Chapter twenty - five.

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(capitolo di passaggio)

Laura's POV

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*PAST*

Finisco il turno con mezz'ora di straordinario (non pagato), ed esco dal ristorante mentre mi metto lo zaino in spalla. Una sigaretta incastrata tra le mie labbra che aspetta solo di essere accesa. Non sono stupita quando nel parcheggio che devo attraversare per andare verso la stazione, trovo il mio professore appoggiato alla sua bellissima Audi nera. Respiro a fondo aspettano che inizi a parlare.

«Laura.»

Mi richiama quando gli passo accanto senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Sento i suoi occhi azzurri bruciarmi la nuca.

«Perderò l'autobus prof, è l'ultima corsa della giornata.»

«Oggi la Cotral sciopera.»

Mi blocco sui miei passi e lo guardo. Prende l'ultimo tiro dalla sigaretta e poi la butta a terra. Si stringe nel suo lungo cappotto nero per via di una folata di vento improvvisa.

«Dice veramente?»

«Sì. D'altronde non è nemmeno una novità.»

Mi rigiro e serro la mascella. Un lamento esce fuori dalla mia bocca seguito da varie imprecazioni.

«Porca puttana! Cotral del cazzo!»

«Forza, andiamo.»

Corrugo le sopracciglia e mi volto ancora. Lui mi sorride e mi fa un cenno verso la sua macchina.

«Dai, la strada che devo fare per tornare a casa è quella. Basta fare una piccola deviazione di cinque chilometri.»

Rimango ancora ferma.

«Porca puttana Black, sto congelando, vuoi muovere o no quel culo?»

Mi risveglio e prendo l'ultimo tiro dalla mia sigaretta, buttandola subito dopo a terra. Cammino poi verso di lui ancora poco convinta.

«è sicuro?»

Alza gli occhi al cielo.

«Sì, sì, sono sicuro. E poi perché mi dai ancora del lei? Ci conosciamo da più di cinque anni e pensavo avessimo passato queste cordialità. Mi fai sentire vecchio.»

Mi apre la portiera e io salgo in macchina. Fa il giro e sale anche lui. Senza aspettare ancora mette in moto e parte.

«Allora..»

Oh no, ti prego no.

Sapevo che avrebbe iniziato in qualche modo ad entrare nella parte dell'analista. Faceva così anni fa, ma avanti a lui aveva una persona completamente differente rispetto a quella che sono ora.

Rimango in silenzio e guardo fuori dal finestrino, osservando con occhi persi la strada che ci lasciamo alle spalle.

«Inizi a parlare tu o ti devo togliere le parole di bocca?»

Mi giro e lo guardo. Lui mi lancia un'occhiata veloce, mantenendo un'espressione seriosa.

«Non ho niente da dirti Fabrì.»

Sospira a fondo.

«Si certo, ricordi che ti ho vista crescere?»

Intreccio le mani tra loro e rimango in silenzio. Passa un buon minuto e poi Marchetti parla ancora.

«Che hai cicia?»

Chiudo per un attimo gli occhi. Quel soprannome. Quel soprannome che anni fa mi trasmetteva una sicurezza allucinante. Mi bastava cercare con lo sguardo la figura del mio professore tra i corridoi della scuola e immediatamente mi calmavo. I suoi occhi rassicuranti che mi capivano in pochi secondi.

Georgia. || With Jeffrey Dean Morgan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora