Parte 45

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Mi stavo facendo la doccia quando la porta si spalancò mostrandomi un Niccolò mezzo addormentato.
"No ma tranquillo, buongiorno anche a te"
"Buongiorno" Aveva qualcosa, lo capii subito.
"Che hai?"
"Chantal non ti ho detto una cosa" 
"Cioè?" Chiusi l'acqua e mi affacciai dalla parete.
"Da questa sera non mi vedrai per un po'"
"Perchè?"
"Sai quella sera che dovevamo uscire ma non potevo? Dovevo fare un concerto, il tour non è finito, l'ho appena iniziato quindi per motivi ovvi non potremmo vederci"
"Ah" L'unica cosa che riuscii a dire.
"Mi dispiace"
"Non ti preoccupare, è il tuo lavoro" Cercai di sorridergli.
"Chantal è il sorriso più finto che ti abbia visto mai fare"
"Ci sono rimasta di merda perchè me l'hai detto ora, non potevi dirmelo prima?"
"Non sapevo come dirtelo"
"Fa nulla, finisco di lavarmi e ripartiamo così siamo a Roma in tempo per farti fare tutto con calma" Riaccesi l'acqua.
Uscii dalla doccia e mi fiondai in camera per cambiarmi, Niccolò non c'era, provai a chiamarlo ma mi riattacò, dove cazzo era finito?
Bussarono poco dopo alla porta.
"Sì?"
"Signorina Chantal la colazione è pronta"
Spalancai la porta e mi trovai davanti Niccolò con una busta in mano.
"Sei un mongolo, mi hai fatto preoccupare"
"Direi che oggi la colazione la facciamo sul balcone godendoci il paesaggio"
Ci sedemmo sul tavolino fuori dal balcone.
"Chantal comunque tu dovresti tornare al lavoro"
"Lavoro?"
"Sì, lavori come barista nel bar dove ci siamo conosciuti, appena torniamo a Roma ti faccio vedere"
"Va bene"
Stavamo mangiando e bevendo in silenzio, non c'era nulla da dire eppure fra di noi c'era qualcosa che ci teneva distanti, il freddo più totale.
"Chantal" Ruppe il silenzio.
"Sì?"
"Resti?"
"Non sto capendo"
"Vedi, è difficile starmi vicino, complicato potrei dire, e bisogna fare sacrifici ma tu, per favore, puoi restare?"
Mi spiazzò, probabilmente avevo gli occhi lucidi e le mie labbra erano socchiuse in cerca di parole giuste da dire.
"Sì, io capisco che il tuo lavoro ti occupa molto tempo, che saranno più le volte che ti vedrò attraverso un televisore o un telefono che quelle che ti vedrò di persona e che da un giorno all'altro tu potresti andartene dall'altra parte dell'Italia e rimanerci per giorni" Feci una pausa "Io non so esattamente come andranno le cose fra di noi ma ora come ora non troverei nessun pretesto valido per allontanarmi, nemmeno tutti quelli che ti ho appena elecanto"
Il suo sgurdo mi stava bruciando.
"Sai cos'è la cosa più bella?"
"Cosa?"
"Che lo dici con un sorriso, ma con un sorriso, che fa pensare che tu ci stia credendo davvero in quello che stai dicendo"
"Ed è così, altrimenti non l'avrei mai detto, ho sempre odiato non dire le cose, preferisco sbatterti la verità in faccia anche quando è una merda che fingere per farti stare bene"
"Un giorno, ero a Milano per un concerto, ho ricevuto una chiamata: era Francesco, tu quella sera saresti dovuta andare in discoteca da quanto mi avevi detto e quando ho visto il numero sul display ho pensato al peggio, ho risposto, ha iniziato a dirmi che avevi fatto una cazzata e che mi sarei arrabbiato da morire"
"Cos'ho combinato?" Mi spaventai.
"Eri semplicemente sotto il mio hotel che mi stavi aspettando"
"Io sono venuta fino a Milano senza dirti nulla?"
"Esattamente"
"Che cosa carina"
"Mi hai detto una frase quella sera che mai scorderò"
"Cioè?"
"Se vuoi una persona te la vai a prendere no?"
"Penso che nonostante non me lo ricordi, sia stata la cosa più bella che abbia mai fatto"
"E io sono onorato di essere stata la persona per la quale l'hai fatta"
Avevamo finito di mangiare da ormai diversi minuti ma ci eravamo persi in chiacchere.
"Che dici? Torniamo a Roma?" Mi alzai dalla sedia.
"E Roma sia" Mi seguì.
Mi addormentai in macchina svegliandomi a matà strada.
"Ti pagherei per farmi da accompagnatrice di tutti i viaggi visto quanto sei di compagnia" Ironizò.
"Non è colpa mia"
"Ah no? Mi sono addormentato io o te?"
"Daii" Mi girai con la testa verso il finestrino.
"Fai la bambina offesa ora?"
"Sì" Sbuffai e mi portai le mani al petto esattamente come fanno i bambini quando sono arrabbiati.
"Dai finiscila" Mi poggió una mano sulla gamba sinistra, scattai all'impatto  della sua mano gelida sulla mia pelle calda, se ne accorse e cercò di spostarla ma glielo impedii.
"Adoro quando lo fai"
"Perchè?"
"Non lo so, mi da un senso di protezione, so che non ha senso, ma boh, mi piace troppo"
Fece leggermente pressione con la mano in risposta.
"Torneresti mai indietro per cambiare qualcosa?"
"Perchè mi fai queste domande stupide così all'improvviso?"
"Perchè non penso tu voglia passare tutto il viaggio in silenzio"
"Sì, tu?"
"Sì, cosa?"
"Un po' tutto, io amo il mio lavoro ma essendo una persona molto nostalgica, mi mancano i momenti in cui ero uno sconosciuto in poche parole, stare con gli amici, poter andare fuori a mangiare senza la paura di poter essere interrotto da qualcuno per una foto, poter andare in giro tranquillamente senza dovermi nascondere, però, non mi sono pentito di tutto quello che ho fatto e di ciò che sto tutt'ora facendo, tu?"
"A volte penso che le cose sarebbero state più facili se io e te non ci fossimo mai conosciuti o non mi fossi ricordata di te"
"Perchè?"
"Io odio affezionarmi alle persone, già te l'ho detto, no? Quello che provo nei tuoi confronti mi fa quasi paura"
"In che senso?"
"È qualcosa di ispiegabile, la sensazione che provo nello starti vicino, nel toccarti, nel baciarti o semplicemente nel parlarti, è come se per qualche secondo tutto di spegnesse, come se fossi catapultata in un'altra realtà, non l'avevo mai provato prima"
"Chantal..."
"No, ti prego, non mi rispondere" Non volevo ricevere risposta, non volevo sapere cosa ne pensasse, forse per  paura anche di questo, preferivo lasciare le cose così come stavano.
"Siamo arrivati comunque"  Mi fece notare, ero talmente presa dai miei pensieri che non mi ero resa conto di essere rientrata a Roma.
"Bene, dobbiamo salutarci immagino"
"A che ora devi partire?"
"Domani mattina presto perchè?"
"Stai qui per questa notte?"
"Preferirei che fossi tu a venire da me, dovrei farti vedere una cosa"

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