Due piedi nascosti in un paio di Crocs bianche si fermarono davanti ad Ermal. Era seduto e i suoi gomiti poggiavano sulle gambe. Aveva appena bevuto un caffè per restare attivo. Era seduto su quella sedia metallica da tempo. Gioia si era svegliata ed era uscita dalla terapia intensiva, ora poteva ricevere visite. Quindi erano andati all'ospedale in tanti, oltre a Ermal e Roberto, i suoi amici, anche i suoi parenti. Di lì a poco sarebbe stata trasferita dall'ospedale di Bari a quello di Modena, dove lei viveva, forse l'avrebbero addirittura dimessa. Appena l'aveva saputo Ermal era scappato dalle prove e era andato al secondo piano di quell'ospedale, ad aspettare. Era passato molto tempo da quando Gioia si era sentita male, e aveva una strana paura di rivederla. Quei piedi davanti a lui erano collegati ad un'infermiera, che guidò lui e Roberto alla stanza di Gioia. Quando la vide, Ermal restò di sasso. La ragazza che lui conosceva, paccioccosa, vivace, con le guance sempre rosee e i capelli disordinati aveva lasciato posto a una ragazza smunta, pallida e ... senza capelli. Non ci volle molto a capire. Aveva un tumore che quel giorno le aveva provocato lo svenimento e il conseguente trauma cranico e il tutto era sfociato in un anno di ospedale. Ermal cercò di ricacciare le lacrime. Doveva essere forte per lei. "Non sprecare due lacrime. Ti serviranno. Ma non adesso. Non adesso." se lo ripeteva quasi con disperazione. Gli occhi avevano mantenuto la stessa vivacità, ma erano provati dalla malattia. La conversazione fu delle più normali, e Roberto riuscì addirittura a farli ridere. Uno si immagina sempre che in situazioni del genere si possano fare le riflessioni più profonde, ma in realtà quello di cui si ha profondamente bisogno è una piccola dose di normalità. Gioia era diventata anche più mordace del solito, infatti chiese a Ermal: "In tutto questo tempo non hai scritto niente pensando a me?". Roberto intervenne:" Oh! Rispetto per i poeti!" e Ermal rise: "Non ti si può nascondere niente eh?" e tirò fuori un foglio su cui erano scritte pochissime parole. "Ho temuto di averti persa. L'ho scritto in un giorno qualunque, pensando a te, ti avrei voluta cercare e non lo potevo fare. E' la cosa più lontana che ci sia da una poesia. Forse un giorno lo diventerà. Ok sto parlando troppo", concluse con un sorrisino imbarazzato. Gioia spiegò il foglio e lesse: "Ah, se fossi ancora qui con me ti farei vedere io che la lezione d'amore che mi hai insegnato l'ho imparata bene. Sempre sarai.". Gioia si stava commovendo. Ermal le strinse la mano e le bisbigliò all'orecchio: "Non sprecare due lacrime, ti serviranno, ma non adesso. Non adesso." Gioia chiese sussurrando: "è una tua nuova canzone?" . Ermal sorrise: "Forse". Entrò l'infermiera e li fece uscire, il tempo era finito.
Dopo aver salutato Roberto, si avviò al parcheggio dove lo aspettava la sua auto bollente. Aprì tutte le portiere per rinfrescare per quanto possibile l'abitacolo, e intanto chiamò Silvia. Dopo un paio di squilli si ricordò che era in onda a quell'ora e le mandò un messaggio. Poi, mentre richiudeva le portiere, digitò un altro numero.
"Dino? Ciao, state ancora provando?"
"A dire il vero ce ne stavamo andando, tra quanto potresti arrivare?"
"Una ventina di minuti, troppi?"
"No, no, va bene, va bene, a dopo."
Ermal si sedette al posto di guida e accese quasi contemporaneamente il motore e una sigaretta. Abbassò il finestrino con la manovella e si diresse alle prove, schivando i turisti che spuntavano da ogni dove. Quando finalmente arrivò, trovò solo Dino. "Troppo tardi?" chiese, dispiaciuto. "No no, gli altri stanno arrivando."
"Arrivando? Non erano qui ?" chiese Ermal confuso. Tuttavia si rassegnò vedendo lo sguardo eloquente di Dino che stava a significare: "Non fare domande e aspetta."
Restarono un po' in silenzio, mentre Ermal fumava fuori dalla finestra. Ancora. Era nervoso, ma non sapeva dire bene perché.
Arrivò Lele, e qualche istante dopo anche Giovanni. Giovanni aveva tutta l'aria di una persona con tanta voglia di litigare. Lele invece sembrava appena svegliato da un pisolino pomeridiano.
Fu Giovanni il primo a parlare: "Cosa c'è Dino? Non abbiamo finito le prove intorno alle due di oggi pomeriggio quando qualcuno - disse guardando Ermal - ha ricevuto una chiamata e ci ha piantati in asso dicendo "devo andare"?"
"Cosa? Ma Dino, mi avevi detto che stavate ancora provando..." tentò di dire Ermal, che fu però sovrastato dalla voce di Lele che diceva: "La vera domanda è: ci serve ancora provare? Tanto proviamo, proviamo e non combiniamo mai niente!"
"Sei tu che non combini niente forse! Con sta storia della gamba ogni scusa è buona per far lavorare gli altri!" sbottò Giovanni.
"Come sarebbe a dire questa scusa ?" chiese Lele enfatizzando le ultime parole e mimando delle virgolette con le mani. "Solo perché tu hai un altro lavoro non significa che tu sia l'unico a lavorare!"
"E' vero" rispose pacatamente, con uno strano sorriso. "Perché anche Dino ha ricominciato a lavorare in questo negozio di dischi! E quindi a lavorare qui siamo in due."
"Hai ragione Giovà, ma IO non ve lo faccio pesare ogni momento come se fosse colpa vostra se devo lavorare!" replicò Dino, che fino a quel momento aveva cercato di stare zitto.
"Quindi fammi capire: siamo in tour da più due anni, abbiamo scritto due dischi che non riusciamo a vendere, le nostre canzoni non passano alla radio e ormai con la musica non riusciamo più a guadagnare un soldo ma noi comunque ci compriamo il furgone nuovo perché siamo ottimisti, Ermal non è più capace di scrivere una cazzo di canzone e il problema adesso è che io lavoro e questo condiziona le vostre prove?!"
"Provaci tu a scrivere delle canzoni con tutta questa pressione addosso! Anzi, provaci tu a scrivere delle cazzo di canzoni ogni tanto! E se non sei capace stai zitto e accetta il fatto che non sono un robot ma un uomo, sono un fottuto essere umano che ha le sue debolezze e incertezze, che va a vedere una sua amica all'ospedale quando finalmente esce dalla terapia intensiva e che, guarda un po' scrive canzoni non quando vuole, ma quando riesce." Sbraitò Ermal tutto d'un fiato.
"Visto? Lo avevo detto io che non ha più senso trovarci e provare, non ne viene fuori nulla!" intervenne Lele. "Non so neanche perché minchia Dino ci ha riuniti qui stasera! Non hai ancora detto niente, cosa avevi in mente?"
Dino stette in silenzio, e con lui tutti gli altri. Non si guardavano negli occhi, troppa vergogna. Dino fece un sospiro e disse: "L'avete dimostrato voi perché era necessario vederci oggi."
"Senti Dino non fare il simpatico che non ho tempo da perdere". Questa frase s'infilò nella breve pausa che aveva fatto il bassista, ma lui non capì da chi provenisse, tanto l'aveva detta a denti stretti.
"Sono settimane che c'è tensione tra di noi. Chiaramente ognuno è teso perché la musica non sta andando come vorremmo, perché si comincia a fare fatica a vivere solo di quello, perché il secondo album è praticamente invenduto, perché neanche quando siamo tra noi riusciamo più a divertirci quando suoniamo, e questo anche perché, come band , non riusciamo più a scrivere canzoni. Ma ci sta, non si può essere sempre al top, nessuno può. Secondo me avevamo bisogno di sfogarci e stasera l'abbiamo fatto."
Restarono tutti in silenzio per un po', e poi cominciarono a parlare tutti insieme. "Scusa se ti ho dato dello scansafatiche". "Scusa se ti mettiamo tutta questa pressione". "Scusate se vi faccio pesare il fatto che debba lavorare", "Scusaci tu, che ti facciamo sentire in colpa per questo". Si abbracciarono, sorridendo. Dino disse quasi per scherzo: "Se qualcuno ha qualcosa da aggiungere parli ora o taccia per sempre!"
Ermal alzò la mano, serio. "Io ho qualcosa da aggiungere". Prese la chitarra e disse: "E' tutto il giorno che ho in testa una melodia..."
E cominciò a cantare in falsetto: "Sarò luce nei tuoi giorni bui, sarà questo che io farò/ non sprecare due lacrime, ti serviranno, ma non adesso" e poi come se la chitarra lo avesse assorbito, senza più falsetto continuò: "Non adesso... non adesso.. non adesso... non adesso.."
Si fermò un momento e guardò gli altri. "Sapete ragazzi, a volte la musica mi salva. E' come una specie di divinità che mi prende per mano quando penso di essere destinato a cadere. E' la luce quando è buio, è il colore manca nel mio arcobaleno, è ciò che mi salva dall'indifferenza quando vorrei mollare e rimettere nel cassetto questo assurdo sogno della musica. Ragazzi, penso che stanotte nascerà una canzone.". E per la prima volta quel giorno, sorrisero.
Lele disse: "Bene, se nessuno ha altro da aggiungere, io andrei a mangiare che ho una fame..!"
Ermal alzò la mano di nuovo e disse: "Io ho un'altra cosa da aggiungere."
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9 Primavere
FanficErmal Meta è il frontman della rockband sconosciuta più famosa d'Italia, ancora non sa dove lo porteranno le 9 primavere successive, ma sa che alla musica, suo grande sogno e riscatto, non rinuncerà mai. Lo accompagneranno colleghi musicisti che div...