Chapter five.

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Laura's POV

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*Past.*

Mentre guardo le nuvole sotto di me penso a quanto questa terra - nonostante tutto -, mi abbia dato tanto. Sono persa nell'infinità del cielo, nel sole appena sorto che mi sto lasciando alle spalle. Le cuffie nelle orecchie mi trasmettono quella tranquillità di cui ho bisogno in questo momento, tramite "November Rain" dei Guns n' Roses. Ho ancora gli occhi lucidi a causa delle parole che mi hanno detto Michela, Giovanna e Giorgia, sussurrate fra gli abbracci e fra le lacrime che frivole scivolavano via dai nostri volti.

«Stendi tutti tigre, meriti di essere felice.»

Il nostro saluto è stato veloce, fin troppo, visto che arrivata in ritardo, il gate per prendere l'aereo stava per chiudere. Varcate le porte mi sono voltata un'ultima volta e le mie tre amiche hanno alzato le loro mani facendomi il segno del Rockn'Roll. Sono triste perché sto per lasciarmi dietro un passato tanto doloroso quanto dannatamente bello. Ma come ha detto Giorgia "questo non è un addio."

Abbiamo giurato di sentirci ogni sera via Skype, così da non lasciare al caso il rapporto che abbiamo stretto e costruito in tutti questi anni.

Durante il breve viaggio ascolto tutta la playlist composta da canzoni che hanno costituito - insieme a lacrime, sorrisi e cazzate - la mia adolescenza. Vorrei portare tutte le persone che amo con me in questo viaggio, ma purtroppo mi è impossibile. È una parte che devo pagare. Sapendo quello che mi aspetta, però, posso essere felice di andare finalmente in un posto che mi apparterrà per il prossimo anno. Una casa discografica americana che ha una sede in Spagna, dopo l'uscita della mia prima canzone e delle cover pubblicate on-line, mi ha contattato per offrirmi un contratto di lavoro. Sembra un sogno e mentre mi guardo attorno ancora non riesco a realizzare. La Spagna è la mia meta e questa volta a farmi compagnia c'è il mio mp3, la mia chitarra e la mia piccola valigia contenente il minimo indispensabile, piena di sogni e speranze.

Il volo sembra non finire mai e quando finalmente atterriamo ho l'ansia a mille. Devo incontrarmi con il mio - spero - futuro capo, nella sede della casa discografica a breve. Dopo essere scesa dall'aereo e mi dirigo al ritiro dei bagagli. Cammino lentamente e mi guardo attorno curiosa, come una bambina in un negozio di giocattoli. Tutto intorno a me si muove velocemente, le voci si accavallano fra loro.

Dopo aver preso la valigia ed essermi caricata la chitarra acustica sulla spalla, accendo il mio telefono. Nemmeno il tempo di rispondere alle mie amiche che mi arriva una chiamata da un numero con prefisso spagnolo.

«Pronto?»

«Signorina Black?»

«Sì?»

«Salve, sono il signor Holland. Com'è andato il viaggio? Una macchina la sta aspettando fuori dall'aeroporto. Verrà accompagnata nell'hotel dove sarà ospite. Ho pensato che prima dell'incontro le avrebbe fatto comodo darsi una rinfrescata.»

«Oh, salve. Il viaggio è andato abbastanza bene.. la ringrazio infinitamente!

«Per quanto riguarda l'incontro? Mi manderà le informazioni in seguito?»

«Sì, vi invierò un messaggio con tutto l'occorrente.

«Ora mi scusi ma devo andare, il dovere mi chiama!»

Ripongo il telefono nella tasca dei jeans e soffoco un gridolino di felicità, mettendomi la mano davanti la bocca. Quando vedo un uomo aspettarmi fuori dall'aeroporto, con un cartello con scritto il mio nome, mi sento come se fossi la protagonista di un film. L'uomo mi da il benvenuto in Spagna e mi apre subito dopo la portiera, come da vero gentleman. Parla in inglese anche se il suo accento spagnolo è evidente. Mi fa qualche domanda di circostanza e nel frattempo io rispondo ai miei messaggi. I miei nonni mi chiedono se va tutto bene e se, ovviamente, ho mangiato. Le MOA* sono curiose di sapere ogni singola cosa. Ripongo il telefono nella borsa e mi godo il paesaggio spagnolo attraverso il finestrino.

Georgia. || With Jeffrey Dean Morgan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora