Chapter seventeen.

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Dopo esserci seduti a tavola ed averci mangiato la pasta con i gamberi, ci spostiamo in salotto oppure in terrazza. Noah crolla sul divano dopo appena cinque minuti e Salvatore lo porta su per le scale per metterlo a letto. Maria è in sala da pranzo e la sento mentre mette apposto alcune pentole nella credenza. Norman, dopo una chiamata con la dua fidanzata, è corso e si è rinchiuso in camera. Sembra veramente un adolescente a volte. Laura sta fumando una sigaretta in terrazza ed io non posso fare a meno di raggiungerla. Esco dalla porta finestra e mi vado a sedere accanto a lei. Mi guarda e mi accenna un sorriso.

«La cena era squisita. Penso di non aver mai mangiato così tanto bene in vita mia.»

Mi ringrazia e torna a guardare il mare. Non tira un filo di vento e la temperatura è perfetta. Il mare è calmo e sento il suono delle onde che si infrangono contro le pietre sotto di noi.

La sigaretta le pende dalle labbra e mi fermo a guardarle il profilo.

Prendo il mio pacchetto, prendo una sigaretta e poi prendo quella di El ancora incastrata fra le sue labbra. La porto vicino la mia e l'accendo. Guardo Laura e lei scuote la testa, ridacchiando.

«Hai ragione, questo posto è un paradiso.»

Si gira di scatto e mi guarda con occhi sbarrati, come se avesse improvvisamente avuto un colpo di genio.

«Cos'è successo?»

Chiedo con una voce mista tra la preoccupazione ed il divertimento.

«Mi hai fatto venire in mente una cosa!»

Si alza, mi afferra il braccio e mi trascina con sé dentro casa.

«Aspetta! Ho la sigaretta accesa, non posso entrare!»

Senza sentirmi, mi fa passare attraverso il salotto e la sala da pranzo, dove sua nonna ci guarda confusa e divertita.

«Dove andate.»

Guardo Laura che sembra essersi calmata.

Le dice qualcosa in italiano ed io resto impalato come uno scemo, senza aver capito nemmeno una parola. El mi riprende poi il braccio e mi conduce fuori casa.

«Non pensavo che una persona minuta come te potesse avere tutta questa forza, mi hai quasi staccato un braccio.»

La ragazza si gira verso di me con espressione preoccupata.

«Ti ho fatto male?»

Si avvicina e mi prende nuovamente il braccio, questa volta con una dolcezza che pensavo non potesse nemmeno esistere.

La guardo e ridacchio, lei mi segue.

«No, tranquilla, stavo scherzando. Piuttosto, dove andiamo?»

El si guarda per un momento intorno, come se stesse facendo mente locale. Indica poi una serie di case e si gira per fissare i suoi occhi ai miei.

«Ti porto in un posto veramente magico.»

Comincia a camminare ed io sono costretta a seguirla. Passiamo per alcune stradine poco popolate e la donna accanto a me continua a ripetermi che non ho visto mai niente di più bello, che è un posto che non conosce nessuno e che lo amerò. Mentre la curiosità comincia a crescere, rifletto sul fatto che sia incredibile come El riesca a farmi tornare bambino con così poco. Una canzone, un discorso, un luogo. La guardo mentre parla senza fermarsi, gesticolando. Mi nasce un sorriso affettuoso sulle labbra. È così bello vederla senza pensieri, sentirla parlare, notare come i suoi occhi brillino per chissà quale idea creata nella sua testolina. Mi guarda e la sua parlantina si ferma improvvisamente.

Georgia. || With Jeffrey Dean Morgan.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora