimmi un po', l'hai trovato quindi il tuo posto nel mondo?» Rimaniamo a guardarci per qualche secondo. Il suo viso è nella penombra e non riesco a capire dove finisca la sua pupilla e dove inizi l'iride. Abbasso gli occhi e guardo le sue...