Capitolo 20 "Tu... ricordi?"

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Pensavo che la vita fosse tutta un avventura, che bisognasse pensare solo al proprio piacere e costruire la strada del futuro con le proprie mani e con ogni mezzo necessario.

Un mezzo che potrebbe aiutarci a raggiungere la cima di qualcosa più grande di noi. Di afferrare una chiave dai ricami d'oro che possa aprirci tutte le porte per il successo e una vita felice. Questo è ciò che pensavo fino a qualche tempo fa. Mi guardo attorno ed entro in un'aula vuota, sulla lavagna vi sono ancora delle scritte. Mi siedo nel banco in fondo con i piedi che penzolano e le mani che stringono il bordo in legno mentre penso a quanto sono stata cattiva ed egoista con la maggior parte delle persone presenti in questo istituto, persino con i miei amici.

Se guardavo le persone negli occhi riuscivo a leggere la promessa di lealtà, un gradino in più per raggiungere la chiave del successo. Ma cosa ho ottenuto?

Questo.

«Che stupida..» sussurro passandomi una mano tra i capelli. Chiudo gli occhi nello stesso istante in cui vengo assalita da una forte sensazione di umiliazione. Vorrei diventare invisibile in modo da poter vedere cosa si sta scatenando fuori da quest'aula.

Jordan a cosa starà pensando adesso? Immagino già che mi starà cercando, ma non sa che non mi troverà, non voglio mostrargli lo stato pietoso in cui sono adesso. Il modo in cui faccio fatica a trattenere le lacrime mentre guardo un punto indefinito. Gli mostrerei soltanto la parte più vulnerabile di me, di come mi riducono i ricordi. Mi prendo dei minuti per asciugare le lacrime e regolare il battito cardiaco facendo dei respiri profondi.

E poi uno strano odore mi invade le narici.
Sollevo sguardo dal pavimento e lo poso sulla figura minita della ragazza davanti a me, i vestiti cosparsi di una sostanza liquida che gocciolano sul pavimento sporcando tutto ciò che la circonda.

«È tutto okay? Mi dispiace per ciò che è accaduto prima in corridoio.» Deglutisce con il viso pallido tirato su dagli zigomi. Inarco un sopracciglio guardandola con attenzione.

«Tutto okay. Non dovresti essere tu quella ad essere dispiaciuta.» Le faccio notare. La voce mi trema eppure mi sforzo per creare un sorriso che possa sembrare sincero.

«Non hai fatto nulla» continuo.

Lei annuisce velocemente. Gli occhi velati di lacrime. «Esatto, non ho fatto nulla. Sono stata stupida a lasciare che lei, loro, ti umiliassero.»

«Non riesco a capire..» sussurro con la bocca arida. Lara si siede sul banco accanto al mio, non sulla sedia come mi aspettavo. Guarda davanti a se e dopo aver asciugato le guance una risata timida fuoriesce dalle labbra sottili.

«È tutto così surreale.» Riflette ad alta voce. «Qualcuno che non sei tu mi ha appena versato due milkshake sui vestiti. E tu stai parlando civilmente con me, mentre vivi per la prima volta una scena che io ho già vissuto mille volte.» Non riesco a decifrare il suo sguardo, vorrei sapere a cosa sta pensando, a quanto sia ridicola la situazione.

«Aspetta. Tu ricordi?» Le domando improvvisamente, Lara si volta nella mia direzione e fa un sorriso a trentadue denti.

Il cuore rischia di scoppiarmi nel petto mentre vivo emozioni contrastanti; ero sicura che ogni frammento del ricordo di Lara in mia compagnia fosse svanito dal nulla, ogni torto, ogni lacrima scesa sulle sue guance rosa. Invece ricorda. Apro bocca pronta a tempestarla di domande desiderosa di sentire il peso che mi porto dietro da mesi alleggerirsi. Ma lei mi precede ponendomi una domanda inaspettata.

«Com'è stato?» Mi chiede timidamente..

«Com'è stato essere presa di mira per la prima volta? Che sensazioni hai sentito?»

Sbatto le palpebre. «Umiliante e a tratti gratificante... credo.» Rispondo, lei continua con le domande imperterrita.

«Perchè gratificante?»

«Perchè me lo meritavo, dopo tutto quello che ti ho fatto..» cerco di tornare alla conversazione di prima.

Lara ride e poi mi da una risposta che smette di farmi respirare: «Eri parecchio stronza, mi hai fatto passare le pene dell'inferno e qualche visita dallo psicologo. Ma è tutto okay, ti ringrazio..»

«Pensavo che te ne fossi dimenticata. Tu mi hai trattata come un'estranea ricordi? E per cosa dovresti ringraziarmi?» Domando tutto d'un fiato, Lara scende dal banco e si passa una mano tra i capelli.

«Noi abbiamo dato una speranza a te, e tu ne hai data una ad ogni essere vivente di questa città.» Spiega lentamente mentre va in direzione della porta di legno. No, non deve andare, non ora. Mi affretto a raggiungerla, la chiamo per nome ma tutto ciò che ottengo è una porta che si chiude e un'ultima frase che galleggia nell'aria.

«Ogni cattivo comportamento corrisponde ad una punizione. La tua ha dato un nuovo inizio a tutti, presto finirà tutto. Lotta, Freya Roberts.»

Sbuffo pesantemente mentre mi passo una mano tra i capelli. Pensa. Chiudo gli occhi ma ciò che ottengo è solo il nulla.

Vengo inghiottita tra la folla, spintoni, sudore e tanta puzza.

Mi tappo il naso mentre continuo a fissare la porta dello spogliatoio maschile con insistenza, come se volessi sfondarla e tirare fuori Jordan dai capelli. Ventinove minuti che lo aspetto. I corridoi iniziano a svuotarsi, i passi rimbombano per tutto l'istituto così come le voci degli studenti che si urlano l'un l'altro cercando di sentirsi, ma ciò non fa altro che peggiorare la situazione.

Dietro quella folla riesco ad intravedere una coppia che litiga, lei sembra infastidita e lui divertito.

«Non devi farlo così!» Lo rimprovera mentre sta aggiustando dei fogli.

«Non devi farlo così!» La scimmiotta lui.

«Dio questa graffeta.» Si innervosisce.

«Per favore puoi togliere i tuoi capelli dal mio viso?»

«Certo. Sai qual'e stata la mia prima impressione su di te?» Dice lei con tono dolce.

«Che sono stupendo.» Risponde lui con un sorriso soddisfatto.

«Sei bellissimo, ma ti manca qualcosa.» Rispose invece lei poggiando una mano sul suo petto allungando la distanza. «Il cervello.»

«Non a caso ti parlo.» Si difese prontamente il suo ragazzo seppure il suo tono irradiava fastidio. «Scusa? Non sono io quella che si mette la graffetta per orecchino.» E continuarono a litigare alzando leggermente il tono di voce. Proprio mentre il suo ragazzo si avvicinava alla porta per chiuderla, quella alle mie spalle si apriva.

Mi volto di scatto e non appena vedo un Jordan con i capelli bagnati trattengo il respiro, le gocce cadono sul pavimento ma a lui non sembra importare, si guarda attorno prima di incrociare il mio sguardo. Viene verso di me e in un baleno le sue labbra sono sulle mie in un bacio disperato, mette le mani sui miei fianchi. Il mio respiro è incastrato da qualche parte nei miei polmoni, il mio cuore batte in modo spaventosamente velocemente per le emozioni che Jordan mi fa provare.

Quando si allontana da me leggo nei suoi occhi verdi certa urgenza.

«Devo parlarti.»

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