Chapter twenty-eight.

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Entro in casa alle sei del pomeriggio in punto. Mi guardo intorno e faccio velocemente mente locale della situazione. Estraggo dalla tasca posteriore dei pantaloni il biglietto del direttore del centro di recupero e rimango a fissarlo per un paio di secondi. Digito il numero al telefono e premo il tasto per avviare la chiamata. È meglio tagliare la testa al toro, sono stanca di tutte queste questioni irrisolte, ne ho piene le palle. Devo rimettere tutto al proprio posto e prima di godermi il weekend con Jeffrey preferisco togliermi un sassolino dalla scarpa che mi da un fastidio cane. Al sol pensiero di partire con Jeff per non so dove, torno ad essere di buon umore. Lui annulla tutto quello che c'è intorno a me, annulla i problemi, annulla il marcio della mia vita.

-Pronto?-
-Salve, parlo con Mark..- leggo il nome scritto a penna sul biglietto. Mio zio ha una grafia di merda.
-Mark Addams?-
La chiamata dura veramente poco. Prendiamo appuntamento per martedì e ci auguriamo entrambi di risolvere la questione il più velocemente e discretamente possibile. Apprezzo la professionalità del direttore è dopo avergli augurato un buon fine settimana, riattacco.

Questa è andata, penso mentre salgo le scale, pronta a preparare la piccola valigia che porterò con me per i prossimi due giorni. Noah rimarrà con Clarissa e suo figlio. Sono così contenta che quella donna abbia finalmente cambiato vita. Si è comprata un appartamento in centro, lontano dal suo ex marito che ha a carico un ordine restrittivo. Ha seguito i miei consigli, lo ha denunciato e non perde mai l'occasione per ringraziarmi per il supporto che le ho dato durante questi mesi. Mentre guardo i vestiti all'interno della cabina armadio, non riesco a capire da dove cominciare.

Intimo. Sì, decisamente. Prendo un paio di completi e li metto nella valigia, una maglietta a maniche corte, un leggins, un jeans e un maglioncino. Poggio su una sedia un paio di jeggins stile anni 90 e una felpa bianca, outfit comodo che indosserò stasera dopo il viaggio. Dopo aver recuperato lo spazzolino e quant'altro, mi butto in doccia, passando buoni 15 minuti a canticchiare contenta. Non sto nella pelle e posso paragonare questa sensazione a quando andavo in gita con la scuola durante le medie. Quella sensazione strana, appena fastidiosa, che precede un momento che aspetti con ansia. Apro l'anta della doccia e avvolgo il mio corpo con un asciugamano bianco.

La suoneria del telefono mi fa sobbalzare e mi guardo intorno, cercandolo tra il vapore creato dall'acqua calda della doccia. Sul display compare il nome "Jeffrey" e non posso fare a meno di sorridere.

-Pronto?-
-Ehi, che fai?-
Sento dai rumori di sottofondo che si trova in macchina e il suono prolungato di un clacson me lo conferma.
-Sono appena uscita dalla doccia.- rispondo, lasciando cadere l'asciugamano a terra e uscendo dal bagno, per dirigermi a piedi nudi in camera. Sento un lieve sospiro dall'altra parte della cornetta e poi altri rumori.
-Quindi sei nuda?- La sua voce ora è molto più chiara, roca, calda. Ipotizzo che abbia tolto il vivavoce e che si sia portato il telefono all'orecchio. Mi viene da ridere all'idea di un Jeffrey impaurito di qualcuno che possa sentire la nostra conversazione. Ho un brivido che si espande lungo la mia schiena.
-Completamente nuda.- Decido di stare al gioco e marco con enfasi l'ultima parola. Jeff ride appena e poi sospira. Viene a ridere anche a me, immaginandomelo mentre si passa una mano fra i capelli con l'ombra di un sorriso malizioso sul viso.

 Viene a ridere anche a me, immaginandomelo mentre si passa una mano fra i capelli con l'ombra di un sorriso malizioso sul viso

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Georgia. || With Jeffrey Dean Morgan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora