Capitolo Otto "Pacchiana e bifolca"

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Non avevo ancora imparato a gestire i brividi, era facile solo per i primi secondi quando ancora la folla non mi stringeva fino ad impedirmi di respirare liberamente. Per questo tenni lo sguardo puntato sul pavimento pregando che anche questa giornata terminasse velocemente. Sento i denti sbattere tra loro portandomi a guardarmi istintivamente attorno.

Qualcuno mi aveva notato?

No, è solo la mia immaginazione. Tutti i miei coetanei sono ancora troppo impegnati e assonnati per fare caso alla mia presenza. Allungo il passo felice di annullare secondo dopo secondo i centimetri che mi separavano dalla mia classe. Dovevo solo stringere i pugni e respirare lentamente, mantere l'apparenza di una ragazza tranquilla è fondamentale per non suscitare la loro curiosità e attirare sguardi indesiderati su di me.

Quando raggiunslgo la classe di anatomia tirai un sospiro di sollievo sentendo i muscoli tesi rilassarsi all'improvviso.

Era vuota. Mi siedo all'ultimo banco e tiro fuori il mio cellulare decidendo di ingannare il tempo.

E se qualcuno entrasse?

Mi irrigidisco spostando lentamente lo sguardo all'entrata e quando la trovai vuota mi diedi mentalmente dell'idiota. Mancano solo cinque minuti al suono della campanella, in questo tempo dovrei riuscire a-

«Grazie per aver ascoltato la mia richiesta, sono davvero felice di-» Mrs. Grannit si blocca non appena incontra i miei occhi.

Serro la mascella. Lei sorride. «Ragazzi, abbiamo una nuova alunna a quanto pare. Credevo che non avrebbero fatto entrare più nessuno, ma a quanto pare ho sentito male.»

Dietro di lei quindici, o venti, studenti si fanno spazio dentro la classe spintonandosi a vicenda in preda alla curiosità. Mi agito sul posto protagonista di tutti quegli occhi puntati ovunque sul mio corpo, sguardi clinici e giudizi silenziosi che graffiano l'aria tesa. Sotto richiesta della professoressa entrano e si siedono ai loro rispettivi posti. Intravedo Clinton Milligan, un ragazzo che era spesso vittima degli scherzi miei e di Jake, e istintivamente cerco di coprirmi il viso con una ciocca di capelli nella speranza che non mi avrebbe notata.

Ma la professoressa mi chiama ad alta voce chiedendomi di alzarmi e presentarmi come si deve.

Mancano due minuti, perchè sono tutti quì?

Mi alzo sotto lo sguardo dei miei compagni e ciò che provo è rabbia. Vorrei solo prenderli a calci, il loro sorriso tirato e di scherno non fa altro che infastidirmi. Lancio un'occhiataccia a una ragazza del primo banco, Stacey, e lei solleva entrambe le sopracciglia prima di sporgersi con un sorriso divertito verso la sua compagna e sussurrare qualcosa all'orecchio.

Parlo, dico il mio nome, ma tutti sembrano troppo impegnati a scambiarsi occhiate che non riesco a decifrare.

«Bene signorina, ricominci dall'inizio.» Mi esorta Mrs. Grannit.

«Mi chiamo Freya Roberts.»

«È un nome carino.» Mi fa notare con un debole sorriso, inclino la testa e faccio il sorriso più falso di cui sono capace. Hai sempre odiato me, il mio nome e la mia famiglia. Immagino che continuerai ad odiarmi lo stesso anche in questa situazione, giusto?

«Ho diciannove anni e-»

«Da dove vieni?» Mi domanda sbattendo lentamente le ciglia marcate facendo ridacchiare l'intera classe. Vedo che sei in vena di divertimento, vero Mrs. Grannit?

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